Come recita un antico adagio: la mamma dei creativi è sempre incinta. A me piace guardare le pubblicità: mi pare raccontino quello che siamo meglio di molti altri generi letterari.
Da qualche giorno vedo la réclame di una onlus che cerca sostegno economico per finanziare le proprie campagne a favore dei poveri in Italia, perché “nel nostro paese nessuno deve conoscere la fame”. Non conosco quell’associazione e non ho motivo per dubitare che il loro lavoro sia utile e prezioso e quindi che i soldi che doneremo saranno impiegati nella maniera giusta. Ma credo sia significativo quell’insistere durante tutto lo spot sul fatto che gli aiuti sono destinati ai poveri inItalia.
Quante volte abbiamo sentito dire: con tutti i problemi che ci sono qui, perché dovremmo aiutare quelli là? E “quelli là” sono di volta in volta le donne e gli uomini dell’Africa o dell’Asia o dell’America latina. Questo spot offre finalmente una risposta: i poveri in Italia ci sono, dacci i soldi che noi li aiutiamo. Una sorta di leghismo della solidarietà che, secondo quell’associazione e quei creativi, dovrebbe smontare l’alibi di chi non vuol donare agli “altri”, di chi dice che che ci sono altre priorità. Non so quanto questa campagna sia efficace – mi auguro per quell’associazione che lo sia – ma francamente credo che quelli che non donano per le campagne di solidarietà internazionale non lo faranno neppure questa volta. Perché ci sarà sempre un nuovo alibi.
Lo spot racconta la vicenda di Mauro, un clochard come dicono quelli che parlano bene, uno dei tanti che per qualche motivo si è ritrovato in mezzo a una strada. Quelli che cercano una ragione per non tirare fuori neppure un centesimo troveranno subito una giustificazione per la loro grettezza: ma questo Mauro poi come mai si è ridotto così? e non potrebbe cercarsi un lavoro? E poi arriva la madre di tutte le scuse: gli italiani sono così, preferiscono chiedere l’elemosina che lavorare. E questo lo dicono gli stessi che due minuti prima, quando è passato lo spot di Emergency o di Amref, in cui i poveri sono stranieri, hanno detto che bisogna aiutare prima gli italiani.
Alibi in italiano è un sostantivo, ma è una parola presa di peso dal latino: in quella lingua l’avverbio alibi significa in un altro posto. Spesso quando c’è da aiutare gli altri, quelli che per colpa loro o per mera sfortuna o per nostra responsabilità – la maggioranza dei casi – sono in difficoltà, noi siamo da un’altra parte. O forse sono i poveri – italiani o stranieri poco importa – che noi vogliamo sempre che stiano da un’altra parte.

 

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy