In questi giorni percorrendo l’A1, tra i caselli di Parma e di Fidenza e precisamente all’altezza dell’innesto con l’A15 Parma-La Spezia, potete vedere alcuni grandi cantieri: stanno lavorando per noi, stanno costruendo l’autostrada più corta d’Italia.
A dire il vero il progetto è un po’ più ambizioso: si tratta dei primi dodici chilometri della cosiddetta TiBre, ossia di una nuova autostrada che, partendo appunto da quell’innesto, dovrebbe collegarsi con l’autostrada del Brennero all’altezza di Nogarole Rocca, garantendo quindi un collegamento più veloce tra questa arteria e i porti del Tirreno, senza passare per Modena. Personalmente non considero una priorità costruire questa autostrada, credo che in questo paese ne esistano già troppe – alcune che non servono a nulla – e che si debba finalmente cominciare a investire su un altro sistema di mobilità. In questo momento però il tema non è discutere sulla necessità o meno di costruire questa autostrada – di cui si è cominciato a parlare ormai quarant’anni fa – perché già sappiamo che non sarà realizzata: servono troppe risorse – tra l’altro sarebbe necessario costruire un nuovo ponte sul Po – e quindi la TiBre non si farà. Rimarranno solo questi dodici chilometri, che termineranno con il casello chiamato “Terre verdiane”, più o meno all’altezza di San Quirico, piccola frazione del Comune di Sissa Trecasali.
Questi dodici chilometri costeranno almeno 513 milioni di euro. Teoricamente non si tratta di soldi pubblici, perché i lavori sono a carico della società Autocamionale Cisa s.p.a., che gestisce l’A15. E quindi quei dodici chilometri li pagheremo noi, con i nostri pedaggi. Quell’autostrada è una delle più care d’Italia. Il Cipe ha autorizzato un aumento del pedaggio del 7% annuo per il periodo dal 2010 al 2018: si tratta di un aumento complessivo del 60%. Per fare un’autostrada che porti a San Quirico di Sissa Trecasali.
Chi ci guadagna con questi dodici chilometri? Evidentemente non gli automobilisti e i camionisti che utilizzano già la Cisa, per lavoro o semplicemente per andare a fare una gita al mare.
Non il nostro territorio. Quella piccola autostrada ha un impatto decisamente superiore alla propria lunghezza. Il tracciato invade un pezzo importante della bassa parmense, la campagna che produce la ricchezza del nostro territorio, a partire dal parmigiano-reggiano. Inoltre insiste su alcune zone protette, lungo il corso del Taro, aree di nidificazione di specie rare. E infatti il sindaco di Sissa Trecasali, il comune su cui pesano nove dei dodici chilometri di questa piccola autostrada, si è schierato contro questa opera, ma naturalmente le proteste di quella comunità non sono state ascoltate. La decisione è stata presa, in altra sede.
Il ministro Delrio – che in quanto reggiano conosce bene il territorio di cui stiamo parlando – spiegando che non ci sono e ci non saranno i soldi per fare la TiBre, si è comunque rallegrato di questi lavori, dicendo che si tratta di “un segno del paese che si rimette in moto”. Certo si muove, ma per andare in nessun posto.
I soldi girano. Francamente rischia di girare anche qualcosa d’altro: perché dobbiamo fare un’opera che non serve, anzi che procura solo danni? Solo per far lavorare alcune aziende? Solo per far guadagnare una manciata di imprenditori? Anche ammettendo che si tratti di aziende in regola – e quindi che negli appalti e nei subappalti siano state escluse tutte le aziende in odor di mafia e di malaffare che qui n Emilia, nel campo delle costruzioni e del movimento terra sono particolarmente forti e ben insediate – e che si tratti di aziende che pagano bene i propri dipendenti e non sfruttano il loro lavoro, perché impieghiamo quelle risorse in un modo così palesemente assurdo?
I tecnici della morente Provincia hanno calcolato che per sistemare la viabilità ordinaria del nostro territorio, ossia le strade che tutti noi percorriamo ogni giorno, occorrerebbero 59 milioni, poco più di un decimo di quello che spendiamo per fare quel troncone autostradale che si perde in campagna e che quasi nessuno percorrerà.
In questi stessi giorni è stato chiuso uno dei due ponti di viabilità ordinaria che collegano la nostra provincia con la Lombardia, attraversando il Po, quello che univa Colorno e Casalmaggiore. La mancanza di questo ponte impatta sulla vita di tantissimi lavoratori e studenti, sulla vita dei pendolari, sull’economia di tutta la nostra bassa, creando tra l’altro un disagio molto forte sui paesi che si trovano sulla strada che porta all’unico ponte rimasto. Ovviamente so che non si possono usare i soldi dei pedaggi della Cisa per sistemare la viabilità ordinaria, ma crea sconcerto vedere fare una cosa che non serve, di cui nessuno ha bisogno, quando a pochi chilometri di distanza, un territorio soffre per la mancanza di quel ponte. Quindi la TiBre non si farà, anche perché fare il ponte autostradale sul Po costa troppo e rischiamo che neppure il ponte di viabilità ordinaria tra Colorno e Casalmaggiore venga riaperto; intanto costruiamo un’autostrada che si perde nel nulla, senza offesa per i nostri amici di Sissa Trecasali.
Quella piccola e inutile autostrada dovrebbe porre a tutti un problema su come vengono prese le decisioni, da chi e con quali obiettivi. In questo caso certamente l’obiettivo non è il buon governo del territorio, è semplicemente una speculazione, perché ci guadagnano le aziende, ci guadagna chi possiede i terreni intorno a quel casello, dove verosimilmente nasceranno nuovi poli commerciali (tanto ci arriva già l’autostrada, che problema è costruire l’ennesimo centro commerciale della provincia?) e quindi ancora i costruttori.
Un paese in cui le decisioni sull’assetto del territorio vengono prese soltanto da chi ha interesse a costruire e dai politici a loro servizio è destinato a morire, sotto il peso di una immensa colata di cemento. Quei dodici inutili chilometri sono una ferita non solo per la nostra bassa, ma per tutto il paese, forse perfino più dolorosa della Tav, perché è uno spreco assolutamente gratuito, senza alcuna giustificazione, se non quella di far arricchire quattro o cinque imprenditori. A scapito di un’intera comunità che ha già pagato per finanziare quell’opera e ne dovrà pagare tutte le conseguenze, in termini di qualità della vita.
Davvero in questo paese c’è la redistribuzione delle ricchezze: ciascuno di noi ogni giorno paga per far diventare più ricchi quei pochi che hanno il potere di decidere di costruire un’autostrada. Ricordatevelo ogni volta che passate per l’A1.

 

 

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Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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