Caduti da un’impalcatura, schiacciati da un muletto o da un trattore, carbonizzati nel tentativo di spegnere un incendio o avvelenati all’interno di una cisterna, i morti sul lavoro sono centinaia ogni anno, in media sono quasi tre al giorno. Morire ‘per un pezzo di pane’ è intollerabile 

Dal 2008 le denunce d’infortuni sul lavoro con esito mortale sono progressivamente diminuite. Dieci anni fa i decessi accertati dall’Inail sono stati 1.624, nel 2017 sono calati a 1.029. Dall’inizio del 2018 invece sono cresciuti del 12%, cioè sono saliti a 154 rispetto allo stesso periodo del 2017 quando i morti sul lavoro sono stati 133. Di oggi l’ultimo episodio. A Crotone due operai sono morti ed un terzo è in gravi condizioni dopo essere stati travolti dal crollo di un muro di contenimento che si accingevano a mettere in sicurezza.

Le leggi esistono e le prescrizioni previste sono stringenti, ma tutto questo non basta. Gli incidenti sul lavoro sembrano un fatto ineludibile, soprattutto se si tratta di attività precarie ed occasionali. Ed a pagare il prezzo più alto sono i lavoratori impiegati nelle mansioni più rischiose, ruoli occupati quasi sempre dai lavoratori appartenenti alle classi sociali medio – basse.

Tra i decessi di cui spesso non si sa nulla ci sono anche quelli di chi svolge un lavoro irregolare o in nero. Queste morti bianche, che non rientrano nelle statistiche, sono simili a quelle dei zolfatari rievocati nei versi di ‘Vitti ‘na crozza’, popolare canzone siciliana che esprime il lamento dei minatori deceduti nelle viscere della terra e non ritenuti degni dalla Chiese di ricevere una sepoltura cristiana (‘senza un tocco di campani’) solo perché i loro corpi non erano stati riesumati. Prassi, questa, praticata in Sicilia fino alla metà del secolo scorso.

Oggi viviamo in una società tecnologica, eppure si continua a morire per ‘un pezzo di pane’. Negli ultimi dieci anni i decessi sono stati oltre 14.000. Tutto questo è eticamente insopportabile. Non possiamo continuare ad assistere passivamente a queste tragedie. Un cambiamento radicale nella cultura del lavoro è indispensabile. Continuiamo a rincorrere il profitto dimenticando che il bene più prezioso che abbiamo è la vita. ‘Perché – come ha detto l’ex presidente dell’Uruguay, Josè Pepe Mujca – noi non siamo nati solo per svilupparci. Siamo nati per essere felici’.

Fonti: Inail.it e Osservatorio indipendente di Bologna morti sul lavoro

REDNEWS

Di Giovanni Pulvino (REDNEWS)

Insegno Scienze giuridiche ed economiche dal 1993. Dopo tanti anni di supplenze sono passato di ruolo nel novembre del 2015. In quel periodo il portale web di Tiscali dava agli utenti la possibilità di esprimersi tramite le ‘Socialnews’. Ed è cosi che nel luglio del 2012 ho iniziato a scrivere articoli raccontando le vicende dei precari storici della scuola. Per un anno ho collaborato anche con ComUnità del portale Unità.it. Successivamente, per integrare e proseguire quell’esperienza durata oltre 3 anni, ho creato REDNEWS (28 giugno 2015), un ‘blog di cronaca, informazioni e opinioni dal profondo Sud’. Il mio scopo era ed è quello di dare voce a chi è escluso dalla società, in particolare i disoccupati, i precari, i pensionati al minimo. Nello stesso tempo intendo esprimere il punto di vista di chi vive nel Meridione, terra che è regolarmente esclusa oltreché dal benessere economico anche dai circuiti d’informazione nazionali. La linea editoriale del blog può essere riassunta con le parole scritte nel IV secolo a.C. dal poeta e drammaturgo greco Sofocle: ‘L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo’.

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