di Steve Ellner

Politiche innovative, inclusione sociale e debolezza istituzionale

L’elezione di Hugo Chávez a presidente del Venezuela nel 1998 da esterno alla politica con il 56 per cento dei voti attesta in larga misura la sua presa tra gli esclusi dalla vita politica, economica e culturale della nazione. La maggior parte di questi venezuelani “emarginati” lavora nell’economia informale, mentre altri appartengono alla manodopera rurale. Il loro importante ruolo politico è significativo perché ha contribuito a plasmare i programmi sociali attuati dal governo Chávez, in particolare i loro aspetti innovativi e sperimentali.

I gruppi emarginati dovunque si astengono tradizionalmente dal voto [1]. La maggior parte di coloro che lavorano fuori dall’economia formale è priva dell’esperienza organizzativa, della fiducia in sé stessa e della disciplina delle classi medie e lavoratrici. Queste ultime, ad esempio, sono iscritte a sindacati e così presenziano regolarmente a riunioni e partecipano a scioperi, attività che richiedono disciplina e competenze organizzative. In Venezuela convincere membri dei gruppi emarginati a recarsi alle urne, promuovere la loro partecipazione ad altre arene e mantenere il solo sostegno attivo nel tempo hanno rappresentato le principali sfide del governo chavista, assieme al superamento dello scetticismo e dell’apatia. La risposta è consistita nell’attuare flessibilmente programmi sociali ed evitare regole ferree [2].

Definendo il sistema politico della nazione una “democrazia partecipativa” nella costituzione del 1999 le politiche sociali del governo Chavez hanno promosso una vasta partecipazione, inclusione ed emancipazione. Tutte e tre hanno avvantaggiato i segmenti popolari o non elitari della popolazione, ma erano particolarmente mirate ad aiutare i settori emarginati. La partecipazione era quella meno a base di classe mentre l’inclusione e l’emancipazione significavano di più per gli emarginati che per i gruppi già inseriti ed emancipati.

Eduardo Silva e Federico Rossi, in Reshaping the Political Arena in Latin America, confrontano le strategie d’inclusione dei governi dell’”onda rosa” del ventunesimo secolo con quelli delle democrazie latinoamericane di nuova creazione della prima metà del ventesimo secolo. Mentre queste ultime includevano la classe lavoratrice nella vita politica e culturale della nazione, le prime hanno tentato di includere settori emarginati ed esclusi [3].

Una valutazione dei tentativi dei governi chavisti di realizzare l’inclusione produce risultati contrastanti. Su queste linee è utile esaminare le critiche valide formulate sia da membri dell’opposizione sia da alcuni sostenitori del governo poiché né l’esagerazione dei successi né la generale condanna espressa dai partiti d’opposizione in Venezuela ci dicono che cosa è successo e perché. Solo un esame imparziale può fornire una lezione che potrebbe sia influenzare il progresso della politica sociale in Venezuela, sia gettare una luce su ciò che sta accadendo o potrebbe accadere in altri stati dell’onda rosa o oltre. In realtà l’inclusione degli esclusi e dei semi-esclusi assume un significato speciale nel mezzo della globalizzazione, che dovunque ha dato luogo a strutture alternative parzialmente o completamente esterne all’economia formale e opportunità di sussistenza che non sono riconosciute legalmente [4].

Il primato della flessibilità

La flessibilità è importante nella realizzazione di programmi sociali mirati a settori emarginati, e non solo nei paesi in via di sviluppo. Gli esclusi e semi-esclusi costituiscono anche un blocco importante della popolazione del mondo sviluppato. Negli Stati Uniti i lavoratori di minoranze razziali ed etniche sono solitamente gli “ultimi assunti e i primi licenziati”, così come i lavoratori immigrati. Alcuni di coloro che si sentono esclusi partecipano a proteste di massa quali il Movimento Occupy e il Movimento Black Lives Matter.

Il presidente Chavez tiene un discorso sui programmi Missioni nel 2009

In Venezuela molti dei numerosi programmi innovativi messi in pratica in quasi due decenni del governo chavista sono stati informati all’impegno del governo alla flessibilità. Ma in pratica i risultati sono decisamente contrastanti. Da un lato la politica della flessibilità ha in effetti incoraggiato la partecipazione. Dall’altro, in alcuni casi ha incoraggiato relazioni paternalistiche e clientelari che hanno portato allo spreco di risorse poiché i beneficiari di fondi pubblici hanno pochi incentivi a rispettare la loro parte dell’accordo, come nel caso dello stanziamento per creare micro-imprese. La politica della flessibilità ha anche spesso impedito l’istituzionalizzazione di programmi sociali, che erano in larga parte improvvisati e fuori dalle strutture esistenti del ramo esecutivo.

I seguenti programmi e iniziative governative in Venezuela sono stati particolarmente significativi per il blocco emarginato della popolazione grazie alla loro attuazione flessibile.

