Francesco Cecchini

Il Sahara Occidentale è un territorio diviso in due dalla struttura repressiva più grande della storia dell’umanità, una spaventosa barriera lunga 2.700 chilometri, costeggiata da oltre tre milioni di mine e controllata a vista da 140.000 soldati marocchini. Questo muro militare separa i sahrawi che vivono sotto loccupazione marocchina da quelli dei campi profughi al confine occidentale con l’Algeria. L’organizzazione britannica per la difesa dei diritti umani del popolo del Sahara Occidentale, Adala UK, ha ultimamente denunciato il governo marocchino per le condizioni deplorevoli di detenzione dei prigionieri politici e violazione dei loro diritti fondamentali. Una crudeltà si afferma nella denuncia. Quarantadue annni fa la monarchia del Marocco organizzò la marcia verde. Il 7 novembre 1975 350.000 marocchini attraversarono la frontiera per occupare il Sahara occidentale. Sotto la pressione di questa azione, la Spagna firmò il 14 novembre 1975 un accordo con il Regno del Marocco e la Mauritania e cedette l’ex colonia. La Mauritania nel 1979 rinuncio alla sua porzione di Sahara Occidentale. Nel 1979, l’assemblea generale dellONU riconobbe il Fronte Polisario come rappresentante legittimo del Popolo Sahrawi e domandò al Regno del Marocco di mettere fine alloccupazione del territorio del Sahara Occidentale. Un Piano di pace venne stabilito nel 1991 dall’ONU con l’accordo dell’ Organizzazione per l’Unità Africana, OUA. Fu accettato e firmato dalle due parti in conflitto, il Fronte Polisario e il Regno del Marocco. Questo piano stabilì l’organizzazione di un referendum di autodeterminazione da farsi all’inizio del 1992. Da allora per ben 26 anni la monarchia marocchina si rifiuta di adempiere all’accordo per il referendum e continua a occupare e a saccheggiare il Sahara Occidentale. L’ultima dichiarazione delle Nazioni Unite a favore della risoluzione del 1991 della situazione è stata presa nell’aprile di quest’anno, quando il Consiglio di sicurezza ha ribadito il suo “impegno ad aiutare le parti a raggiungere una soluzione politica giusta, duratura e reciprocamente accettabile che preveda la libera determinazione del popolo del Sahara occidentale”. Inoltre nel 1991 è stata creata la Missione delle Nazioni Unite per il referendum del Sahara occidentale (Minurso) che da allora ha confermato ogni anno il suo impegno a mantenere il referendum.
La popolazione sahrawi che vive nella parte del Sahara Occidentale sotto loccupazione marocchina continua a subire gravi violazioni delle sue libertà e dei diritti fondamentali: scomparse forzate, esecuzioni sommarie o extragiudiziali, arresti arbitrari, torture, processi da tribunali militari, attentati alle libertà di associazione, di manifestazione, di espressione, attentati ai diritti culturali. Sono 150.000 i sahrawi che vivono nei campi dei rifugiati autogestiti nel sud algerino, in attesa di poter esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione. Il clima ostile del deserto rende la loro vita estremamente difficile. Laiuto internazionale fornisce loro un paniere alimentare, calcolato su bisogni demergenza, ma insufficienti a lungo termine. Così, malgrado i grandi sforzi dei Sahrawi stessi, la popolazione soffre di carenze e di malattie causate dalla situazione. I giovani Sahrawi crescono senza prospettive per il futuro, malgrado il livello elevato della scolarizzazione.
Il re del Marocco e il suo governo non reprimono solo il popolo saharawi, ma anche quello marocchino. Sono 50 i detenuti politici di Hirak, il movimento di protesta nato nel Rif, regione del Nord del Marocco. Sono sparsi in tutte le prigioni del paese Il trattamento è simile a quello che subiscono i prigionieri saharawi. 35 di loro sono in sciopero della fame. La scintilla fu la morte di un pescatore di Hoceima, Mohcine Fikri. Hoceima si presenta silenziosa e inaccessibile. I quattro posti di blocco della polizia sulla strada controllano scrupolosamente i documenti di tutti i passeggeri degli autobus in arrivo nella città. L’isolamento dell’area è parte delle politiche attuate dal Re e dal Governo per reprimere il movimento di protesta e di opposizione. Nel Rif disoccupazione, corruzione, mancanza di investimenti, stanno marginalizzando la regione, le industrie ittiche sono state spostate ad Agadir e l’unica produzione è quella del kif, di cui il Marocco è il maggior produttore ed esportatore. Gmira Abdeldi il Segretario Generale del C.G.T. così spiega la situazione: Ciò che sta avvenendo non è frutto del presente, il Rif esisteva già. I fatti di questi mesi sono una conseguenza del movimento del 20 febbraio, chiamato generalmente primavera araba, e prima ancora della storia coloniale della regione. Da una parte le televisioni di Stato mentono dicendo che i riffiani chiedono l’indipendenza, dallaltra rendono particolare un caso che in realtà coinvolge tutto il Marocco. Il Rif è il Marocco. Nelle periferie di Casablanca, Rabat, Tangeri e Fez le scene di disagio sociale fanno parte del panorama marocchino.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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