Francesco Cecchini

Paesaggio Mapuche.

Carta d’identità: Titolo: Mapuche

Autore: Caryl Feryl

Casa editrice: E/O

Pagine: 454

Prezzo: 18.00 Euro

Traduzione di Teresa Albanese, che smentisce coloro che pensano che tradurre sia tradire. Il suo è un’ amore fedele che  permette di leggere in italiano la bellezza della scrittura francese.

Mapuche significa popolo o gente (che) della terra (mapu), terra del popolo. Un popolo che prima gli spagnoli, ma poi, innanzitutto, i padri della patria e degli argentini di oggi tentarono di sterminare e quasi ci riuscirono. Una vaga, ma tragica contabilità parla di centinaia di migliaia di morti. Le campagne militari della Pampa o del Desierto furono vere e proprie azioni di genocidio. Ma invano i Mapuches ed anche i pochi Tehuelches che rimangono continuano a resistere e lottare. Sono un popolo tenace e  duro come le loro terre, dal Pacifico all’ Atlantico: le due coste, Le Ande, il nord della Patagonia, la Pampa, ed i venti che le scuotono.

Siamo nei primi anni di questo millennio. Un’Argentina saccheggiata da politici come Carlos Menen, economisti liberali come Cavallo, sindacati corrotti, finanzieri e imprenditori senza scrupoli  è inabissata in una tremenda crisi economica e sociale. Jana, una dei due protagonisti del romanzo è una Mapuche, che giovanissima abbondona il Sud per andare a Buenos Aires, dove per vivere e frequentare un’ istituto d’ arte fa la prostituta di strada. Fino a quando riesce ad essere quello che vuole, un’ artista, una scultrice che costruisce sculture di lamiere e ferro, tagliate con la fiamma ossidrica e saldate. Abita e lavora in un vecchio hangar  a  Retiro. Una zona del centro circondata dai quartieri di Puerto Madero, San Nicolas e Sant’ Elmo dove assieme a hotels  a cinque stelle, alle famose torri Catalinas esistono  ancora zone abbandonate, retaggio di un passato da bassofondo. Il luogo dell’hangar, appunto, vicino alla stazione dei bus è uno di questi posti. Jana non ha né amanti né amici se non Paola, un dolce travestito, una puttana con viso dalla pelle di porcellana e gli occhi celesti, conosciuto tempo fa  quando anche lei batteva. Un tardo pomeriggio mentre lavora a un  suo capolavoro, una scultura che vuole essere una mappa d’ acciaio del Cono Sur, Jana riceve una telefonata allarmata di Paola. Luz, un altro travestito, amico e amante non è apparso a un appuntamento ed è sparito. Paola chiede a Jana che la raggiunga e l’aiuti a trovare Luz. L’ appuntamento è al Trasformer, una boite equivoca nella quale Jana non metteva piede da quando si vendeva. La ricerca di Luz è invano, ma il suo corpo, con il pene evirato, viene trovato dalla polizia che galleggia tra le immondizie che coprono le acque del Riachuelo. La polizia trattiene ed interroga Jana e Luz, ma senza prove tangibili di un loro coinvolgimento nell’assassinio, deve rilasciarle. Jana per poter scoprire cosa è avvenuto, chi ha evirato ed ucciso Luz, decide di rivolgersi ad un detectve famoso, RubénCalderón, il secondo protagonista di Mapuche. Come Jana viene dalla violenza che lei, la sua famiglia,  il suo popolo subiscono ogni giorno anche Calderónesce da un inferno, più vicino nel tempo, quello del  massacro di un’intera generazione che voleva il cambio politico e sociale, la democrazia, il socialismo. Adolescente, assieme al padre Daniel, un poeta famoso, viene sequestrato e portato nel più famigerato dei centri clandestini di detenzione: l’ ESMA, EscuelaSuperior de Mecanica de la Armada. L’ istituzione della Marina sotto il comando del criminale Ammiraglio Massera diventò tra il 1976 un 1979 un vero e proprio Auschwitz in centro  a Buenos Aires, Avenida Libertador No 8000. Migliaia di persone che vi soggiornarono sono ancora sono ancora, desaparecidos, spariti. Un laboratorio di barbarie: sequestri, stupri, parti clandestini, voli notturni con persone drogate prima di essere scagliate nel vuoto, documenti falsificati dalle vittime stesse per cedere beni agli stessi carnefici, montagne di beni personali, televisori, frigoriferi, mobili rubati come bottino di guerra come rubati venivano i bambini nati dai parti clandestini. Daniel Calderon e la figlia non usciranno vivi da questo campo di concentramento e sterminio. Rubén ritorna libero un giorno del Luglio 1978. Dopo aver fatto il giornalista lavora per lasabuelas de Plaza de Mayo ed alla continua ricerca dei bambini dei desaparecidos, regalati o per lo più venduti subito dopo la nascita.  Dove sono, in che famiglia vivono, cosa fanno? Tutte domande alle quali rispondere assieme agli esami del DNA dei falsi genitori o di quelli veri e morti, per poterli per lo meno restituire come nipoti ai veri nonni. Quando Jana incontra Rubén, questi sta indagando sulla scomparsa di una fotografa Maria Victoria Campallo, la figlia di uno degli uomini più influenti del paese. I destini di Jana e Rubén allora si intrecciano alla ricerca di chi ha ucciso Luz e rapito, per poi assassinare  Maria Victoria. Non si separeranno più, fino alla scoperta e punizione dei colpevoli e forse oltre. La storia della ricerca e punizione dei colpevoli corre in una Buenos Aires ed in una Argentina non a colori, ma in banco e nero.