I consigli comunitari

La legge sui Consigli Comunitari, approvata nell’aprile del 2006, ha contribuito ha avviare la creazione di consigli comunitari in tutto il Venezuela. Rappresentanti del Ministero dello Sviluppo Sociale e della Partecipazione Popolare (che nel 2009 è divenuto il Ministero delle Comuni) ha inviato operatori sociali (“promotores”) nelle comunità per incoraggiarle a organizzare consigli comunitari. Questi promotori designati hanno detto ai membri delle comunità che circa 60.000 dollari (in bolivares) sarebbero stati stanziati a favore di ciascuna comunità per progetti infrastrutturali e sociali, ma le somme dovevano essere canalizzate attraverso i consigli comunitari. Questa tattica procedurale ha generato entusiasmo e impulso alla creazione di consigli comunitari che sono proliferati in tutta la nazione. Agli inizi del 2007 erano stati creati circa 20.000 consigli comunitari.

I consigli sono intesi come tutt’altro che gerarchici. I responsabili delle decisioni quotidiane del consiglio comunitario sono chiamati voceros (“portavoce”). Uguali nel rango, tutti adempiono i loro doveri senza compenso e fanno parte solo di una delle varie commissioni del consiglio comunitario, comprese la commissione elettorale, una “sovrintendenza sociale” che controlla la spesa, e una commissione di collocamento che recluta e persegue preferenze di assunzione per membri specializzati della comunità. Tutte le decisioni sono ratificate da un’”assemblea dei cittadini” che rappresenta la “massima istanza decisionale” del consiglio comunitario (Articolo 6 della legge del 2006) [5].

Procedure lente di finanziamento dei consigli comunitari sono mirate a prevenire lo spreco di fondi, un problema in molte delle cooperative operaie che il governo chavista aveva promosso prima del 2006 (vedere oltre). Lo stato in generale versa i fondi ai consigli in due o più rate e controlla i risultati in ciascuna fase, facendo fotografie intermedie lungo il processo. Oltre a fornire consulenza, i promotores impiegati dal governatorato o dall’ufficio Fundacomunal del ministero delle comuni ispeziona i lavori del progetto per confermare (usano criteri “sociali”) che avvantaggia il numero previsto di famiglie. Altri ministeri conducono ispezioni di natura tecnica. Il superamento di tali ispezioni qualifica il consiglio per finanziamenti aggiuntivi per completare il progetto o per cominciare a lavorare a uno nuovo. Fundacomunal e il Consejo Federal del Gobierno (che riceve una percentuale fissa del bilancio nazionale nota come il situado per finanziare progetti patrocinati dallo stato, dai comuni e dai consigli comunitari) tengono entrambi registri dei consigli comunitari che il governatorato e altri uffici statali possono controllare al fine di evitare di finanziare consigli di cattiva reputazione.

Questo sistema di verifiche e controlli funziona? La minaccia di sospensione del finanziamento pubblico ha un forte peso sui voceros e sugli altri membri della comunità che hanno dedicato considerevole tempo ed energie alla creazione del consiglio. Queste procedure, tuttavia, non si sono dimostrate del tutto efficaci, in parte perché non ci sono stati sforzi di procedere giudiziariamente contro i colpevoli di pratiche non etiche [6].

La Legge Organica sui Consigli Comunitari del 2009, che ha sostituito la legge del 2006, ha ristrutturato i consigli per rafforzare le decisioni collettive. All’inizio del programma i dirigenti eletti nei consigli comunitari erano chiamati voceros a causa dell’assenza di ruoli di massima dirigenza (diversamente dalle cooperative, ciascuna delle quali era diretta da un presidente). Ma prima della legge del 2009 un vocero era spesso considerato “presidente” del consiglio comunitario in virtù del suo controllo dell’organismo finanziario del consiglio, la Banca Comunitaria.

Un problema era che la Banca Comunitaria, per legge una cooperativa, era relativamente autonoma. Per tale motivo la legge del 2009 ha eliminato la Banca Comunitaria e ha canalizzato i fondi ai consigli attraverso banche normali. Come misura extra di tutela ora un gruppo di tre voceros di consigli comunitari diversi deve firmare le domande dei progetti comunitari per spese dettagliate, sia per materiale sia per lavoro. La richiesta, assieme alla documentazione prescritta, è poi presentata all’organo statale che finanzia il progetto, il quale a sua volta istruisce la Banca del Bicentenario (creata dal governo nel 2009 per favorire i venezuelani cui tradizionalmente era negato il credito) perché emetta l’assegno. Leandro Rodriguez, un consulente del Comitato dell’Assemblea Nazionale per la Partecipazione dei Cittadini, ha definito la nuovo procedura “molto lunga e a volte complicata, ma necessaria al cento per cento”. La legge del 2009 (all’articolo 57) ha anche aperto la via alla partecipazione del Controllo Nazionale al fine di garantire trasparenza [7].

