Vi proponiamo la seconda ed ultima parte di un interessante approfondimento sul ruolo esercitato dal Bloco de Esquerda, formazione della sinistra radicale portoghese, nella nascita del governo social-comunista che attualmente governa, con successo, il Portogallo.

La prima parte è stata pubblicata sul nostro sito la scorsa settimana.

di Alda Sousa e Adriano Campos

La discussione sul bilancio del 2018: conquiste e conflitti.

L’appoggio del Bloco al governo del Partido Socialista (PS) va incontro alla sua prima crisi seria due anni dopo la formazione del governo stesso. Nella discussione in Parlamento sul bilancio per il 2018 il Bloco propone un’imposta speciale sui redditi delle imprese d’energia rinnovabile. Non si trattò da parte del Bloco d’una proposta fatta alla leggera o all’ultimo minuto, con l’intenzione di far vedere come il PS l’avrebbe respinta. Al contrario, era stata negoziata con il governo, e in particolare con il ministro dell’Economia e della Finanze. Il venerdì 24 novembre in Parlamento il PS votava effettivamente a favore della proposta del Bloco, ma quella stessa notte il primo ministro Antonio Costa dichiarava che il Partido Socialista avrebbe richiesto una seconda votazione il lunedì. Nel corso del fine settimana, il PS fu sottoposto a pressioni molto forti da parte di quelle imprese, che minacciavano di abbandonare il Paese, e anche da parte di un suo stesso settore. Il lunedì Antonio Costa chiedeva ai deputati socialisti di votare contro. Ciò provocò, naturalmente, reazioni molto energiche da parte del Bloco il giorno stesso in Parlamento e poi nei dibattiti televisivi e nel corso di interviste. Il Bloco accusò apertamente il PS di essersi rimangiata la parola e di essere totalmente permeabile agli interessi dei capitalisti, impegnandosi a ripresentare presto la proposta.

Questo episodio ebbe luogo nel corso dell’ultima sessione per l’approvazione del bilancio per il 2018. E ciò nonostante il Bloco votò a favore. Perché? Come ha spiegato Mariana Mortágua, con il bilancio «si stanzieranno mille milioni di euro per salari, pensioni e riduzioni di imposte: questo è il motivo per cui il Bloco ha votato a favore».

L’accaduto dimostra chiaramente come il Partido Socialista sia disposto a servire gli interessi del capitale e come tutto ciò che è cambiato a partire dal 2015 sia dovuto alle pressioni del Bloco e del PCP: e cioè ai concreti rapporti di forza.

Ma questo fatto non deve nemmeno far dimenticare le conquiste contenute in questo bilancio: l’aumento del salario minimo da 537 a 580 euro; la considerevole riduzione (su proposta del Bloco) dell’imposta sul reddito per quelli più bassi; l’adeguamento delle pensioni per la prima volta dal 2009 (negli ultimi anni s’era trattato solo di eliminare i tagli voluti dalla Troika); lo scongelamento degli aumenti salariali per i lavoratori e le lavoratrici del settore pubblico, che avrà anch’esso inizio nel 2018.

Nel 2018 entrerà in vigore il nuovo regime contributivo dei lavoratori indipendenti (detto dei recibos verdes), in conseguenza di un accordo fra il Bloco e il PS raggiunto, dopo negoziati lungo tutto il 2017, dopo la votazione del bilancio.

Riguarda centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori indipendenti la cui tassazione verrà calcolata, ogni mese, sulla base di quanto hanno effettivamente guadagnato nei tre mesi precedenti, e non più sul reddito complessivo dell’ultimo anno. Inoltre, questa imposta viene portata dal 29,6 al 21,4 % e la protezione sociale per questi lavoratori diventa effettiva, con sussidi di disoccupazione, copertura dei periodi di malattia e altri provvedimenti. Il minor introito dovuto a questo provvedimento è stimato attorno ai 100 milioni di euro, ma verrà compensato da un aumento delle quote che dovrà versare il padronato. Questa riforma va incontro alle principali rivendicazioni di queste lavoratrici e di questi lavoratori, con i quali il Bloco aveva organizzato decine di riunioni.

Altro provvedimento andato positivamente in porto è quello della regolarizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori precari del settore pubblico. Nel corso dei cinque anni dell’austerità (2011-2015) gli attacchi contro i contratti del settore pubblico furono al centro delle politiche della Troika e del governo di destra. Il lavoro precario divenne la regola e proliferarono le imprese di lavoro a tempo determinato.

Fin dall’inizio di questa legislatura il Bloco s’è battuto apertamente per un programma di integrazione e di regolarizzazione di migliaia di lavoratori precari del settore pubblico, un’iniziativa inedita e senza precedenti nell’ultimo ventennio. L’iniziativa venne accolta timidamente dal PS, il programma fu soggetto a progressi e ad arretramenti: ma questa battaglia ha consentito di organizzare settori che prima si trovavano nel più completo isolamento.

