A man attends a protest against the government of Venezuelan President Nicolas Maduro in Caracas on February 23, 2014. A total of 25 people were injured overnight during clashed between opposition groups and police in eastern Caracas. On Saturday the lasgest opposition rally had taken place after almost three weeks of students protests, which left ten people killed. AFP PHOTO/ Raul Arboleda (Photo credit should read RAUL ARBOLEDA/AFP/Getty Images)

 

 

di Mark Weisbrot

Il 3 novembre il presidente venezuelano Maduro ha proposto un incontro con i creditori il 13 novembre a Caracas per discutere della ristrutturazione del debito pubblico venezuelano. L’8 novembre l’amministrazione Trump ha reagito avvertendo gli obbligazionisti statunitensi che partecipare all’incontro li avrebbe resi colpevoli di violazione delle sanzioni economiche statunitensi contro il Venezuela. Tale violazione può essere punita con trent’anni di carcere e fino a 10 milioni di dollari di multe nel caso di aziende.

Poi giovedì l’amministrazione ha aggiunto altri dieci dirigenti venezuelani alla lista delle persone sottoposte a sanzioni statunitensi. I nuovi bersagli hanno incluso dirigenti eletti e anche il capo del principale programma di distribuzione alimentare del governo.

Le sanzioni violano la carta dell’Organizzazione degli Stati Americani (Capitolo 4, articolo 19) e altri trattati internazionali sottoscritti dagli Stati Uniti.

E’ importante comprendere sia il contesto sia gli effetti voluti (e anche probabili) delle azioni dell’amministrazione Trump. Con l’incoraggiamento del senatore della Florida Marco Rubio e di altri Repubblicani, Trump ha cercato di contribuire a rovesciare il governo eletto del Venezuela. Dopo che quattro mesi di violente manifestazioni di piazza non sono riusciti a conseguire tale obiettivo (e hanno anche alienato gran parte della popolazione venezuelana) la maggior parte dell’opposizione venezuelana ha scelto di partecipare alle elezioni governatoriali del 15 ottobre.

La principale e più affidabile società di sondaggi filo-opposizione, Datanalis, aveva previsto una vittoria schiacciante dell’opposizione con 18 governatori. Il risultato, tuttavia, è stato l’opposto: il partito al governo, il PSUV (socialista), ha vinto 18 su 23 competizioni.

Anche se pare ci siano dei totali falsi dei voti che hanno fatto oscillare una competizione a governatore testa a testa (nello stato di Bolivar) – e ciò andrà indagato – gli altri risultati non sono in discussione e sono stati accettati dalla maggior parte dell’opposizione. Ci sono varie spiegazioni del risultato a sorpresa, ma la più credibile e importante risulta incentrata sull’astensione dell’opposizione dal voto e da un’affluenza superiore al previsto di elettori filogovernativi. Probabilmente ha aiutato il governo una distribuzione migliorata del cibo.

Una cosa che sembra aver colpito l’opposizione è stata il suo appoggio alle sanzioni di Trump. Secondo Datanalisis i venezuelani erano contro le sanzioni con un margine del 61,4 contro il 28,5 per cento; e tra gli elettori non allineati più del settanta per cento era contro.  Inoltre il 69 per cento voleva che opposizione e governo riavviassero un dialogo. La strategia di cambiamento del regime era fallita.

Ma l’amministrazione Trump ha deciso per il raddoppio sia quanto al cambiamento di regime sia quanto alle sanzioni. La strategia risulta consistere nel prevenire una ripresa economica e nell’aggravare le scarsità (che includono farmaci e beni alimentari essenziali) in modo che i venezuelani scendano di nuovo in strada e rovescino il governo.

Le sanzioni di Trump vietano esplicitamente nuovi prestiti. Ciò per garantire che il Venezuela non possa fare ciò che fa la maggior parte dei governi riguardo al proprio debito, cioè “rinnovare” il capitale sottoscrivendo nuovi prestiti per rimborsare il capitale quanto un titolo scade. Ad esempio, la settimana scorsa il governo ha dovuto arrabattarsi per rimborsare 1,2 miliardi di dollari di capitale di titolo della PDVSA [compagnia petrolifera statale] per evitarne l’insolvenza. (Anche se il Venezuela non può indebitarsi oggi sui mercati internazionali forse potrà farlo nel futuro prevedibile).

