Civati, Speranza e Fratoianni: pietra tombale sul Brancaccio per lanciare Grasso. Dopo le elezioni in Sicilia e il varo del Rosatellum la corsa verso le elezioni è partita a piena velocità

di Checchino Antonini

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“Il 2 dicembre daremo vita a qualcosa che ancora non c’è e di cui l’Italia ha davvero bisogno”. In una lettera Pippo Civati (Possibile), Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) e Roberto Speranza (Mdp Articolo 1) convocano l’Assemblea nazionale che dà il via al progetto unitario su cui stanno confluendo diverse anime della sinistra”. «Vi diamo appuntamento sabato 2 dicembre a Roma per una grande assemblea popolare insieme ai delegati e alle delegate che verranno eletti/e democraticamente i prossimi 25 e 26 novembre».Con buona pace del Brancaccio a cui tutti e tre i soggetti erano interni, di cui erano entusiasti, di cui sono i sabotatori. Perché?

 

Perché SI, Mdp e Possibile hanno schiantato il percorso del Brancaccio

Perché è ingovernabile un processo in cui ci sono troppi soggetti a chiedergli conto del loro passato, remoto e prossimo, dentro/attorno/col Pd. E del loro futuro identico. Non che il Brancaccio non sia politicista ma anche per quel tipo di evento sarebbe troppo difficile occultare l’interrogativo di fondo: perché mai a guidare una ricomposizione a sinistra debba essere quello stesso ceto politico che l’ha affossata, mortificata mentre affossava e mortificava le conquiste e i diritti di tutti i lavoratori, mentre imponeva le regole violentissime del neoliberismo, mentre conduceva la guerra alle popolazioni civili di stati “canaglia” e creava l’humus per il senso comune razzista e di guerra fra poveri dentro cui viviamo da una ventina d’anni. «Questa convocazione non è firmata dal Brancaccio – annuncia da twitter Tomaso Montanari – presto vi spiegheremo perché. E decideremo insieme cosa fare». Siamo molto oltre le «sbavature di un percorso formale» su cui Anna Falcone, l’altra voce del Brancaccio, poche ore fa aveva chiesto di «non drammatizzare» a chi, come Rifondazione e Altra Europa s’erano scoperti esclusi da un pezzo di carta firmato da Montanari e Falcone proprio assieme ai tre nuovisti-che-avanzano.

Brancaccio, fuochi artificiali nelle assemblee

Dopo le elezioni in Sicilia e il varo della nuova legge elettorale la corsa verso le elezioni è partita a piena velocità. Particolarmente pirotecnica si sta presentando la situazione tra le forze della sinistra dove l’esperienza del Brancaccio mostra tutte le sue contraddizioni. Se l’assemblea del Brancaccio a Milano era stata poco partecipata e del tutto incolore, quella di Napoli ha avuto una buona partecipazione, ma è stata anch’essa sottotono gestita da SI e Altra Europa. L’assemblea ha stancamente riproposto le ragioni fondative del Brancaccio ed espresso l’intenzione di farsi valere nell’assise nazionale il prossimo 18 ottobre. Molto conflittuale e molto partecipata quella di Torino dove però è stato impedito il voto delle mozioni presentate e il Coordinatore di Alleanza popolare (il nome ufficiale del percorso del Brancaccio), Livio Pepino, ex magistrato leader di Md, si è dimesso scrivendo che, «a livello torinese, come a livello nazionale, non esistono le condizioni per una salto di qualità sulla scena politica della sinistra (caratterizzata sempre più da dichiarazioni che smentiscono linee politiche faticosamente concordate, dalla ricerca di leader più o meno probabili anziché di una crescita comune, dal posizionamento con raccolta di deleghe per una assemblea che non è ancora neppur convocata, dalla voglia di distinguersi anziché impegnarsi in un percorso di costruzione graduale e faticosa di un progetto comune e via seguitando). Ritenendo che, anche in politica, la coerenza sia una virtù, lascio, dunque, l’impresa e, a maggior ragione, l’incarico di coordinatore. Non so cosa accadrà a livello nazionale né cosa deciderà il coordinamento torinese che si riunirà a giorni (…) Resta l’altro versante: quello della costruzione, in tempi medi, di un soggetto politico radicalmente nuovo e alternativo che si rivolga solo alle persone e non alle organizzazioni esistenti. Ma di questo parleremo, con chi sarà interessato, più avanti».