Nel nome della massimizzazione della partecipazione, la legge del 2006 ha stabilito confini geografici relativamente piccoli per i consigli comunitari. Ciascuno rappresenta solo da 200 a 400 famiglie. Il concetto di “più piccolo è meglio” in realtà ha radici profonde: negli anni ’80 e ’90 la Commissione Presidenziale per la Riforma dello Stato (COPRE) ha agevolato la divisione di dozzine di municipalità al fine di promuovere il decentramento [8 -9].

La strategia del governo per lo stanziamento delle risorse e la distribuzione delle merci attraverso i consigli comunitari incoraggia la partecipazione. Un’indicazione è la partecipazione relativamente elevata nel corso degli anni alle “assemblee dei cittadini” dei consigli comunitari, che sono aperte a tutti i residenti nella comunità. Queste riunioni scelgono la priorità dei progetti di opere pubbliche per i quali il consiglio poi sollecita il finanziamento pubblico. Le assemblee scelgono anche i beneficiari di diversi programmi abitativi sulla base delle necessità personali. Infine le assemblee sono il luogo in cui i membri della comunità apprendono dettagli quali le date di consegna e il costo di articoli alimentari venduti a prezzi ridotti tramite i programmi del Ministerio de Alimentacion per mitigare le penurie di cibo.

Molti dipendenti pubblici statali in Venezuela ritengono, come riteneva il presidente Chávez, che stanziare fondi direttamente ai consigli comunitari perché realizzino progetti di opere pubbliche sia meglio che contrattare con imprese di costruzioni. Secondo questa linea di pensiero il consiglio comunitario può controllare i progetti per garantirne l’elevata qualità più efficacemente quando controlla le risorse e prende decisioni importanti. A quel punto il personale degli organi statali di finanziamento aggiunge che gruppi del crimine organizzato che si atteggiano a sindacati spesso intimidiscono le imprese di costruzioni ad assumere loro membri che finiscono per ricevere salari senza dover lavorare, un problema che non si presenta in opere pubbliche gestite e con personale dei residenti nella comunità.

Più in generale i consigli insistono che tutti i posti di lavoro, salvo quelli più specializzati, siano ricoperti da residenti nella comunità, che i progetti di opere pubbliche nel quartiere siano realizzati da imprese di costruzioni, da consigli comunitari o dallo stato. Come segnalano i voceros numerosi lavoratori specializzati disoccupati o semioccupati, quali idraulici, elettricisti e muratori, risiedono anche nei barrios più poveri [10]. Allo stesso modo i consigli insistono che lo stato fornisca loro i piani di costruzione delle opere pubbliche nelle loro comunità in modo che possano controllare i progetti, un’attività chiamata “controllo sociale” (contraloria social).

Periodicamente i governi chavisti hanno tentato di rivitalizzare i programmi sociali e di superare la letargia fornendo nuovi sussidi e introducendo innovazioni sotto lo slogan reimpulso (“nuova spinta in avanti”). Ristrutturare i consigli comunitari e diversificare le loro funzioni serviva a questi fini.

Un esempio di “reimpulso” ha contrassegnato il terzo mandato in carica del presidente Chávez. A partire dal 2006 Chávez ha promosso la creazione di “imprese di produzione sociale” (empresas de produccion social – EPS) sotto la giurisdizione dei consigli comunitari. EPS sono state create nell’edilizia, nella distribuzione del gas, nei trasporti pubblici e nella fabbricazione di blocchi di cemento, tra altri settori. Nel corso dello stesso periodo il governo federale ha incoraggiato gruppi di consigli a creare “comuni”, espressamente per realizzare progetti di larga scala. La Legge delle Comuni del 2010 ha agevolato tale processo attraverso i “Piani di Sviluppo Comunitario”, dove gli organi pianificatori dello stato e le EPS si interfacciano con le comuni al fine di consentir loro di diventare finanziariamente autosufficienti [11].

Con il lancio della “Grande missione abitativa” nel 2011 il mandato dei consigli comunitari è stato ampliato. Come prima, sceglievano alcuni dei beneficiari delle nuove case e dei materiali per la ristrutturazione dando priorità agli anziani, alle donne singole incinta, alle vittime di disastri e ai disabili. Quando il governo Maduro ha cominciato a enfatizzare l’obiettivo della “sovranità alimentare” nel 2015 i consigli comunitari hanno assunto ruoli nuovi. Non solo il governo ha dato priorità ai consigli comunitari con EPS a base agricola, ma i consigli di tutto il paese hanno partecipato al programma sponsorizzato dal governo della distribuzione del cibo a domicilio.

Mediante la politica e la legge l’amministrazione Maduro ha dato ai consigli un ruolo nel far rispettare la disciplina dei prezzi dei beni di prima necessità. I voceros dei consigli comunitari hanno cominciato ad affiancarsi all’agenzia della protezione dei consumatori (la Sovrintendenza dei Prezzi Giusti, o SUNDDE, che nel 2014 ha sostituito l’INDEPABIS) nell’ispezionare stabilimenti commerciali per controllare i prezzi e per chiudere per 24 o 48 ore i negozi che praticano prezzi eccessivi.

