Francesco Cecchini

Gabriel Garcia Marquez ai tempi di Cento anni di solitudine.
Incipit del romanzo: “Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito.”
50 anni fa, il 30 maggio 1967, la casa editrice Sudamericana di Buenos Aires concluse la stampa della prima edizione di Cent’anni di solitudine, il romanzo di Gabriel Garcia Marquez (1927-2014), che avrebbe cambiato la storia della letteratura del secolo XX e avrebbe portato lo scrittore colombiano fino al riconoscimento del Premio Nobel, nel 1982. Le prime copie arrivarono in libreria il 5 giugno. L’onda d’urto del realismo magico fu tale che Cent’anni di solitudine diventò il simbolo del boom letterario latinoamericano. Lo scrittore lo scrisse nei diciotto mesi precedenti la pubblicazione, nella sua casa di Città del Messico. Il romanzo è però il risultato di una riflessione che Márquez iniziò da molto giovane da sulla possibilità di raccontare una saga familiare sullo sfondo storico della Colombia, la guerra tra liberali e conservatori, l’arrivo delle bananeras dagli Stati Uniti. Cent’anni di solitudine racconta la storia di un villaggio immaginario, Macondo, e dei suoi fondatori, i Buendia, la cui vicenda dura più di cento anni ed è caratterizzata da molti episodi fantastici, divertenti, ma anche violenti.
Molte sono in tutte il mondo le manifestazioni e iniziative per festeggiare il cinquantesimo compleanno anni del romanzo. In Messico la casa editrice Planeta pubblicherà una edizione illustrata dall’artista cilena Luisa Rivera. Il 27 maggio scorso la Orchestra Sinfonica del Messico (OSEM) a l’Avana ha interpretato una versione orchestrata della canzone “100 años de Macondo” del compositore peruviaano Daniel Camino Díaz.

E molto altro ancora.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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