Di Roberto Savio

 

Tra le molte attività redditizie di Bloomberg, c’è un comodo Indice dei miliardari di Bloomberg, che ha pubblicato i suoi risultati per il 2017.

Questo indice riguarda soltanto le 500 persone più ricche e annuncia con orgoglio che hanno accresciuto la loro ricchezza di 1 trilione di dollari soltanto in un anno.

Le loro fortune sono aumentate del 23% fino ad arrivare al piacevole massimo di 5 trilioni di dollari (per mettere le cose nella giusta prospettiva, il bilancio degli Stati Uniti è ora di 3,7 trilioni).

Ovviamente, questo significa una riduzione equivalente per il resto della popolazione che ha perduto quei trilioni di dollari.

Infatti, Forbes, la rivista per i ricchi, afferma che ci sono oltre 2000 miliardari nel mondo, e che questo numero aumenterà e aumenterà velocemente.

Cina

La Cina ha ora superato gli Stati Uniti, con 594 miliardari, se paragonati con i 535 miliardi degli Stati Uniti, e ogni tre giorni nasce un nuovo milionario. C’è anche un club esclusivo di miliardari, il China Entrepreneur Club (il Circolo cinese degli imprenditori) che ammette membri soltanto  con l’unanimità dei suoi attuali 64 membri. Insieme hanno 300 miliardi di dollari, equivalenti al 4,5% del Prodotto Interno Lordo (PIL).

Di norma, la ricchezza cinese è una faccenda di famiglia, il che significa che tra 10 anni lasceranno un’eredità di 1 trilione di dollari, molto probabilmente ai loro figli; fra 20 anni l’ammontare di ricchezza ereditata aumenterà fino a tre miliardi di dollari in 20 anni.

Sappiamo, grazie a un ampio studio dell’economista francese Thomas Piketty, che si occupa di 65 paesi nei tempi moderni, che il grosso della ricchezza proviene da denaro ereditato. Il motivo è che, come tutti sappiamo, il denaro genera denaro.

“La miseria porta miseria, la ricchezza porta ricchezza”

Di fatto, Ronald Reagan aveva iniziato la sua campagna dicendo: “La miseria porta miseria, la ricchezza porta ricchezza” – e perciò dobbiamo tassare i ricchi meno dei poveri.”

Tuttavia, la riforma fiscale di Donald Trump appena adottata negli Stati Uniti, taglia le tasse alle aziende, aumentando così il deficit degli Stati Uniti di 1,7 trilioni di dollari in 10 anni. Nessuno ha, apparentemente notato che il deficit degli Stati Uniti ammonta già a 18, 96 trilioni di dollari o a circa il 104% del PIL dei 12 mesi precedenti.

La riforma fiscale avrà un profondo impatto sull’Europa, trasferendovi molti dei costi della riforma tramite la bilancia dei pagamenti e il commercio. I cinque ministri più importanti della finanza in Europa, compresa il Regno Unito, hanno scritto una lettera di protesta, ovviamente con grande gioia del Presidente Trump che percepisce gli Stati Uniti soltanto come vincitori e tutti gli altri come perdenti.

Tutto questa incredibile quantità di denaro nelle mani di pochi (8 persone hanno la stessa ricchezza di 2,3 miliardi di persone), ci porta a tre considerazioni rilevanti: a) che cosa sta accadendo con il debito mondiale;  b) in che modo i governi stanno aiutando i ricchi a evitare le tasse; c) il rapporto tra ingiustizia e democrazia. Nessuna di queste prospettive dà spazio alla speranza e meno di tutto fiducia nella nostra classe politica.

Il debito mondiale

Iniziamo con il debito mondiale. Non mi ricordo di aver visto un solo articolo su questo argomento alla chiusura dell’anno. Il Fondo Monetario Internazionale ci ha, tuttavia avvisato: il debito complessivo del settore non finanziario è raddoppiato in termini nominali fin dalla fine de secolo, ed è di 152 trilioni di dollari.

Questo è un 225% da record del PIL mondiale. Due terzi provengono dal settore privato, e un terzo dal settore pubblico. Questo è per cresciuto dal meno del 70% del PIL dell’anno scorso, all’85%, un aumento straordinario in un periodo così breve.

Infatti il rispettabile Istituto per la Finanza internazionale stimava che alla fine del 2017 il debito globale – privato e pubblico – avrebbe raggiunto la incredibile cifra di 226 trilioni di dollari, più del triplo dell’annuale produzione economica globale…

Questo non sembra interessare nessuno. Consideriamo, però, lo stato dell’economia americana, e il caso dell’orgoglioso presidente che si vanta dell’indice di crescita, ora valutato al 2,6%.