Caryl Ferey conosce bene la geografia e la storia di questa terra, i problemi e le contraddizioni di un oggi drammatico. La sua capacità risiede nel farci vivere intensamente quello che racconta. I personaggi, la città ed il paese, i paesaggi sono veri e il lettore è lì in mezzo e li vede. Respira e quasi  sente  odori e profumi  della città, del campo e della Cordigliera. L’ incipit di Mapuche  ricorda l’orrore di un paese dove i sequestri, le sparizioni, le torture, le morti erano parte del quotidiano e i conti sono ancora aperti.

   “Un vento di tempesta ululava dal portello della carlinga. Parise, stretto dall’imbracatura, chinò la testa calva verso il fiume. Si distingueva appena l’acqua melmosa del Río de la Plata che sgorgava dalla foce. Il pilota puntava verso il largo, direzione sud-est. Un volo notturno come ne aveva fatti a decine, tanti anni prima. L’uomo dal bomber kaki era meno tranquillo di un tempo: le nuvole si dissipavano man mano che loro si allontanavano dalle coste argentine e il vento raddoppiavano di violenza, scuotendo il piccolo bimotore. Con il fracasso del portello aperto, bisognava sgolarsi per farsi sentire.

   – Presto usciremo dalle acque territoriali! – Avvertì, girando la testa all’indietro. Hector Parise consultò il suo orologio da polso; a quell’ora gli altri dovevano già aver spedito il loro pacco. Le creste delle onde sfavillavano sull’ oceano, onde pallide sotto la luna appena sorta. Si aggrappò alle pareti della carlinga, gigante in balia dei vuoti d’aria. Il “pacco” giaceva a terra immobile nonostante i sussulti del velivolo. Parise lo fece scivolare fino alla portiera. Seimila piedi: nessuna luce splendeva nella notte tormentata, solo, in lontananza, i fanali indifferenti di un cargo. La sua cintura di sicurezza sbatteva nell’angusto abitacolo.

   – Ok! – ruggì all’indirizzo del pilota. L’uomo alzò il pollice in segno di assenso. Il vento gli sferzava il viso; Parise afferrò il corpo addormentato per le ascelle e non poté trattenere un sorriso.

   – Su va a giocare fuori tesoro.

