Per la prima volta dal 1949, una coalizione di maggioranza non sarà realizzata. L’appello del presidente federale Steinmeier alle parti perché ognuno si prendesse le proprie responsabilità, è svanito e la sonda Jamaika ha fallito l’attracco. Una situazione senza precedenti che apre a molteplici soluzioni e a svolte storiche.

di Lorenzo Carchini

Nella notte, infatti, il leader dei liberali FDP, Christian Lindner, ha annunciato l’uscita dai colloqui. Così si è consumata la troppa differenza che ha di giorno in giorno allontanato Verdi, liberali e la CSU bavarese in materia di immigrazione, sul tema del ricongiungimento familiare. Troppi attori, con storie diverse, o con prossime elezioni in territori “chiave” (la CSU in Baviera), hanno segnato un momento nuovo nella vita politica di Angela Merkel, all’atto pratico davanti al suo secondo fallimento politico in materia di alleanze. Era già successo tra 2009 e 2013, ancora una volta con i liberali che avevano impantanato l’alleanza nero-gialla nelle proprie dispute interne.

Un brutto colpo, in particolare se dovesse rimanere ferma la convinzione della SPD a non formare una nuova Grosse Koalition, magari a breve scadenza in vista di nuove elezioni. Attirare la socialdemocrazia fuori dal suo ruolo di opposizione autoimposto, come una chiamata di responsabilità verso il paese pare abbastanza difficile e soltanto una nuova mediazione del presidente federale, potrebbe smuovere la situazione.

Proprio Steinmeier ha adesso un ruolo decisivo, in base all’articolo 63 della legge fondamentale (Grundgesetz), ma quali opzioni ci sono sul tavolo?

Prima di arrivare ad un altro tentativo di alleanza, magari per un governo di minoranza (una novità nel solido panorama politico tedesco), il nuovo Bundestag dovrebbe essere sciolto, magari attraverso un voto di fiducia. Una situazione che, come avvenne con all’epoca degli ex cancellieri Willy Brandt, Helmut Kohl e Gerhard Schroeder, porterebbe a indire nuove elezioni.

Tuttavia, lo scioglimento parlamentare può avvenire soltanto dopo l’elezione del Cancelliere. A stabilirlo è proprio l’articolo 63, che prevede uno scenario nel quale il Presidente federale presenta una proposta al Parlamento, in modo da poter stabilire l’elezione alla Cancelleria. In eventuale mancanza della maggioranza richiesta di tutti i parlamentari, l’elezione potrebbe essere ripetuta già entro quattordici giorni.

Entro una settimana, il Presidente Steinmeier dovrà prendere una decisione. Può nominare Cancelliere la Merkel o sciogliere il Bundestag, con eventuale rielezione entro sessanta giorno.

Secondo la situazione attuale, però, difficilmente nuove elezioni chiarirebbero la situazione politica del paese. A confermare questa sensazione sono i sondaggi d’opinione emersi recentemente, secondo i quali una nuova tornata elettorale non cambierebbe in modo significativo gli equilibri di potere in parlamento.

Tutte le parti della cosiddetta Jamaika sono responsabili di quanto accaduto. Anche perché i sondaggi mostravano come, al netto di un calo di Angela Merkel, FDP e Verdi potevano con una giusta strategia diventare il partito trascinatore nell’alleanza.

Anche questo, nel corso delle discussioni, ha portato ad un clima da “all in”, con paure ed ambizioni che hanno preso il sopravvento sulla volontà di creare un governo federale stabile e capace di dialogare con l’Europa, mantenendo il ruolo guida e quello di principali interlocutori per il vasto progetto continentale del presidente francese Emmanuel Macron.

La costellazione nera e gialla si è invece offuscata ancora una volta, mostrando come il partito liberale abbia una fondata tendenza ad affidarsi principalmente a sé stesso, non diversamente dall’AfD. Anche i Verdi fanno ora i conti con una base parzialmente più rossa, in particolare nel cuore delle associazioni giovanili, tutt’altro che unite. Gli aghi della bussola politica verde, i Green Youth e Young Union, puntano in direzioni opposte con fratture che perdurano dalla prima esperienza esplorativa nero-verde del 2013.

Si aprirà ora un dibattito pubblico, in relazione a quanto rapidamente potrebbero arrivare le nuove elezioni, con la consapevolezza che prima queste avverranno, più le attuali posizioni saranno confermate.

A sinistra, particolarmente complessa è la posizioni della SPD. Uscita con le ossa rotte dalle elezioni, dirà di sì ad un nuovo incarico di responsabilità per formare un governo? Finora, i socialdemocratici si sono scatenati contro i partiti “giamaicani”, cercando di riguadagnare una posizione a sinistra dello scacchiere, ampiamente compromesso con la Grosse Koalition (“Groko”), al fine di formare un polo d’opposizione forte, dando seguito alla decisione post-voto di rinunciare a qualsiasi nuovo ufficio ministeriale sotto la Cancelliera Merkel.

Dopo la cancellazione della Jamaika, con la fuoriuscita della FDP, certo la pressione pubblica rischia di aumentare, spingendo per un ripensamento del leader Martin Schulz. “Con oggi termina la cooperazione con l’Unione (CDU, ndr)”, aveva detto la sera delle elezioni alla Willy Brandt House, meno di un’ora dopo la chiusura dei seggi che col 20,5% avevano punito la condotta compromissoria del partito.

Dire di no alla Groko significava ristabilire la frattura interna con i leader più radicali della SPD: Andrea Nahles ed il sindaco di Amburgo Olaf Scholz. Una posizione che significa unione interna e rinnovata verginità esterna. Tuttavia, questa improvvisa mancanza di prospettiva nella politica tedesca rischia di rompere il percorso interno. Mantenere ora la Merkel al potere, con un ruolo di custode in carica, di fatto mantiene in essere la struttura della precedente coalizione. Ebbene, i socialdemocratici governano ancora, pur non prendendo decisioni politiche. Il ministro degli esteri Sigmar Gabriel è attualmente impegnato in missione diplomatica a Myanmar ed il suo ruolo – come quello alla famiglia e lavoro di Katarina Barley, all’ambiente di Barbara Hendricks, alla giustizia di Heiko Maas e all’economia di Brigitte Zypries – rimarrà attivo fino ad anno nuovo.

Fare opposizione dura, richiederebbe ora il ritiro dalle cariche di tutti componenti del partito, aumentando così una pressione per la CDU e la Merkel che diventerebbe insopportabile, al tempo stesso, però, la socialdemocrazia teme una nuova elezione del Bundestag, che non potrebbe che confermare o addirittura indebolire la posizione del partito nello scenario nazionale.

A otto settimane dal voto, l’Spd non ha guadagnato neanche un punto percentuale sui sondaggi. Inoltre non è affatto sicuro che Schulz abbia voglia di ripresentarsi alle urne col rischio di un’ulteriore bocciatura, né i Nahles, gli Scholz o il fresco primo ministro della Bassa Sassonia Stephan Weil, sono in grado di invertire la tendenza. Così, le conseguenze del naufragio della Jamaika non si limitano ai potenziali partecipanti, ma anche ai possibili nuovi invitati.