Ebbene, questo dimostra l’inadeguatezza del PIL come indicatore valido. La crescita è un indice macroeconomico. Se l’80% va a pochi, e le briciole a tutti gli altri, coloro che pagano la maggior parte delle tasse, non è un esempio di crescita; è soltanto un problema in attesa di esplodere.

Inoltre, nessuno pensa all’aumento del deficit. Il debito totale privato alla fine del primo quarto del 2017, è stato di 14,9 trilioni, con un aumento di 900 milioni di dollari in tre mesi.

Mentre i salari sono aumentati dai 9,2 miliardi di dollari del 2014 ai 10,3 miliardi di dollari nel secondo quarto del 2017, il debito delle famiglie è cresciuto da 13,9 miliardi di dollari a 14,9 miliardi, un aumento di un miliardo di dollari in soli 4 mesi.

Crescita? Quale  Crescita?

Di quale crescita stiamo parlando? Di fatto, abbiamo l’86% della popolazione che sta affrontando un crescente debito, che sta diventando tale a causa della concentrazione di ricchezza nelle mani del solo 1% della popolazione.

Questo dovrebbe essere motivo di preoccupazione per qualunque amministrazione, che sia di sinistra o di destra. Infatti non ci sorprende che i 400 uomini più ricchi degli Stati Uniti, con a capo Warren Buffet*, abbiano scritto a Trump, dicendogli che stanno bene e che non hanno bisogno di un rimborso fiscale e che si dovrebbe preoccupare della parte più povera della popolazione.

Il denaro nascosto

Adesso un modo preferito per evitare le tasse, è  di mettere i soldi nei paradisi fiscali

dove sono ben sistemati  tra i 21 e i 30 trilioni di dollari. La rete di giustizia fiscale) riferisce che questo sistema è “fondamentalmente designato e fatto funzionare da un gruppo di specialisti molto ben pagati delle più grosse banche private del mondo (guidate da UBS, Credi Suisse,  e Goldman Sachs), di uffici legali e di società di revisione contabile ed è tollerato da organizzazioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, l’OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, e il G20.

La quantità di denaro tenuto nascosto, è significativamente aumentata fin dal 2005, evidenziando  la frattura tra i super-ricchi e il resto del mondo. Questo è il motivo per cui c’è stata moltissima pressione per obbligare le banche ad aprire i loro conti all’ispezione fiscale e a fare pressioni sulle Bahamas, Hong Kong, Panama e altri paesi del Terzo Mondo.

Adesso un altro bell’esempio dell’ipocrisia imperante: il recente incontro dei Ministri della Finanza dell’Unione Europea (Ecofin), non è stato in grado di prendere una decisione su qualcosa di nefando: vari paesi membri (Lussemburgo, Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi, Malta e Cipro) ospitano paradisi fiscali sui loro territori.

La regina di Inghilterra ha investito 10 milioni di sterline in un paradiso fiscale inglese. E due stari americani, in particolare il Delaware, hanno paradisi fiscali che sono impenetrabili anche per la CIA e l’FBI.

I paradisi fiscali come le Isole Cayman, l’Isola di Jersey (nel Canale della Manica, n.d.t.) e le Bahamas erano di gran lunga meno permissive, come hanno scoperto i ricercatori, di stati come il Nevada, il Delaware, il Montana, il Dakota del Sud, il Wyoming e lo Stato di New York.

“[Gli Americani] hanno scoperto che in realtà non avevano bisogno di andare a Panama” ha detto James Henry della Tax Justice Network (Rete di giustizia fiscale). L’Ecofin (Consiglio Economia e Finanza)** ha deciso che continueranno a colpire i paesi del Terzo Mondo fino a quando hanno decideranno  che cosa fare in patria.

E quindi l’Occidente proclama principi di trasparenza e di responsabilità, fino a quando può imporli agli altri. C’è, però, un paradosso, per i governi occidentali: se quei paradisi fiscali venissero chiusi, dato che la maggioranza dei depositi arriva dall’Occidente, sarebbero in garo di avere molte più tasse.

Facciamo soltanto l’esempio degli Stati Uniti: l’economista del College Reed, Kim Clausing, stima che l’inversione nei paradisi fiscali e altre tecniche di trasferimento del reddito, abbiano ridotto le entrate di  fino a 111 miliardi di dollari nel 2012.

Inoltre, secondo una nuova proiezione dell’Ufficio di Bilancio del Congresso,  l’erosione della base corporativa  continuerà a tagliare ricevute fiscali  nel decennio prossimo.

Deve essere perciò chiaro che se i governi fanno ridurre gli introiti delle aziende e delle grosse fonti di guadagno, non agiscono nell’interesse del cittadino medio.