Grasso o Renzi? Pisapia sembra aver scelto

Ma, a scompaginare definitivamente il quadro, è la decisione di Mdp, SI e Possibile di lanciare “un nuovo progetto politico” probabilmente per tirare la volata a Grasso nel più puro dei politicismi per poter incidere sulle difficoltà del Pd e di Renzi più che per costruire un’alternativa ad esso come il Brancaccio aveva giurato di fare nonostante l’ambiguo rapporto con dalemiani e bersaniani. Sarà interessante capire eventuali punti di contatto con Pisapia e i suoi che oggi, a Roma, terranno una sorta di “ultima chiamata”, o – più in generale – con i “pontieri” del Pd. La discesa in campo di Pietro Grasso ha ulteriormente convinto il leader di Campo Progressista del fatto che c’è spazio per intensificare il confronto con tutte le forze e i movimenti che stanno lavorando a un processo di riaggregazione. Il modello Pisapia è quello delle liste civiche, frutto della sintesi tra varie culture progressiste, cattolica democratica, ecologista, riformista, in grado di ricreare le condizioni di un «centrosinistra largo e civico». E su queste basi rilanciare una competizione con il Pd. Assieme all’ex Sindaco di Milano, prenderanno la parola la Presidente della Camera, Laura Boldrini, il coordinatore Mdp, Roberto Speranza, Gianni Cuperlo, della minoranza Pd, gli altri dem Cesare Damiano e Luigi Manconi, Ciccio Ferrara (Cp) Monica Frassoni, Presidente Verdi Europei, Furio Honsell, Sindaco di Udine, Riccardo Magi segretario Radicali italiani, Rossella Muroni di Legambiente, Giulio Santagata, ex ministro prodiano, Bruno Tabacci e Rosalba Teodosio delle Officine delle Idee.

I giochi dentro il Pd

Ma la coalizione stenta a decollare. In queste ore si rincorrono contatti incrociati, incontri dentro il Pd e fuori dal Pd per tentare di allargarne le maglie. A 48 ore dalla direzione del Pd, Matteo Renzi e i big del partito tessono tra diffidenze reciproche la tela di una tregua interna che eviti nuove rotture. La minoranza di Andrea Orlando e Michele Emiliano è intenzionata a presentare e mettere ai voti un documento che apra nel merito alla sinistra, i renziani vorrebbero evitare voti che non siano sulla relazione del segretario. Il leader, però, vuole mostrare nei fatti la sua buona volontà e lunedì alle 12,30 incontrerà Emma Bonino e Benedetto della Vedova. Mentre, a quanto si apprende, ieri Emiliano ha ‘sondato’ i margini per riunificare il centrosinistra incontrando il presidente del Senato Pietro Grasso che il 2 dicembre dovrebbe essere incoronato leader della sinistra dall’assemblea di 1500 delegati. Emma Bonino, che difficilmente si candiderà ma tenta di fare da garante ad una lista alleata al Pd, mette in chiaro le condizioni per un’intesa con i Radicali a partire dalla richiesta ai dem «di rivedere le sue posizioni in materia di immigrazione» e che il governo rimetta in discussione l’accordo con la Libia. A difendere le scelte del governo ci pensa il premier Paolo Gentiloni in prima persona: «L’Italia è l’unico paese che ha una politica migratoria decente in Europa». Ma se l’intesa con i Radicali è tutta da costruire e per niente scontata, sembra al momento senza terreno comune anche il confronto con Giuliano Pisapia. Domani il leader di Cp,a Roma, farà a quanto si apprende un’ultima chiamata a quanti vogliono dare una casa agli elettori del centrosinistra che non si riconoscono nel Pd. Discontinuità sarà la parola chiave con una valutazione non positiva delle mosse «solitarie» di Renzi dopo la sconfitta in Sicilia. No ad un’alleanza con pezzi del centrodestra e il tema della leadership sono, a quanto si apprende, i paletti per aprire un dialogo con il Pd. Ma la chiamata è anche al soggetto unitario della sinistra che si sta coagulando intorno a Pietro Grasso: Campo Progressista resta dell’idea che non vada rifatta una ridotta di sinistra. Ma Renzi non si scoraggia e resta convinto che una coalizione con il Pd come perno si può fare. Ma al di là di un’apertura ad «confronto con tutti senza veti», l’ex premier non sembra intenzionato nè a mettere in discussione la sua leadership nè l’operato dei Mille Giorni. È per questo che è oggetto di trattativa tra le correnti il documento che la minoranza di Orlando e Emiliano vuole presentare in direzione. Un testo, spiegano fonti di minoranza, che chiede di costruire una coalizione su 5 punti: il lavoro, senza più riferimenti ad una riflessione sul jobs act, l’ambiente, la tassazione, la scuola, gli investimenti. Un testo generico che invita Renzi a guardare al futuro e non al passato per aprire agli ex dem di Bersani e D’Alema. Ma il segretario avrebbe chiesto alla minoranza di non presentare l’odg assicurando di fare suoi i punti nella sua relazione in direzione. Renzi, ma anche Dario Franceschini, vuole evitare conti in direzione e punta a convincere tutti con il suo intervento che, come sempre, sarà votato alla fine della riunione.