Le sanzioni rendono anche più difficile o impossibile la ristrutturazione del debito. In una ristrutturazione del debito i rimborsi di capitale e interessi sono rimandati a un futuro, e i creditori ricevono nuovi titoli, cosa che le sanzioni vietano esplicitamente. Oggi l’amministrazione Trump sta persino minacciando i negoziati di una ristrutturazione, sotto il pretesto che il capo dei negoziatori, il vicepresidente Tareck El Aissami e il ministro dell’economia, Simon Zerpa, sono stati sanzionati, rispettivamente, per presunti traffici di droga e corruzione. L’amministrazione Trump non ha prodotto alcuna prova di tali accuse.

La dichiarazione del Tesoro statunitense del 9 novembre giustifica l’attacco a dirigenti eletti a causa di “numerose irregolarità che suggeriscono con forza che frodi abbiano aiutato il partito al governo a conquistare in modo inatteso una maggioranza dei governatorati”. Questa è un’invenzione e ricorda le elezioni presidenziali venezuelani del 2013, quando Washington fu l’ultimo governo a riconoscerne il risultato. In quella gara un’analisi statistica delle verifiche del giorno delle elezioni mostrò che le possibilità di ottenere il risultato ufficiale, se il vero risultato fosse stato una vittoria dell’opposizione, erano meno di una su 25.000 trilioni.

Ma è di questo che si tratta nei tentativi di cambiamento di regime: delegittimazione (se i risultati elettorali non sono quelli sperati, devono essere dichiarati fraudolenti) e strangolamento economico.

Naturalmente il governo venezuelano dovrà attuare alcune serie riforme economiche – innanzitutto l’unificazione del rapporto di cambio e altri misure per ridurre il tasso d’inflazione che sta superando il 1.000 per cento l’anno – se dovrà esserci una ripresa economica. Ma il prezzo del petrolio è salito del 33 per cento rispetto a un minimo a giugno e nonostante il declino della produzione di petrolio le esportazioni venezuelane sono in aumento del 28 per cento rispetto all’anno scorso (stima dei primi otto mesi di Torino Capital).

Trump e i suoi alleati nella UE e nei governi di destra in Argentina e Brasile, nonché il fanatico Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OAS), vogliono assicurarsi che una ripresa economica non abbia mai luogo. E nonostante tutto il loro blaterare di diritti umani e di democrazia, non è una strategia pacifica quella che stanno promuovendo nel prendere misure per accrescere le sofferenze dei venezuelani nella speranza di provocare il rovesciamento del governo. Questa non è “promozione della democrazia”. E’ cambiamento di regime, con ogni mezzo necessario, come Trump, nel suo solito modo burrascoso, ha chiarito quando ha minacciato un intervento militare contro il Venezuela.

Mark Weisbrot è condirettore e cofondatore del  Center for Economic and Policy ResearchE’ coautore con Dean Baker di “Social Security: The Phony Crisis”  [Previdenza sociale: la crisi fasulla] (University of Chicago Press, 2000) e ha scritto numerose ricerche sulla politica economica. E’ anche presidente di Just Foreign Policy

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/doubling-down-on-sanctions-for-venezuela/

Originale: Alternet

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

A man attends a protest against the government of Venezuelan President Nicolas Maduro in Caracas on February 23, 2014. A total of 25 people were injured overnight during clashed between opposition groups and police in eastern Caracas. On Saturday the lasgest opposition rally had taken place after almost three weeks of students protests, which left ten people killed. AFP PHOTO/ Raul Arboleda (Photo credit should read RAUL ARBOLEDA/AFP/Getty Images)

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

Un pensiero su “RADDOPPIO DELLE SANZIONI CONTRO IL VENEZUELA”

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