“Proteggiamo  i più ricchi”

Traiamo, quindi, le nostre conclusioni. Nessuno presta oggi attenzione al debito mondiale che è sempre più fuori controllo, ma stiamo lasciando il problema alle prossime generazioni, sperando che lo affronteranno. Stiamo mettendo su di loro le ipoteche del debito, del cambiamento di clima e di qualunque cosa possibile, per evitare qualsiasi sacrificio da parte nostra adesso.

Il nostro motto sembra essere: proteggiamo i più ricchi, e che si aspetti meno da loro e di più dagli altri. Nel 1952, le imposte sul reddito delle aziende hanno finanziato il 32% del governo degli Stati Uniti. Questa cifra si è ridotta al 10,6 % nel 2015. Mentre i paradisi fiscali non sono l’unica causa di questo cambiamento, vale la pena notare che la quota de profitti delle aziende riportata nei paradisi fiscali, è aumentata di dieci volte fin dal 1980. E ora arriva da Trump il gigantesco regalo fiscale per le aziende.

Questa politica, nascosta ai cittadini, e mai legittimata da alcun formale atto legale, sta ora diventando evidente a causa del gigantesco aumento di disuguaglianza che non ha precedenti nella storia.

Secondo la Oxfam,* la gran Bretagna avrà maggiore ingiustizia sociale nel 2020 rispetto ai tempi della Regina Vittoria. Il mondo si sta muovendo più velocemente per  gli investimenti e le transazioni finanziarie  e non per la produzione di merci e di servizi che non portano ricompense immediate. Si stima che con un trilione di dollari si può comprare la produzione mondiale giornaliera di merci e servizi.

Quello stesso giorno le transazioni finanziarie raggiungono i 40 trilioni di dollari. Questo significa che per ogni dollaro prodotto  dalle mani dell’uomo, ci sono 40 dollari creati dalle astrazioni finanziarie.

Globalizzazione

La globalizzazione sta, ovviamente, ricompensando i capitali, non gli esseri umani. Ebbene, questo sta avendo un impatto sulla politica, e non il migliore.

C’è dappertutto un numero crescente di perdenti, specialmente nei paesi ricchi, anche a causa dello sviluppo tecnologico  e del cambiamento nei consumi. Un esempio classico sono le miniere di carbone che Trump vuole che risorgano, per fare di nuovo grande l’America.

Il carbone, però sta venendo inesorabilmente eliminato a causa delle preoccupazioni per il clima (anche se non sufficientemente in fretta), e l’automatizzazione riduce considerevolmente il numero di lavoratori da impiegare. Nel 2040 i robot saranno responsabili del 42% della produzione di merci e servizi, rispetto all’attuale 16%. Questo significa circa 86 milioni di nuovi disoccupati, soltanto in Occidente, secondo l’organizzazione Internazionale del Lavoro.

Coloro che vengono lasciati fuori dai benefici della globalizzazione guardano i vincitori che considerano ben collegati al sistema. Questo ha come conseguenza la globalizzazione del risentimento e della frustrazione che in pochi anni ha provocato l’aumento dei partiti di destra in tutti i paesi europei, ha innescato la Brexit e Trump. Una volta la sinistra era il portabandiera della battaglia per la giustizia sociale. Adesso è la destra!

Infine, la globalizzazione ha perduto il suo splendore, ma non il suo potere. La discussione ora è sul modo in cui de-globalizzare; la cosa preoccupante è che il dibattito non è come portare il processo al servizio dell’umanità, ma come impiegare il populismo e il nazionalismo e la xenofobia  per “fare di nuovo grande l’America”, per aumentare gli scontri e i conflitti.

Troppo tardi?

Le organizzazioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale – che per decenni hanno sostenuto che il mercato è la sola base per il progresso e che, una volta che sia a posto un mercato totalmente libero, l’uomo e la donna comune ne sarebbero i beneficiari – hanno fatto inversione di marcia.

Ora parlano tutti  della necessità che lo stato sia di nuovo l’arbitro dei regolamenti e dell’inclusione sociale, perché hanno scoperto che l’ingiustizia sociale è un freno non soltanto per la democrazia, ma anche per il progresso economico.

Malgrado, però, tutti i mea culpa, sono piuttosto in ritardo. Il genio è uscito dalla lampada e i poteri non tentano neanche di rimetterlo dentro. Totale ipocrisia, interessi acquisiti e una mancanza di visione, hanno purtroppo sostituito la politica.

Roberto Savio è il fondatore e l’ex Direttore Generale dell’agenzia internazionale  di stampa Inter Press Service (IPS).

*https://it.wikipedia.org/wiki/Warren_Buffett

**https://it.wikipedia.org/wiki/Consiglio_Economia_e_Finanza

***https://it.wikipedia.org/wiki/Oxfam

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte https://zcomm.org/znetarticle/billionaires-fiscal-paradises-the-worlds-debt-and-victims/

Originale: Human Wrongs Watch

Traduzione di Maria Chiara Starace

Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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