Che succederà a sinistra

Nei prossimi giorni si capirà se davvero Falcone (considerata vicina a D’Alema) e Tomaso Montanari sono su posizioni divaricanti tra loro, quali reazioni avrà Rifondazione comunista, il pezzo più organizzato e numeroso a sinistra; come e in che direzione cercherà di utilizzare l’assemblea nazionale del Brancaccio di domenica prossima. Per ora sta lavorando perché essa si svolga regolarmente; non sia fatta saltare o sia del tutto prefigurata da qualcun altro. Ma la rottura potrebbe essere dietro l’angolo sebbene esistano, in quel partito, settori che vorrebbero correre, magari con una propria lista, sotto la leadership dell’ex presidente del Senato. Il 2 dicembre anche Eurostop (svaporate ormai le velleità di fiancheggiare i grillini) potrebbe tirare le somme politiche sulla fase e stabilire se resterà in finestra anche stavolta e tre sigle dell’estrema sinistra (Sinistra anticapitalista, Pcl e Scr) si vedranno in settimana «per una valutazione comune della situazione politica che si sta producendo a sinistra e per verificare la possibilità di intervenire in modo unitario per la costruzione di una vera lista di alternativa e di classe nelle prossime elezioni». Lo spazio politico a sinistra del Pd e del listone potrebbe rivelarsi decisamente affollato.

Ci sono anche le regionali. Ad esempio nel Lazio…

Intanto a Roma decine di esponenti di associazioni, comitati, organizzazioni sindacali e delle forze politiche si sono ritrovati ieri per dare vita a un nuovo soggetto politico di sinistra. L’unione di esperienze diverse è la base fondativa del «quarto polo» che ha l’obiettivo di presentarsi alle prossime elezioni regionali del Lazio. Nell’incontro, spiegano gli organizzatori, si è costruita la base per «un progetto e un programma di sinistra, aperto, largo e inclusivo ma determinato nell’essere alternativo alle politiche del Pd di Zingaretti e del Movimento 5 Stelle e contrapposto alle politiche di tutte le le destre». L’assemblea si è riconvocata per la metà del mese di dicembre. Sono intervenuti, fra gli altri Fabrizio Modoni della segreteria romana di Sinistra Italiana, Ferruccio Nobili dell’Altra Europa, Maurizio Fabbri segretario regionale di Rifondazione Comunista. Era presente anche Stefano Fassina, consigliere comunale di Sinistra per Roma.

 

Sinistra, troppo Grasso ha saturato il Brancaccio

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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