In breve, i ruoli in continuo ampliamento dei consigli comunitari sostengono la loro immagine e generano entusiasmo tra i loro rappresentati. Nel processo i consigli hanno stabilito un rapporto operativo con diversi organi a livello di quartiere. Come ha scritto uno studioso: “L’innovazione forse più interessante dei consigli comunitari è che sono progettati per integrare la vasta varietà di comitati che si sono formati nelle comunità nel corso della presidenza Chávez”[12].

Cooperative operaie

Un altro programma promosso dal governo con obiettivi sociali durante gli anni di Chávez è stato il movimento delle cooperative operaie. Dopo che il movimento aveva ricevuto una massiccia iniezione di credito statale tra il 2004 e il 2006, l’attenzione e le priorità ufficiali si sono rivolte ai consigli comunitari. Il movimento delle cooperative ha arruolato un gran numero di poveri con scarsa esperienza dell’economia formale. Aderendo alle cooperative hanno appreso competenze amministrative e sono stati messi in contatto con nuovi atteggiamenti nei confronti della cooperazione e della solidarietà. Rompendo con la tradizione del lavoro salariato, anche l’esperienza della condivisione dei profitti ha inevitabilmente influenzato il pensiero dei membri delle cooperative. Il nuovo modo di pensare e di agire è stato rafforzato da leggi che prescrivevano alle cooperative di intraprendere lavori nelle comunità dove sono situate, quali servizi di manutenzione delle scuole e distribuzione di regali di Natale ai bambini. In un’ulteriore rottura con il passato, portavoce del governo hanno accreditato cooperative, quali quelle dei pescatori, di sfidare il controllo del mercato da parte delle imprese monopolistiche [13].

A partire dal 2005 Chávez ha visitato l’intero Venezuela per autorizzare formalmente prestiti a cooperative. Negli “Incontri con le amministrazioni regionali” trasmessi in televisione, i beneficiari di fondi hanno discusso i loro piani e risposto a domande poste dal presidente. Contemporaneamente il governo ha creato il programma “Vuelvan Caras” per offrire sessioni di addestramento da 6 e 24 mesi per costruire le competenze degli interessati a creare cooperative. Molti che hanno raccolto l’offerta erano diplomati dei programmi governativi di fortuna di istruzione superiore e universitaria noti come le Missioni Robinson e Sucre (vedere oltre).

Oltre all’addestramento, il governo offre contratti, prestiti ed esenzioni fiscali per incentivare la creazione di cooperative. Ad esempio, numerose grandi cooperative oggi svolgono lavori di manutenzione per il governo locale o per imprese statali come l’industria del petrolio. Detto questo, molte cooperative sono fondamentalmente imprese private che si mascherano da cooperative per trarre vantaggio da questi benefici [14].

Nonostante la disponibilità di queste opportunità, poche cooperative autentiche sono grandi abbastanza da gestire importanti contratti governativi. La maggior parte vanta poco più di cinque membri, il minimo stabilito dalla legge. Molte sono costituite da membri di una famiglia estesa, il che, a parte il resto, garantisce reciproca fiducia tra gli associati.

Una delle poche grandi imprese cooperative, e forse quella più pubblicizzata, è il complesso “Fabricio Ojeda”, situato a Caracas ovest su terreni ceduto dalla compagnia petrolifera statale PDVSA. Poco dopo la sua fondazione nel 2004 il complesso aveva 150 lavoratori (tutti donne salvo uno) nella fabbrica tessile “Venezuela Advances” e 75 in una fabbrica di scarpe. Le strutture sanitarie e d’istruzione del complesso servono i residenti delle comunità circostanti. Quanto a come questa impresa lavora all’interno un supervisore richiesto dell’elevato assenteismo delle lavoratrici di “Venezuela Advances” ha detto: “Se la lavoratrice ha un legittimo problema di salute allora prende un permesso e riceverà lo stesso salario di tutte le altre. Ma alla fine dell’anno il ‘surplus’ [utili] della nostra cooperativa sono divisi e distribuiti a ciascuna lavoratrice sulla base del numero di giorni lavorati”. Per un’idea al riguardo, nell’anno precedente il surplus ricevuto dalle lavoratrici a Dicembre è stato quasi uguale al loro salario annuo [15].

Per numerose ragioni, parecchie delle cooperative iniziali sono naufragate. Nel 2007 restavano circa 48.000 cooperative funzionanti delle 140.000 registrate l’anno precedente [16].  Mentre molte delle cooperative non sono mai decollate [17], in altri casi il presidente della cooperativa si è messo in tasca i prestiti statali o gli anticipi per contratti [18].

