Quando si parla di Venezuela, entrambe le ali dello spettro politico statunitense sembrano mancare di qualsiasi comprensione elementare di quel Paese.

Nel suo discorso allo stato dell’Unione del 2018, il presidente Donald Trump ha definito il Venezuela “una dittatura socialista”, mentre millantava di voler imporre gravi sanzioni economiche [in inglese] sulla nazione sudamericana. False accuse di questo genere non si limitano a provenire dalla destra. Il senatore Bernie Sanders si è spinto addirittura a definire l’ex leader democraticamente eletto del Venezuela, Hugo Chavez, un “dittatore comunista morto” [in inglese].

Un altro esempio recente è il vicepresidente americano Mike Pence, che ha dichiarato che le elezioni venezuelane del 20 maggio “non saranno altro che truffa e falsità” [in inglese]. Ma che tipo di “falsa” democrazia usa un procedimento elettorale estremamente complesso che combina un sistema basato sulle impronte digitali con un addizionale voto cartaceo, rendendo quasi impossibile truccare i numeri? Forse lui non sa che il vecchio presidente Jimmy Carter, una delle poche figure politiche USA che abbiano parlato con raziocinio sulla questione, nel 2012 aveva detto: “Il processo elettorale in Venezuela è uno dei migliori al mondo” [in inglese].

Un recente sondaggio condotto da International Consulting Services (ICS) ha rilevato che il presidente Nicolas Maduro sarebbe in testa con il 55.9%. Chi è dunque Pence per mettere in discussione la validità della leadership di Maduro, quando il suo boss, Trump, in patria ha un’approvazione che attualmente si attesterebbe al 40% [in inglese]? Si è forse dimenticato che l’amministrazione Trump ha conseguito il potere ottenendo 2.864.974 voti [in inglese] in meno dei Democratici nelle elezioni del 2016, nell’elezione con la più bassa percentuale dei votanti degli ultimi 20 anni[in inglese]Se gli USA sono così preoccupati per le frodi elettorali in un paese latinoamericano, perché il Dipartimento di Stato ha riconosciuto i risultati delle elezioni presidenziali dell’Honduras del 2017, se è stato provato che fossero fraudolenti[in inglese]

Figure politiche come Pence avanzano pretese [in inglese] affinché “il regime Maduro riporti in essere le istituzioni democratiche” allo scopo di “restaurare la democrazia nel Paese”. Ma, in concreto, l’unico governo dittatoriale che sia arrivato al potere in Venezuela dal 1999 fu quando, nel 2002, un golpe militare rimosse per due giorni il vecchio leader, Chavez, dal potere. Non c’è neanche bisogno di ricordare che il governo USA appoggiò questo breve colpo di mano che rovesciò le istituzioni democratiche venezuelane.

La giustificazione per queste opinioni di Pence può essere ricercata nelle sue false accuse secondo cui il governo venezuelano stia, in qualche modo, impedendo all’opposizione di partecipare alle prossime elezioni [in inglese]. In realtà, il più grande gruppo di opposizione destrorsa del Venezuela, il MUD, sta boicottando il voto allo scopo di delegittimare il processo elettorale. Questo atteggiamento cozza con l’aver richiesto a gran voce nuove elezioni nel corso delle recenti proteste di massa che spesso sono state corredate di violenze e attacchi alle istituzioni statali. Ad un certo punto, gli attivisti dell’opposizione sono arrivati al punto di prendere di mira un ospedale ginecologico [in inglese]. Comunque sia, uno di questi, Henri Falcon, si è staccato dal gruppo per prendere parte alla corsa presidenziale. I sondaggi lo danno al 25% e lui contesta il voto popolare insieme a tre candidati minori: Javier Bertucci, Luis Alejandro Ratti e Reinaldo Quijada. La decisione di Falcon di partecipare al processo democratico ha dato occasione al Miami Herald di definirlo “traditore” [in inglese].

Altre pubblicazioni americane si ritrovano similarmente in confusione, quando si parla di Venezuela. Il Washington Post ha ripetutamente definito [in inglese] il Paese come una completa dittatura, e al contempo, quando sono state annunciate le elezioni, le ha descritte come “notizie terribili per la democrazia” [in inglese]. Prima del voto per l’Assemblea Nazionale del 2015, la stessa testata ospitò un editoriale che preannunciava “l’avvicinarsi delle sporche elezioni venezuelane” [in inglese] – un’elezione che i socialisti di Maduro non solo hanno perso, ma di cui hanno immediatamente accettato il risultato dichiarando la sconfitta [in inglese].

Un’altra base per l’accusa di Pence che il Venezuela sia antidemocratico è che, nella sua visione, il governo socialista ha riempito la Corte Suprema “dei propri amichetti” [in inglese]. Ma se i Repubblicani avessero vinto una decina di libere elezioni negli ultimi 18 anni, come è accaduto ai socialisti venezuelani, avrebbero anche loro una maggioranza schiacciante nella Corte Suprema.

Ci sono, ovviamente, critiche legittime all’amministrazione di Maduro, le cui politiche hanno esacerbato la situazione. L’Assemblea Nazionale, dominata dall’opposizione, è stata sciolta nel 2017 per l’entrata in carica dei legislatori mentre erano ancora in corso le indagini sulla compravendita dei voti nell’elezione del 2015. Questa mossa è stata azzardata, ma impallidisce in confronto alle ingiustizie comuni in paesi alleati degli Stati Uniti come l’Arabia Saudita. Ma, a dispetto di controversie simili, solo il 32% dei venezuelani appoggiano le sanzioni economiche che gli USA continuano ad infliggere alla nazione. Invece di incunearsi tra il governo e i cittadini, com’era nelle intenzioni, queste misure stanno spingendo una percentuale sempre più alta di popolazione ad avvicinarsi ai socialisti al potere. Questo è evidente nella recente ascesa di Maduro nei sondaggi, dal 20% del 2016 (il punto più basso di sempre per lui) fino al recente 55.9%.

La maggior parte dei venezuelani sa bene che persone come Trump e Pence, che al momento stanno deportando 57mila honduregni fuori dagli USA, non hanno alcun interesse al loro benessere. Come ha recentemente dichiarato il rappresentante nazionale all’Organizzazione degli Stati Americani, Samuel Moncada, l’amministrazione Trump è “il governo più razzista e intollerante degli ultimi decenni”. Molti venezuelani vedono gli interessi statunitensi in America Latina come diametralmente opposti agli interessi dei poveri del Paese. Capiscono la natura del soft power americano. Se, tradizionalmente, questo si esplicava nell’appoggio di uomini forti di destra, ma dagli anni Ottanta si è trasformato nell’appoggio di governi neoliberisti corrotti. La ragione per cui c’è così poca fiducia nei confronti dell’opposizione venezuelana è che essa rappresenta gli interessi delle stesse elite che guidavano la Nazione per conto degli Stati Uniti. Questa percezione è stata confermata dal tentativo dell’opposizione di prendere il potere nel 2002, quando organizzò un colpo di Stato e un blocco del settore petrolifero, in una mossa che è stata associata [in inglese] a Washington. Le principali figure di opposizione, come Leopoldo Lopez, Henrique Capriles e Maria Corina Machado, furono tutte coinvolte in questo assalto alla democrazia.

Se Trump volesse imporre un embargo petrolifero, come ha annunciato [in inglese] di voler fare, ciò porterebbe effettivamente il paese sull’orlo del collasso, esacerbando la sofferenza dei cittadini venezuelani. Il 95% delle esportazioni venezuelane vengono dalla compagnia petrolifera di Stato, la PDVSA. Un embargo petrolifero impedirebbe al governo di provvedere alla salute, l’educazione e il programma edilizio dai quali i venezuelani meno abbienti sono dipendenti. Ma anche in questo caso la maggioranza del Paese si stringerebbe attorno al governo. Gli USA non riescono a capire che il populismo chavista, nato sotto la bandiera bolivariana, è riuscito a riaccendere l’orgoglio nazionale e il fervore anti-imperialista. Esso trova consenso soprattutto tra i poveri, che sono stati danneggiati negli anni delle misure neoliberiste imposte da Stati Uniti e FMI. Ora sono loro ad essere chiamati in causa, e non cederanno la propria Nazione così facilmente. Se Trump fosse così stupido da lanciare un’azione militare contro il Venezuela, andrebbe incontro alla propria Suez.

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Articolo di William Whiteman pubblicato su Russia Today il 15 maggio 2018
Traduzione in italiano a cura di barg per SakerItalia.it

Gli USA non si riprenderanno facilmente il Venezuela

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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