   Stava per gettare il pacco sull’area di sgancio quando una scintilla balenò dagli occhi aperti: un barlume di vita, di terrore. Il colosso barcollò nella tormenta, colto dallo stupore e dallo spavento: stordito dal Pentotal, il pacco non avrebbe dovuto svegliarsi, tanto meno aprire le palpebre! Era la Morte che lo sfidava, un gioco di riflessi notturni, una semplice allucinazione?! Parise agguantò il corpo con tremori da indemoniato e lo scagliò nel vuoto.”

La potente scrittura di Caryl Férey fa vivere in diretta,a fianco del criminale Parise, del pilota e della vittima, qualcosa già letto od ascoltato, magari con il distacco che si riserva a storie del passato: un vuelo de la muerte che avviene ai giorni d’oggi.Cosa dire dell’autore e del suo rapporto con il romanzo? Lascio che Caryl stesso ne parli in un’intervista rilasciata al sito francese Le Télégramme, il 26 giugno 2012:

“Non so se Mapuche è il mio miglior romanzo, ma è quello per il quale mi sento maggiormente coinvolto.

   Mi sento vicino alla collera e alla volontà di lotta degli argentini dopo la dittatura economica che hanno subito con la crisi del 2001 2002. Mi sento anche vicino a las abuelas de Plaza de Mayo, così emozionanti. Hanno conosciuto il peggio, la sparizione dei propri cari, spesso torturati, stuprati, assassinati, private anche dei corpi per il lutto. Hanno conosciuto il peggio. Malgrado tutto dopo 35 anni sono come il primo giorno! Ammirevoli! Il mio libro è anche un romanzo d’amore verso l’Argentina.

   Volevo scrivere un romanzo d’amore, ma leggendo  documenti d’archivio spaventosi la dittatura ha preso il sopravvento. E perché la tortura non sia troppo soffocante ho scelto la poesia, che mi sembra la cosa più lontana dalla tortura. I poeti e gli scrittori argentini hanno d’altra parte pagato sotto la dittatura un prezzo pesante. È dunque una maniera di apportare del colore, di dare della speranza, di essere un riflesso della cultura, molto presente a Buenos Aires.”

Aggiungo che Caryl Férey, oltre che uno scrittore poetico, ha le doti di un ricercatore storico e di sociologo che danno spessore, verosimiglianza, credibilità al suo romanzo che è limitativo definire polar, poliziesco, o anche noir.

Mapuche ha vinto dei premi letterari tra i quali il prestigioso Premio 2012 della rivista Lire per il poliziesco ed ha venduto in Francia quasi 100.000 copie. Caryl Férey era a Cannes l’ultimo giorno del festival del 2013 per accompagnare il film tratto dal suo romanzo Zulù ed ha accennato dove sarà ambientato il prossimo romanzo: il Cile dove ha già incontrato i Mapuches che vivono ad ovest della cordigliera andina. Ha anche scritto su di loro. Un’articolo è apparso con il titolo di “Machi” il 16 novembre 2012 nella rivista francese LongCours. Caryl Férey racconta il suo viaggio sulle strade cilene per incontrare dei Mapuche. La storia di questo popolo è ricca di lotte, prima contro l’imperialismo Inca, poi via via contro i conquistadores spagnoli e i governi argentino e cileno. I Mapuche sono abituati a combattere per l’esistenza. Oggi, la loro società è minacciata dall’invasione  dallle multinazionali che in Cile s’impossessano delle antiche  foreste originali per coltivare alberi in rapida crescita. Le Mapuches desiderano recuperare le loro terre ancestrali per conquistare la loro autonomia e indipendenza.

Caryl Férey ha pubblicato il romanzo Condor ambientato in Cile. Protagonista è una mapuche. Il romanzo non è ancora tradotto in Italia.

Video  sulla repressione El Dia de la Pacha, quando la gendarmeria irruppe armata nelle terre   mapuche a Pu Lof CusHamen, Chubut. Fu quando Santiago Maldonado spari.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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