Per capovolgere la situazione, il Ministero dell’Economia Popolare ha perseguito un maggiore controllo sulle cooperative sopravvissute. Dal 2007 in poi alle cooperative è stato richiesto di ottenere ogni tre mesi l’approvazione di un Certificato di Adempimento delle Responsabilità emesso dal ministero. La preparazione della documentazione, che includeva un bilancio firmato da un contabile certificato, si è dimostrata richiedere molto tempo. Le cooperative dovevano anche dimostrare di aver adempiuto i loro obblighi finanziari nei confronti delle agenzie governative, tra cui il sistema della previdenza sociale, l’autorità degli alloggi e l’istituto nazionale per l’addestramento al lavoro INCE. Spesso le cooperative hanno chiesto a ciascun membro di occuparsi di uno o due dei documenti richiesti cosicché nessuno fosse troppo oberato.

Le nuove prescrizioni erano un tentativo benintenzionato di porre un argine agli abusi e alla mancanza di impegno che determinavano lo spreco di risorse pubbliche. Ma molti membri delle cooperative e attivisti sociali hanno criticato il governo di sbandare da un estremo all’altro, da un’eccessiva indulgenza e prescrizioni onerose [19].

I programmi Missione

Nel 2003 il governo ha creato il programma “Missione” in parte esterno a strutture ministeriali e giuridiche. Per primi sono arrivati i programmi nella sanità e nell’istruzione e poi, nel 2011, nell’edilizia abitativa. La missione Barrio Adentro, con personale in larga misura costituito da medici cubani, offre servizi medici gratuiti, tra cui assistenza odontoiatrica e farmaci, in parte da Cuba. Barrio Adentro ha avuto il suo avvio quando medici cubani sono arrivati in Venezuela dopo pesanti inondazioni nel dicembre del 1999 che avevano devastato in particolare lo stato costiero di Vargas. L’origine del programma in una crisi esemplifica la natura reattiva delle missioni più in generale e sottolinea anche la necessità di flessibilità. Dopo il diluvio circa 12.000 medici cubani, alcuni veterani dell’inondazione del 1999, hanno avviato la missione Barrio Adentro creando residenze e uffici di consulenza in tutti i quartieri poveri del Venezuela.

I programmi delle missioni d’istruzione spaziano dai corsi di alfabetizzazione (Missione Robinson) all’istruzione superiore (Missione Ribas, in larga misura finanziata dal PDVSA) e all’istruzione universitaria (Missione Sucre). Alcuni studenti di questi programmi ricevono un modesto stipendio corrispondente a una borsa di studio. Le missioni Robinson e Ribas utilizzano videocassette (prevalentemente prodotte a Cuba) e “facilitatori” al posto degli insegnanti. La missione Robinson II, iniziata più tardi, mette in grado diplomati di programmi di alfabetizzazione di iscriversi alle elementari.

Missione RIbas: “E’ necessario vincere!”

Come altre missioni, sono tutte orientate alle comunità. Quasi ogni semestre, ad esempio, gli studenti della “Missione Sucre” in scienze sociali frequentano corsi di “Progetti” in cui collaborano con consigli comunitari per ideare proposte che a volte sono sottoposti agli organi governativi di finanziamento.

Le missioni d’istruzione operano con bilanci all’osso. Nell’attuarle il governo privilegia la quantità sulla qualità e così le spese per studente sono schiacciate da quelle per il sistema d’istruzione formale. Usare videocassette e “facilitatori” al posto di insegnanti riduce i costi, ma anche la qualità. Inoltre le missioni Ribas e Sucre sono prive dell’infrastruttura organizzativa delle scuole pubbliche tradizionali. Salvo dove sono state create delle sedi, le missioni d’istruzione tengono i loro corsi di sera in scuole pubbliche e in basi militari, con un’assistenza amministrativa minima [20].

Considerati gli standard ridotti delle scuole delle missioni, gli studenti di questi programmi corrono il rischio che i loro diplomi non siano riconosciuti. (Allo stesso modo il programma medico comunitario ‘Medicina Integral Comunitaria’ è pervaso da un risentimento motivato politicamente nei confronti dei medici cubani che operano da insegnanti). Poiché il pericolo di diplomi privi di valore crescerà indubbiamente se l’opposizione politica tornasse al potere, il governo ha raggiunto accordi di ammissione con università pubbliche sotto la giurisdizione del Ministero dell’Istruzione Superiore. In base a questo accordo, che le università autonome hanno rifiutato, le università pubbliche verificano gli esami e le tesi e concedono diplomi a loro nome senza alcun riferimento alla Missione Sucre.

