Una cosa che ho sempre invidiato ai compagni socialisti è che loro nel simbolo avevano il libro. So bene che rappresentava, insieme alla falce e al martello, l’unione del lavoro intellettuale con quello manuale, ma io l’ho sempre considerato anche un simbolo di riscatto e di lotta: attraverso il libro – e quindi attraverso l’educazione, la cultura, la conoscenza – gli uomini possono emanciparsi, e quel libro deve diventare uno strumento per combattere la guerra di classe e per far nascere una nuova società. Il libro è un’arma in mano al popolo.

Ho pensato a questo leggendo che cresce negli Stati Uniti l’idea di fornire di armi gli insegnanti come misura contro le stragi nelle scuole. C’è qualcosa di folle in questa proposta: come mezzo per contrastare la diffusione delle armi si aumenta il numero delle armi in circolazione. Una volta che tutti gli insegnanti saranno dotati di armi, succederà che uno di loro, impazzito per qualsivoglia motivo, deciderà di uccidere i propri studenti: si tratta purtroppo di una facile previsione. Il paradosso è che proprio nel luogo in cui dovrebbero essere i libri a essere usati come armi, questi vengono sostituiti da armi vere e proprie. E gli insegnanti dovranno dedicare parte del loro tempo non per studiare, non per aggiornarsi, ma per imparare a usare una pistola o un fucile, per tenersi in esercizio nei poligoni.

Arma deriva, attraverso il latino, dal greco antico armos, che significa omero. Non so se Stanley Kubrick pensava a questo quando girò la celeberrima scena di 2001: Odissea nello spazio in cui un ominide di fronte a un mucchio di ossa, ne raccoglie una e la fa diventare la propria arma, la prima arma dell’umanità. La spiegazione etimologica è meno poetica: semplicemente l’arma si chiamò così perché si portava alla spalla e perché in qualche modo era un prolungamento del braccio umano, che in inglese si dice arm.

Leggo anche che questa proposta sta scatenando la protesta dei giovani americani: è una bella cosa, è un segno di una timida speranza. Credo che sia nostro compito accompagnare e sostenere questa protesta, proprio in nome di quell’antica idea che considera un libro un simbolo di emancipazione e di lotta.

 

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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