Dall’annullamento del Brancaccio alle reazioni fredde del centrosinistra verso Renzi. Nota politica di un lunedì rovente

di Giulio AF Buratti

L’annullamento dell’assemblea del Brancaccio da parte dei due portavoce-proprietari, Falcone e Montanari, non è l’unico fatto politico di rilievo del giorno. Renzi, infatti, non ha convinto i bersaniani a coalizzarsi e deve incassare anche la freddezza di Pisapia.

La notizia dell’annullamento dell’assemblea prevista per il 18 porta con sé l’amarezza di Maurizio Acerbo, il segretario del Prc, l’auspicio di Ferrero, il suo predecessore, per una lista della sinistra antiliberista e l’urgenza di Eleonora Forenza, eurodeputata di Rifondazione nell’Altra Europa: nessun rimpianto, vediamoci subito. Un appello rivolto a chi aveva creduto nel Brancaccio, percorso ambiguo fin dalla prima, il 18 giugno, sia a chi ne era restato ai margini o proprio fuori proprio per l’allergia a quei settori di ceto politico che per un paio di decenni hanno costruito e imposto l’impalcatura liberista della guerra e dell’austerità e che ora provano a dipingersi come il nuovo che avanza. Tra le reazioni colpisce particolarmente efficace quella di Sandro Medici, ex direttore del manifesto, per dieci anni minisindaco a Cinecittà, e primo dei non eletti alle scorse comunali con Sinistra per Roma: «Mdp-Si-Possibile, sgombrati da ogni impaccio dialogico, liberati dal fingersi disponibili e accoglienti, hanno già definito le loro geografie spartitorie. Incorreggibili. Inguaribili. Inguardabili. Ipocriti e infingardi». Ma Falcone e Montanari distribuiscono pesci in faccia a 360°, annacquando così le responsabilità, e annunciando, così scrive Anna Falcone: «Noi andiamo avanti senza i partiti. Con “Democrazia e Uguaglianza”. I comitati locali saranno liberi di decidere in autonomia e rigettando ogni tentativo di occupazione».

Nelle prossime ore si sveleranno meglio gli scenari della costruzione eventuale di una vera lista alternativa indisponibile, prima e dopo le elezioni a fiancheggiare il terrorismo liberista del Pd.

Tra i nostalgici del centrosinistra continua invece la querelle con Renzi: «Dov’è l’apertura sulla leadership? Dov’è la svolta sull’agenda?». Pressoché unanime nella cordata che punta su Grasso il giudizio sul discorso fatto da Matteo Renzi in direzione Pd: non c’è nessuna novità sostanziale che permetta di aprire un tavolo «vero» sulla coalizione. Dunque, Mdp Si e Possibile vanno avanti tutta nella creazione di un nuovo soggetto che, con la leadership di Pietro Grasso e il contributo di personalità come Laura Boldrini, possa ambire a un profilo di «centrosinistra civico», non una «ridotta di sinistra». E se Giuliano Pisapia tace, fonti di Campo progressista fanno trapelare la loro freddezza per la «mancata svolta» del segretario Pd. «L’apertura di Renzi alla coalizione era il minimo sindacale, ma registriamo con freddezza che non c’è nessun fatto politico nuovo sui contenuti, la condizione del Paese e la discontinuità che abbiamo sempre chiesto. Anche sullo ius soli, siamo alla solita dichiarazione di principio», ragionano in serata da Campo progressista. L’appello unitario di Pisapia, osservano, è caduto nel vuoto.

E il leader Dem ha aperto ad Ap, rispondendo picche al vero paletto posto dall’ex sindaco alla composizione della coalizione: «Dentro non ci può stare né il vecchio né il nuovo centrodestra». Per ora Pisapia sceglie di tacere e resta aperto un estremo canale di dialogo, ma cresce dentro Cp lo scetticismo espresso domenica dagli applausi a Boldrini quando ha affermato che «non ci sono più le condizioni per un’alleanza col Pd». «Un pezzo di Campo progressista è già con noi», dicono i bersaniani. Mdp, Si e Possibile vanno avanti verso l’appuntamento del 2 dicembre, quando terranno a battesimo la lista unitaria che ambisce a farsi il più larga possibile e avere dopo le elezioni voce in capitolo (magari anche in un dialogo con il M5s, dice qualche esponente). La direzione Dem, osservano, è servita solo a compattare il Pd, «dove si sta già trattando tra le correnti – sibila un senatore – per i posti in lista». E ancora: «Fassino mediatore? Dice tanto su quanto siamo distanti…».

Quanto allo stop del Brancaccio all’ingresso nella lista unitaria, il commento è: molti dei loro ci voteranno. In mattinata Renzi incontra al Nazareno Emma Bonino, il segretario di Radicali italiani Riccardo Magi e Benedetto Della Vedova, di Forza Europa. Con loro si apre un canale di dialogo, ma i Radicali sottolineano che è solo l’inizio di un percorso e l’esito non è scontato. Intanto, a partire dalla raccolta delle pre-firme, si va avanti nella costruzione di una lista europeista che potrebbe correre alle elezioni da sola. La leader radicale, che non si candiderà ma che negli auspici del Pd potrebbe essere presente con il nome sulla scheda, ha chiesto una discontinuità sulle politiche migratorie e un impegno su temi come lo ius soli e il biotestamento, ma anche in questo caso il discorso di Renzi non ha soddisfatto.

 

E Renzi non convince più nemmeno Pisapia

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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