Francesco Cecchini.

Da oltre un mese Cina e India si fronteggiano militarmente sull’Himalaya. All’origine vi è la costruzione di una strada da parte dei cinesi nell’area di Daklam, rivendicata da Pechino e dal Bhutan, un piccolo regno himalayano alleato di New Delhi. Nel Daklam si incrociano le frontiere di Cina, India e Buthan. A metà giugno l’Esercito cinese (Elp) ha iniziato la costruzione di una strada nell’area contesa del Daklam. Il Bhutan da sempre vuole sfruttare la sua posizione geostrategica fra Cina e India, ma lo storico antagonismo di questi due paesi è ora pericolosamente acuito dalla Belt and Road Initiative (Bri, ovvero Nuove Vie della Seta), lanciata da Pechino per la sua espansione economica e politica. Il Bhutan considera l’azione una violazione di accordi fra i due stati, che peraltro non intrattengono reciproche relazioni diplomatiche. Il Buthan ha chiesto l’aiuto di New Delhi, che ha inviato truppe per impedire i lavori, sostenendo che essi hanno serie conseguenze sulla propria sicurezza nazionale.

Il problema del confine, come nel lontano1962, ha implicazioni più vaste che una controversa linea di demarcazione. In Cina molti giornali parlano della possibilità di uno scontro di confine. Alcuni articoli dicono che questo scontro può avvenire entro un paio di settimane. I cinesi sembrano determinati a scacciare gli indiani dalla zona. Vi è però il fondato sospetto che, ora, dopo decenni, i cinesi siano molto preoccupati per una questione di confine che esiste da decenni. Sicuramente l’atteggiamento aggressivo è giustificato da motivi geopolitici più profondi.

Va ricordato la guerra del 1962, che più che una controversia di confine fu uno scontro politico e ideologico. La Cina voleva avere maggiore influenza nell’area, ma fallì e riuscì a cambiare completamente la neutralità dell’India che stava nel blocco dei paesi non allineati, spingendola nelle braccia degli USA.

Ora il problema è riemerso, in un nuovo contesto d’area con conseguenze globali. Mentre negli anni 60 l’urto era politico-ideologico ora ha una base economica. La strada in Daklam fa parte del CPEC.

Con il CPEC (China–Pakistan Economic Corridor) per la prima volta la Cina ha accesso diretto all’Oceano Indiano e al Golfo Persico.

La Cina ha completato le principali parti del corridoio che comporta un investimento complessivo di oltre 62 miliardi di dollari. Il CPEC è stato incluso nell’ambito del decimo piano di sviluppo di cinque anni della Cina. I progetti CPEC forniranno una via alternativa per le forniture di energia, nonché un nuovo percorso commerciale. Il Pakistan ne guadagna in termini di aggiornamento delle infrastrutture e di notevole miglioramento dell’approvvigionamento energetico.  L’India non partecipa a questa iniziativa economica e non ha aderito al gruppo. E’ deliberatamente diventata un agente degli Usa di opposizione al CPEC. Gli Stati Uniti si sentono economicamente minacciati dall’accesso della China alla regione del Golfo. In definitiva, la contraddizione non è tra India e Cina, ma tra Stati Uniti e Cina.

Conclusioni temporanee. Né la Cina né l’India dovrebbero trascurare la situazione attuale o sottovalutare un confronto militare in questa fase con temperatura alta.  Comunque le possibilità di conflitto sono possibili, ma poco probabili.  Non vi sono indicazioni certe che una guerra inizierà a breve. La Cina dovrà valutare tutti i pro e i contro della scelta di un confronto armato. E’ probabile e auspicabile che India e Cina trovino un accordo diplomatico, come è accaduto alla fine della guerra di confine sino-indiana del 1962.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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