Ankara. Nell’aula bunker di Sincam, dove sono alla sbarra i dirigenti del partito di sinistra filo-kurdo Hdp, è stato perfino impedito l’accesso al deputato italiano di Mdp Arturo Scotto. Intanto il leader curdo Demirtas rischia una condanna a 142 anni di detenzione

Continueranno a restare in carcere Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag, i due leader del partito filocurdo Hdp, nonostante siano ormai 400 i giorni trascorsi dietro le sbarre. Mercoledì i giudici avevano confermato il carcere per la Yuksekdag, ieri la corte penale di Ankara ha disposto la continuazione della detenzione anche per Demirtas.

Un’udienza, quella tenuta nella prigione di Sincan, che ha rivelato tutte le storture di un processo che gli avvocati continuano a denunciare come politicamente pilotato e come «perfettamente in linea con le politiche genocide nei confronti del popolo curdo».

Demirtas è accusato di aver «guidato e fatto campagna per un’organizzazione terroristica» e di «incitamento pubblico all’odio e al crimine». Rischia fino a 142 anni di carcere, ma nonostante questo non era presente in aula. I giudici hanno disposto la sua permanenza in cella per «ragioni di sicurezza», chiedendo che presentasse la sua testimonianza attraverso il sistema audiovisivo a distanza «Segbis».

Una richiesta rigettata da Demirtas e che gli avvocati hanno bollato come una palese violazione dei diritti di difesa in sede processuale, dal momento che l’imputato è perfettamente in grado di partecipare all’udienza.

Il co-leader Hdp si è appellato alla corte con una lettera di dodici pagine: chiede che gli venga concesso di difendersi di persona e in presenza di tutti i suoi legali, familiari, rappresentanti nazionali e locali di partito, osservatori e parlamentari internazionali.

I giudici infatti, che per le già citate ragione di sicurezza avevano ordinato di spostare l’udienza dal tribunale di Sihhiye alle più piccole sale della prigione di Sincan, hanno negato per il secondo giorno consecutivo l’ingresso in aula a osservatori e attivisti, che in centinaia si erano riuniti per assistere al dibattimento.

Tra costoro anche Arturo Scotto, deputato Mdp, che racconta di una situazione inquietante fuori dal carcere: «I poliziotti in assetto antisommossa ci hanno accolti con gli idranti puntati, dai megafoni ci ordinavano di andarcene. Alcuni attivisti hanno cominciato a ballare pacificamente in segno di protesta, ma la minaccia di una carica della polizia li ha fatti desistere, convincendo anche noi a tornare alla sede del partito Hdp. Una rete di migliaia di avvocati volontari è impegnata nel processo. Noi dobbiamo riportare la questione della violazione dei diritti umani in Turchia nell’agenda dei parlamenti nazionale ed europeo. Lo faremo il 13 dicembre, quando Gentiloni verrà in aula. È tempo che si cominci a parlare di sanzioni».

Intanto in aula gli avvocati si sono appellati ai giudici: «Attraversiamo la peggiore epoca per la nostra repubblica. Il potere politico interviene sul potere giudiziario deputato a preservare l’ordine nazionale. Dovete mostrare coraggio».

I legali hanno denunciato la natura politica degli oltre 30 procedimenti aperti a carico del leader dell’Hdp arrestato il 4 novembre 2016, anche se «fino allo scorso giugno le indagini non risultavano neppure ufficialmente avviate». A procrastinare ulteriormente l’avvio del processo aveva contribuito la disputa tra i tribunali 2° e 10° di Ankara sulle rispettive competenze giuridiche e sulla possibilità, poi scartata, di riunire in un unico filone processuale i fascicoli a carico di Demirtas.Tre giorni prima dell’udienza, alcuni ladri avevano fatto irruzione nella sede dei legali di Demirtas e rubato tre computer, abbandonandone due per strada e tenendo uno: quello che conteneva la memoria difensiva del co-leader Hdp.

I mesi intanto passano ed i giudici hanno rinviato l’udienza di Demirtas al prossimo 14 febbraio e al 20 febbraio l’udienza della Yuksekdag, che ha già ricevuto condanne cumulative per oltre quattro anni di carcere e ne rischia altri dieci.

A confermare il crack giudiziario sul partito, la procura di Ankara ha avviato le indagini a carico di altri 19 parlamentari Hdp che il 2 maggio 2016 protestarono uscendo dall’aula della commissione costituzionale, dove si stava discutendo la proposta legislativa di rimozione dell’immunità parlamentare. Saranno tutti a chiamati a processo per «propaganda a favore di un’organizzazione terroristica».