Il 30 aprile 1993 – solo venticinque anni fa – il Cern mise gratuitamente a disposizione del pubblico il codice sorgente di un programma scritto qualche anno prima da un suo ricercatore laureatosi in fisica a Oxford, il britannico Tim Berners-Lee: era il codice del world wide web. Oggettivamente quel giorno ha cambiato le nostre vite.
La rete sta cambiando il nostro modo di pensare? Non lo so, non ho le competenze per rispondere a questa domanda e probabilmente per ora è impossibile avere una risposta, dal momento che la cosiddetta rivoluzione digitale è troppo recente per poter aver influito sulle caratteristiche della nostra specie. Però è un tema che mi affascina.

Io trascorro parecchio del mio tempo libero su internet: da settembre del 2009 ho un blog – che qualcuno ha perfino la pazienza di leggere – ho amici con cui parlo e condivido idee attraverso Facebook, leggo i quotidiani on line, cerco informazioni su Wikipedia, ascolto musica grazie ad Accuradio, e così via. Mi dà ancora un certo senso di ebbrezza la possibilità di avere a disposizione una massa così incredibile di notizie, di foto, di video, di poter condividere le cose che scrivo con persone che vivono in ogni parte del mondo. Sinceramente penso che senza la rete la mia vita sarebbe meno interessante: conoscerei meno persone, saprei meno cose, avrei meno opportunità.
Credo che la rete stimoli la mia intelligenza. Perché leggo di più. E scrivo di più. Anzi, grazie al blog ho anche ricominciato a scrivere a mano, con la penna su un foglio di carta. Il desiderio di mantenerlo il più possibile aggiornato e l’impossibilità di essere davanti al computer quando ho qualcosa da raccontare, mi ha spinto a recuperare la manualità dello scrivere, che lavorando avevo perduto, perché scrivevo quasi esclusivamente al computer.
Certo navigare nella rete, porta a distrarsi, a passare in maniera non sempre logica da un argomento all’altro, a scartare, più o meno consciamente, i testi troppo lunghi, a evitare gli approfondimenti. Non so se questo influisce anche in qualche modo sull’intelligenza o sulle capacità di attenzione e di memoria; forse lo scopriremo tra qualche tempo. Ma certamente è una grande fonte di opportunità. Penso che se avessi un figlio non avrei timore a insegnargli a navigare.
C’è comunque un aspetto che mi preoccupa molto. Nonostante quanto dicono molti, internet è uno strumento molto meno democratico di un libro o di un giornale. O meglio, è molto democratico per coloro che ne usufruiscono, ma comporta anche un gran numero di persone che ne sono escluse. Per accedere alla rete non serve soltanto saper “leggere, scrivere e far di conto”, ma occorre un computer, l’energia per alimentarlo e i cavi attraverso cui far passare il collegamento. Per troppe persone internet rischia di rimanere un miraggio. Dovendo rendere attuale la definizione di Marx sul socialismo che deve essere “pane e rose”, io aggiungerei anche la rete, libera, gratuita e per tutti.

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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