Lo confesso: seguo Chiara Ferragni. Ovviamente non i suoi consigli su come vestirsi, ma una giovane donna che è seguita in tutto il mondo da più di dieci milioni di persone merita un po’ di attenzione. Quello che scrive Chiara Ferragni conta nel mondo molto più di quello che dice Cacciari – per dirne uno dei tanti – a cui gli studi sugli angeli hanno dato alla testa. E siccome noi di sinistra dovremmo anche avere l’ambizione di capire quello che le persone pensano e siccome le persone conoscono Ferragni – e non Cacciari – non è ozioso affrontare l’argomento. Grazie a questa mia “passione”, ho letto in questi giorni una sua frase che credo meriti una qualche riflessione, visto che affronta il tema del bello. Dice Ferragni: “Oggi tutti possono raccontare una loro storia di bellezza o di moda. Instagram ha cambiato i canoni di bellezza, è finito il pensiero unico sul bello.”

Chiara mente; non so se consapevolmente, anche se penso proprio di sì. Ferragni non propone affatto un modello diverso di bellezza da quello imposto dal mercato. Basta che osserviate lo spot in cui reclamizza un noto prodotto per i capelli: non c’è alcuna differenza con qualsiasi altra réclame di un prodotto analogo e la stessa Ferragni è assolutamente omologata, come qualunque altra modella. Anzi sarebbe interessante capire quanto conta nella sua popolarità globalizzata – e globalizzante – il fatto che sia così legata a questo modello dominante. Personalmente credo che sia così seguita proprio perché è esattamente come ci aspettiamo che sia: giovane, magra, bella, ricca, di successo. Esattamente il modello di bellezza imposto ogni giorno dal mercato a tutti noi e alle nostre figlie. E se usasse davvero il suo potere – perché ormai ha un potere quella giovane ragazza – per proporre un altro modello di bellezza, cosa succederebbe? Sarebbe in fretta dimenticata o riuscirebbe a imporre una visione alternativa? Immagino la prima ipotesi.
Non sono un esperto in materia, ma so che è stato all’inizio del Novecento il momento in cui gli artisti hanno rinunciato a raccontare il bello. Le donne di Modigliani non erano belle, le donne di Picasso – che pure le amava in maniera appassionata – non erano belle, le donne di Schiele non erano belle. O almeno non erano belle come le madonne di Raffaello. E in quegli stessi anni, gli anni dell’art nouveau, sono stati i disegnatori dei manifesti pubblicitari che hanno creato un’immagine di bellezza, utile a vendere qualsiasi genere di prodotto. E questo modello globale, in qualche modo – con una notevole aggiunta di volgarità, a dire il vero – è arrivato fino a noi, perché, rinunciando l’arte a creare il bello, questo compito è stato assunto dal mercato – e dai mercanti – che hanno cominciato a decidere per noi cosa è bello e cosa non lo è, cosa è di moda e cosa non lo è, e soprattutto cosa dobbiamo comprare per conquistare quella bellezza. I lunghi capelli biondi di Chiara Ferragni sono usati per vendere uno shampoo allo stesso modo in cui i lunghi capelli biondi disegnati da Alfons Mucha servivano a vendere delle cartine per le sigarette.
Quanto avremmo invece bisogno di un modo diverso di raccontare quello che è bello, soprattutto un modo che sottragga una volta per tutte al mercato – e ai mercanti – il monopolio della creazione del bello, in modo che la bellezza non sia più un bene da vendere e da comprare, ma qualcosa che vive indipendentemente dal suo valore economico. Credo sarebbe un gran passo per le donne che sono vittime di questo mercato, perché non riusciamo a toglierci dalla mente che la loro bellezza è qualcosa che è in vendita, e che quando non possiamo comprare, crediamo di essere in diritto di poterla sottrarre con la forza. Personalmente credo che la rete – nella sua diffusione democratica – possa fare qualcosa, grazie soprattutto al protagonismo delle donne; anche se non sarà la Ferragni che ci salverà.
se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy