Domenica due-trecentomila nazionalisti spagnoli hanno invaso Barcellona al grido di “Puigdemont in galera”. Tanti i saluti romani, gli slogan fascisti, le bandiere franchiste accanto a quelle dell’Unione Europea. L’estrema destra ha avuto in appalto l’organizzazione e la prima linea di una manifestazione “in difesa della Costituzione e della legalità” che era stata promossa dal Partito Popolare e da Ciudadanos e che ha visto l’adesione anche del Partito Socialista. A rappresentare nell’intervento finale il “costituzionalismo postfranchista” che innerva il nazionalismo spagnolo sono stati chiamati il “liberale” Vargas Llosa e il “socialista” Borrell. Nelle strade limitrofe i fascisti minacciavano e aggredivano giornalisti, attivisti di sinistra e semplici passanti.
I TG spagnoli hanno dettato la linea ai media italiani: era la ‘maggioranza silenziosa’ dei catalani che non vogliono l’indipendenza finalmente uscita allo scoperto. A guardar bene non si trattava di una maggioranza, visti i numeri esigui e i 50 mila manifestanti arrivati dalla Spagna con i pullman e i treni messi a disposizione gratuitamente dai partiti di destra. E neanche silenziosa, visti i canti e gli slogan improntati al più becero sciovinismo nazionalista.
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