La prospettiva di un diploma universitario a nome di un’università ufficiale ha attirato centinaia di migliaia di giovani sottoprivilegiati nel programma della Missione Sucre, ma la cosa è anche controversa. Molti nell’opposizione sostengono che concedere agli studenti della missione quello che i nordamericani chiamano un diploma di college comunitario (noto in Venezuela come “tecnico superior”) invece di un diploma universitario sarebbe più appropriato. Questa proposta renderebbe indubbiamente il programma meno attraente e ridurrebbe drasticamente le iscrizioni. La concessione di un regolare diploma universitario ai diplomati è una decisione calcolata che prende in considerazione l’importanza dell’inclusione dei settori della popolazione già esclusi, in particolare giovani.

Due caratteristiche dei programmi delle missioni rafforzano le strategie discusse più sopra riguardo ai consigli comunitari e ad altre politiche governative sociali. Innanzitutto poiché i programmi erano alla buona e per certi versi sperimentali e spesso erano condotti fuori da strutture parallele (come nel caso delle missioni d’istruzione, che erano in larga misura esterne alla presa del Ministero dell’Istruzione) le necessità burocratiche erano meno onerose. Questo li ha resi più attraenti per i gruppi esclusi e semi-esclusi. Secondo: varie missioni sono andate gradualmente oltre i loro obiettivi originali. Alcune sono entrate in fasi nuove. Barrio Adentro, ad esempio, ha prima aggiunto un’attenzione sanitaria specialistica, poi ha aperto centri diagnostici e dopo di ciò si è esteso a ospedali specializzati. Questi progressi e la riformulazione degli obiettivi riflettono la strategia chavista di approfondire in continuazione il “processo rivoluzionario” introducendo nuovi programmi, slogan e obiettivi. Rafforzano anche il reimpulso rinnovando l’entusiasmo dei partecipanti.

Input dal basso

Vari programmi messi in atto da Chávez sono stati un’evoluzione di proposte dalla base del movimento chavista e sono scaturiti da esperienze di base. Ad esempio, i consigli comunitari sono in parte cresciuti dai Comitati dell’Acqua (Mesas Tecnicas de Agua) emersi dal 1993 al 1996 in barrios di tutta Caracas nel corso del mandato da sindaco del futuro leader e vicepresidente chavista Aristobulo Isturiz. Le mesas collaboravano da vicino con l’ufficio del sindaco per migliorare la fornitura dell’acqua alle famiglie del barrio. Un altro esempio sono le comuni, emerse di fatto come risultato di iniziative locali prima dell’approvazione della Legge delle Comuni nel 2010, come documentato dai sociologhi George Ciccariello-Maher e Dario Azzellini [21].

Un’altra proposta emersa dalla base del movimento chavista ha condotto alla creazione dei Comités Locales de Abastacimientos y Produccion (Comitati locali di fornitura e produzione – CLAP) che consegnano alimenti di prima necessità a domicilio a prezzi sussidiati. L’idea è nata dal tentativo dei chavisti di analizzare le cause della loro grande sconfitta alle elezioni dell’Assemblea Nazionale del dicembre 2015. I chavisti hanno attribuito l’esito deludente alla scarsità di beni di prima necessità e al carente sistema di distribuzione degli alimenti. Membri del partito chavista, il Partito Socialista Unito (PSUV), e loro alleati sono stati messi alla direzione dei CLAP.

Si è trattato di un passo coerente con i principi di inclusione e partecipazione? I sostenitori del governo hanno giustificato la mossa affermando che i CLAP sono fondamentalmente appendici dello stato. Inoltre, politicamente, la funzione dei CLAP consisteva nel combattere la presunta “guerra economica” condotta dai nemici del governo nel settore privato, cosicché i chavisti erano riluttanti a fidarsi di loro per guidare i comitati, particolarmente a causa delle vaste somme di denaro coinvolte. Ciò nonostante la distinzione tra i CLAP come braccio dello stato e come movimento sociale era confusa, poiché in molte comunità alcuni dei partecipanti all’organizzazione appartenevano all’opposizione e perciò non si consideravano rappresentanti del governo [22].

Critiche e lezioni

Coerente con la sua strategia di incoraggiare la partecipazione, particolarmente dei gruppi emarginati, il governo chavista ha cercato di evitare rigidità nell’applicare leggi e regolamenti. Questa prassi, tuttavia, intralcia la creazione sia di controlli istituzionali praticabili del denaro stanziato, sia meccanismi efficaci per penalizzare i membri dei consigli comunitari e delle cooperative che si dimostrano poco scrupolosi o negligenti nel gestire fondi pubblici.

Un problema spinoso è la riluttanza del governo chavista ad adottare misure punitive contro i malfattori, particolarmente nei gruppi a basso reddito. Come segnala il consulente del Congresso Leandro Rodriguez, gli attivisti comunitari che accusano colleghi membri del consiglio comunitario di spendere male il denaro, spesso lamentano lunghi ritardi nelle procedure giudiziarie, che comportano un congelamento di altri finanziamenti al consiglio. Oltre a ciò c’è una mancanza di collegamenti formali tra la commissione di “controllo sociale” del consiglio comunitario e i Controllore Nazionale, che secondo la legge dovrebbe fornire alle comunità informazioni legali. Detto tutto questo, le agenzie statali hanno messo in atto procedure e meccanismi pervasivi di ispezione per evitare di concedere finanziamenti a consigli comunitari che non hanno completato soddisfacentemente progetti precedenti [23].

In generale la profonda polarizzazione politica della nazione frena l’istituzionalizzazione dei programmi e delle altre iniziative sociali dei chavisti. Intensi scontri politici in corso premono il governo chavista a evitare di rafforzare le istituzioni creando leggi, regolamenti e restrizioni istituzionali che possono incidere sulla sua base sociale di sostegno.

Il secondo pilastro della strategia sociale del governo, la massiccia inclusione di venezuelani a basso reddito in diversi programmi, rappresenta in alcuni casi un gioco a somma zero che favorisce alcuni gruppi a spese di altri. Nel caso della Missione Sucre, ad esempio, i “perdenti” sono laureati delle università tradizionali che devono competere su mercati del lavoro inondati da laureati della missione che spingono in basso i salari, anche se i loro diplomi possono essere stati più facili da ottenere. Analogamente, da un punto di vista di puri costi-benefici, distribuire fondi direttamente ai consigli comunitari pone un dilemma. Le prestazioni dei contraenti privati con la loro esperienza e tecnologia è solitamente superiore, ma l’esperienza ottenuta dai consigli fa progredire l’obiettivo della partecipazione popolare.

La partecipazione e la mobilitazione popolare incarnano il concetto della regola della maggioranza (o “democrazia radicale”) che è alla base del discorso e di alcune delle politiche del governo chavista e sostiene le sue credenziali democratiche. La democrazia radicale nella tradizione di Rousseau è spesso criticata dai pensatori liberali perché ostacola i pesi e contrappesi istituzionali e contemporaneamente non distingue tra “società civile” e stato. Certamente questo è accaduto nel caso dei CLAP del Venezuela.

I programmi sociali del governo chavista evidenziano le tensioni tra controlli istituzionali e democrazia radicale. Come segnalato qui, il principio di flessibilità ha guidato i programmi del governo mirati all’inclusione popolare – particolarmente dei settori emarginati – in programmi quali il movimento delle cooperative e le missioni d’istruzione. In pratica la politica della flessibilità ha operato meglio in strutture improvvisate che operano ai margini delle istituzioni stabilite [24].

Il sistema dei pesi e contrappesi, anche se associato alla democrazia liberale, è un sine qua non per istituzionalizzare il modello chavista in un modo che eviti il socialismo burocratico che i chavistas così risolutamente rigettano. Più in generale, la democrazia radicale e i controlli istituzionali (quali la separazione dei poteri) non dovrebbero essere considerati incompatibili. In realtà la loro riconciliazione è essenziale se i programmi sociali devono essere gestiti con efficienza e onestà e, cosa ugualmente importante, se devono avere successo.

Steve Ellner è professore presso l’Universidad de Oriente a Puerto La Cruz.

