La dichiarazione oggettivamente trascende la logica: “I valori del M5S sono quelli di Berlinguer, della DC e di Almirante”. Pure mettendoci tutta la buona volontà di questo mondo, e anche tutta la fantasia, risulta veramente difficile trovare dei valori che accomunino Almirante e Berlinguer. Nemmeno la legge fondamentale dello stato li univa, ponendosi il MSI fuori da quello che veniva a suo tempo chiamato l’arco costituzionale
Se ne potrebbe dedurre che se si fosse trovato a vivere nel 1924, Di Maio avrebbe condiviso i valori di Mussolini e quelli di Matteotti, mentre nel 1943 si sarebbe posizionato in collina per poter meglio condividere i valori dei partigiani che stavano nelle montagne e quelli dei repubblichini in pianura.
Archiviato dunque il “ma anche” di Veltroni, che al confronto suona come una netta scelta di campo, Di Maio si lascia alle spalle anche il famoso discorso del principe di Francalanza ne I Viceré di De Roberto: “Viva il re! Viva la rivoluzione! Viva Sua Santità! Viva l’ Italia! Viva la libertà! Evviva il popolo! Viva la democrazia!”
Ma sarebbe errato collocare la sua uscita nel filone latinoamericano o dei duelli con la grammatica (questi sì che accomunano buona parte della classe politica italiana, specchio del paese col più elevato indice di analfabetismo funzionale). Questa volta si tratta di uno di quei dettagli che si rivelano illuminanti. Per quanto grottesca essa sia, Di Maio dice la verità. Il M5S condivide effettivamente i valori della DC, di Berlinguer e di Almirante. Nel senso che è tutto e il contrario di tutto, tutto e niente, è il partito dell’uomo qualunque e di chiunque, tutti uniti dal denominatore comune di spararle in continuazione a destra e a manca.
“Perché siamo post-ideologici”, dice Di Maio, senza forse sapere che tali orientamenti esistevano anche al tempo delle ideologie. Si chiamavano armata brancaleone. Solo che oggi sono il primo partito del paese.
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