La sera del 1 aprile un bandito è entrato nel bar della Riccardina, una piccola frazione di Budrio, a una trentina di chilometri da Bologna, e ha ucciso a sangue freddo il barista Davide Fabbri. E’ cominciata così la storia di Igor il russo, che per la verità si chiama Norbert ed è serbo, ma che ormai tutti conoscono così. Qualche giorno dopo, l’8 aprile, il bandito in fuga ha ucciso la guardia ecologica Valerio Verri, una delle tante persone impegnate nella ricerca di Igor in quel tratto di terra tra le province di Bologna e di Ferrara, intorno alle sponde limacciose del fiume Reno, zona in cui da sempre è facile nascondersi. Da allora quei paesi sono presidiati dalle forze dell’ordine, senza alcun risultato. Igor il russo è quasi certamente lontano, anche se nessuna autorità ha il coraggio di dire apertamente quello che tutti pensano e soprattutto vuole prendersi la responsabilità di interrompere del tutto le ricerche.
Naturalmente in queste settimane è cresciuta tra le persone che vivono in quella zona la paura e accanto a essa lo sconforto. Anzi più diminuisce la paura più cresce la rabbia contro chi si sarebbe lasciato sfuggire Igor. Altrettanto naturalmente sono entrati in azione i mestatori professionali, sia tra i giornalisti che tra i politici, per mantenere viva la paura, perché la paura fa audience e porta voti. Tra l’altro Budrio era l’unico comune della provincia di Bologna dove si votava per le amministrative e, al di là delle attese della vigilia, la storia di Igor ha influito poco: il pd, che governava quel comune, ha perso perché aveva amministrato male e perché questa era l’aria che tirava in tutto il paese e poi c’era un’alternativa credibile e radicata sul territorio. Non hanno vinto i mestatori professionali e questo va a merito dei cittadini di Budrio.
E’ notizia di questi giorni che la famiglia del barista della Riccardina ha deciso di costituire un’associazione il cui scopo è quello di raccogliere fondi per offrire una ricompensa a chi darà informazioni utili per catturare Igor: i giornali hanno immediatamente annunciato che su Igor pende una taglia. Al di là delle reali intenzioni della famiglia e di chi in questi giorni ha già dato il proprio contributo a questa causa, è passata l’idea che, di fronte all’inefficienza delle istituzioni, l’unica soluzione possibile è quella di affidarsi a una sorta di giustizia self service. Certo le istituzioni sono state inefficienti, ma nessuno sembra pensare che la soluzione più semplice sia quella di cambiarle.
Igor il russo poteva essere catturato? Forse no, forse sarebbe riuscito a scappare comunque, ma probabilmente sarebbe stato più efficace utilizzare i carabinieri del posto, quelli che una volta conoscevano molto bene il loro territorio, piuttosto che squadre iperspecializzate delle forze dell’ordine che però non conoscono la zona dove sono chiamati a intervenire. Per fare questo però bisognerebbe investire sulle caserme, sui presidi sul territorio, su una presenza capillare, cose che costano di più di uno spettrometro di massa o di quei macchinari che abbiamo imparato a conoscere grazie a C.S.I.. Forze dell’ordine che sul territorio devono fare i conti su quanta benzina utilizzare sono meno efficienti, riescono con sempre più difficoltà a capire il territorio in cui si trovano, specialmente quando è così particolare come la zona di cui stiamo parlando.
Io un po’ conosco quella zona, sono nato e cresciuto lì vicino. Sono terre difficili – non è un caso che uno dei paesi in cui hanno cercato Igor si chiami Marmorta – ma non sono luoghi selvaggi, sono terre difficili, ma da sempre plasmate dall’uomo, perché ad esempio i contadini hanno cercato di governare le acque: l’aspetto apparentemente naturale è spesso dato da un secolare intervento degli uomini. Però servono tecnici che conoscano la storia di quei territori, ne abbiano studiato le caratteristiche, ora per lo più i comuni sono stati svuotati di competenze e molte di queste conoscenze sono state disperse. Sapere esattamente quanti edifici vuoti ci sono avrebbe reso meno impervia la ricerca. Forse non sarebbe bastato, ma Igor è scappato anche perché in quella zona è stata fatta naufragare la rete dei zuccherifici, che creavano lavoro e facevano sì che quelle terre fossero vissute, perché c’era una fonte di reddito importante. E, al di là di quello che è successo per colpa di Igor, questa smobilitazione di risorse e di competenze è anche la causa del fatto che quel territorio è diventato così fragile, che le alluvioni fanno sempre maggiori danni, che è diminuita la manutenzione degli argini, che una terra che offriva opportunità, seppur in cambio di un lavoro durissimo da parte dell’uomo, è per lo più una fonte di pericolo.
Ma forse è più semplice istituire una taglia, mettere dei cartelli agli incroci con la scritta wanted e sperare che qualche complice di Igor lo tradisca. Oppure augurarsi che, a causa della crisi, qualcuno decida di inventarsi il mestiere di cacciatore di taglie e faccia il lavoro che lo stato avrebbe dovuto fare. Non è il paese in cui spero vivranno i vostri figli.

 

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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