Il movimento “Lavoratori temporanei statali” si è formato nel dicembre 2016, con l’obiettivo di lottare per l’inserimento di tutti i lavoratori precari dello Stato. E ne sono seguite mobilitazioni di tutti i settori del precariato: ospedalieri, lavoratrici e lavoratori tirocinanti, insegnanti del Politecnico. In tutte queste mobilitazioni il Bloco è stato presente, in modo solidale, discutendo delle varie situazioni e di come fare proposte legislative tali che «nessuno si senta abbandonato». Dal nostro punto di vista, non si trattava di trovare solo soluzioni amministrative, ma di cogliere un’opportunità perché questi movimenti si organizzassero.

Nel 2018, circa 30.000 lavoratori e lavoratrici del settore pubblico (il 7 % del totale) cesseranno di essere temporanei per diventare lavoratrici e lavoratori con pieni diritti.

Come si sta preparando il Bloco per il 2019?

Gli accordi fra il Bloco e il Partido Socialista restano in vigore per il resto della legislatura, a meno che il PS non cessi di rispettarli. Entro meno di due anni, nel 2019, vi saranno nuove elezioni generali, precedute da quelle per il Parlamento europeo. È ancora presto per poter delineare lo scenario preciso in cui si svolgeranno, e tanto meno per cercare di indovinarne i risultati. L’anno prossimo [2018] il Bloco terrà il proprio congresso e stabilirà la strategia per il 2019, nel corso di molti dibattiti. Ma una cosa è certa: ci presenteremo con le nostre liste, in modo indipendente.

Questo lavoro è già cominciato. Per il Bloco il bilancio e le politiche governative non sono per niente audaci, sono molto al di sotto delle necessità. Se il recupero salariale e delle pensioni è stato fondamentale, nel 2018 e nel 2019 si dovrà andare ben oltre: continuare nelle riforme radicali della Legge sul lavoro, della pianificazione territoriale delle aree boschive e della sanità. Si dovranno garantire investimenti nei servizi pubblici di qualità, ciò che non sarà possibile senza una rinegoziazione del debito e senza avere il coraggio di far fronte alle istituzioni europee. Ecco cosa su questi temi ha recentemente sostenuto Catarina Martins:

«L’impegno per far uscire il Paese dal regime di protettorato deve concentrarsi su due punti. In primo luogo, la ristrutturazione del debito, la nazionalizzazione dei settori strategici e una politica di bilancio anticiclica di cui ha bisogno il Paese, ciò che esige che si prenda posizione contro gli orientamenti delle istituzioni europee. Lo stesso si deve fare per quanto riguarda gli investimenti necessari nei servizi pubblici fondamentali e l’intensificazione delle misure a protezione del lavoro. Poi si deve dire apertamente che il Paese non accetterà più un programma distruttivo come quello che abbiamo subito dalla Troika, né l’imposizione di nuovi sacrifici per coloro che già hanno perso tanto con le politiche di austerità. L’imposizione di ulteriori sacrifici e della perdita di diritti in nome di una Unione monetaria presentata come un fattore di prosperità, non ha alcuna legittimità. Il progetto di integrazione europea, propinato al popolo portoghese come portatore di benefici risultati, si è rivelato un incubo spaventoso. Non ha alcun senso persistere nell’ostinazione sull’euro, se l’unica cosa che l’Unione monetaria può offrirci è un’Europa divisa. […] Non ignoro le difficoltà lungo il cammino che propongo, ma so che la storia ci insegna che fare del nostro Paese una colonia governata dalla paura è una ben triste eredità da trasmettere alle generazioni che qui vogliono vivere» [8].

Questa determinazione del Bloco si urterà a difficoltà. È pur vero che la destra politica ha subito una grave sconfitta nel 2015 e anche nelle elezioni municipali dell’ottobre 2017, dalla quale non riesce a riprendersi. Ma è anche vero che la maggior parte dei commentatori politici sono di destra, e attaccano la maggioranza parlamentare, sia dicendo che il governo socialista è stato preso in ostaggio dal PCP e dal Bloco, sia, al contrario, dicendo che Bloco e PCP stanno “svendendosi” al PS. Il principale partito di destra, il Partido Social Democrata (PSD), terrà presto un congresso per eleggere un nuovo leader [9]. E a questo proposito è interessante cosa ha recentemente detto il presidente dell’organizzazione padronale [CIP, Confederação Empresarial de Portugal], António Saraiva: «La nuova direzione del PSD dovrebbe liberare il PS dalla sua dipendenza dai partiti di sinistra». Vi può essere un miglior complimento per il Bloco (e per il PCP)?

Resta da sapere quale sarebbe il prezzo che dovrebbe pagare il Partido Socialista se decidesse di stipulare un’alleanza permanente con la destra.

http://www.sinistraineuropa.it/approfondimenti/portogallo-esperienza-bloco-de-esquerda-seconda-parte/

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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