  • [1] Negli anni ’60 e ’70 le elezioni venezuelane erano caratterizzate da elevante percentuali di partecipazione anche tra i poveri in virtù dell’obbligatorietà del voto. Questo schema è cambiato negli anni ’80 e ’90 quando la partecipazione alle elezioni si è considerevolmente ridotta.
  • [2] Sidney Veba e Norman H. Nie, Participation in America: Political Democracy and Social Equality, 1972 (New York: Harper and Row)
  • [3] Eduardo Silvia e Federico M. RossiReshaping the Political Arena in Latin America: From Resisting Neoliberalism to the Second Incorporation, 2017 (Pittsburgh: University of Pittsburgh Press)
  • [4] Roger Burbach, Orlando Nuñez e Boris Kagarlitsky, Globalization and its Discontents: The Rise of Postmodern Socialisms, 1997 (London: Pluto Press)
  • [5] George Ciccariello-Maher, Building the Commune: Radical Democracy in Venezuela, 2016 (London: Verso), 107 e Gregory Wilpert “Venezuela’s Experiment in Participatory Democracy,” in Thomas Ponniah e Jonathan Eastwood (eds.), The Revolution in Venezuela: Social and Political Change under Chávez, 2011 (Cambridge MA: Harvard University Press), 110
  • [6] Cristobal Valencia, We are the State! Barrio Activism in Venezuela’s Bolivarian Revolution, 2015 (Tucson: University of Arizona Press), 147-153
  • [7] Leandro Rodriguez, intervista personale, 2011 (Caracas, 15 settembre)
  • .[8] Steve Ellner, “Deepening of Democracy in a Crisis Setting: Political Reforms and Electoral Process in Venezuela.” Journal of Interamerican Studies and World Affairs no.4, (1993-94), 1-42.
  • [9] In realtà le nuove municipalità emerse rappresentavano prevalentemente comunità ricche. E’ stato così nella capitale, Caracas, che è stata suddivisa in cinque municipalità. Questo sviluppo, come alter riforme intese a promuovere il decentramento nel corso di quegli anni, è stato ispirato dal pensiero allora prevalente del neoliberismo.
  • [10] Il sistema in Venezuela in cui organizzazioni sociali fanno “raccomandazioni” a imprese per l’assunzione di dipendenti ha una lunga storia. Il contratto del 1973 dei lavoratori del petrolio consentiva alle imprese appaltanti di assumere l’80 per cento dei dipendenti da liste fornite dai sindacati, una percentuale mantenuta in successive accordi di contrattazione collettiva. .
  • [11] George Ciccariello-Maher, Building the Commune: Radical Democracy in Venezuela, 2016 (London: Verso), 84-99
  • [12] Gregory Wilpert “Venezuela’s Experiment in Participatory Democracy,” in Thomas Ponniah e Jonathan Eastwood (curatori), The Revolution in Venezuela: Social and Political Change under Chávez, 2011 (Cambridge MA: Harvard University Press), 109-110
  • [13] Lucena, Héctor, “Sindicatos cooperativas: encuentros y desencuentros,” in Lucena (coordinator), Cooperativas, empresas, estado y sindicatos: una vinculación necesaria, 2007 (Barquisimeto: Universidad Centroccidental Lisandro Alvarado and Universidad de Carobobo), 74-76
  • [14] Lucena, Héctor, “Sindicatos cooperativas: encuentros y desencuentros,” in Lucena (coordinator), Cooperativas, empresas, estado y sindicatos: una vinculación necesaria, 2007 (Barquisimeto: Universidad Centroccidental Lisandro Alvarado and Universidad de Carobobo), 215-216
  • [15] Steve Ellner, “The Trial (and Errors) of Hugo Chávez.” In These Times 31, 2007, no. 9 (Settembre): 26
  • [16] In un lavoro pubblicato nel 2013 Dario Azzellini ha affermato che il governo chavista aveva promosso la creazione di 70.000 “cooperative operative” (“Economía solidaria en Venezuela: del apoyo al cooperativismo tradicional a la construcción de ciclos comunales.” Revista Idelcoop, 210: (2013), 29).
  • [17] La campagna a tutto campo del governo per promuovere la creazione di cooperative può essere stata affrettata e prematura. Ha incoraggiato molti venezuelani a creare e registrare una cooperativa anche se non avevano un’idea chiara delle sfide implicite, o un impegno a lungo termine nei confronti dell’iniziativa. Il problema è stato aggravato dall’assenza di una tradizione di cooperative in Venezuela (Azzellini, 2013: 22).
  • [18] Steve Ellner, “The Trial (and Errors) of Hugo Chávez.” In These Times 31, 2007, no. 9 (Settembre): 26
  • [19] Angel Rodríguez, “Cooperativas de mantenimiento y servicio de Enelbar,” in Lucena (coordinator), Cooperativas, empresas, estado y sindicatos: una vinculación necesaria, 2007, (Barquisimeto: Universidad Centroccidental Lisandro Alvarado and Universidad de Carobobo), 217-249
  • [20] Kirk A. Hawkins, Venezuela’s Chavismo and Populism in Comparative Perspectives. Cambridge, 2010 (England: Cambridge University Press), 200-205
  • [21] George Ciccariello-Maher, Building the Commune: Radical Democracy in Venezuela, 2016 (London: Verso) e Dario Azzellini, Communes and Workers’ Control in Venezuela: Building 21st Century Socialism from Below, 2017 (Brill: Leiden and Boston), 245-246
  • [22] Il caso dei CLAP e anche dei consigli comunitari pone in evidenza la continua e forse inevitabile tensione tra governi che favoriscono cambiamenti strutturali di vasta portata e movimenti sociali, che cercano di affermare un certo grado di autonomia. Dal 2914, quando il prezzo del petrolio è sceso drasticamente e sono sorte pressanti difficoltà economiche, l’opposizione politica ha fatto progressi in numerosi consigli comunitari in origine dominate dai chavisti.
  • [23] Leandro Rodriguez, intervista personale, 2011 (Caracas, 15 settembre), e Margarita Lopez Maya e Luis E. Lander “Participatory Democracy in Venezuela: Origins, Ideas, and Implementation,” in David Smilde e Daniel Hellinger (curatori), Venezuela’s Bolivarian Democracy: Participation, Politics, and Culture under Chávez, 2011 (Durham N.C.: Duke University Press)
  • [24] Vedere la trattazione di David Smilde “Introduction: Participation, Politics, and Culture – Emerging Fragments of Venezuela’s Bolivarian Democracy” in Smilde e Daniel Hellinger (curatori), Venezuela’s Bolivarian Democracy: Participation, Politics, and Culture under Chávez, 2011, (Durham N.C.: Duke University Press), 3-18.

 

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/social-programs-in-venezuela/

Originale: The Next System Project  

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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