Nell’enorme sproloquio che sta montando in questi giorni sulla questione migranti, utilizzato tanto dai politici a Roma quanto dai politicanti o dagli opinionisti della domenica sui social per tirare acqua al proprio mulino senza fare alcunchè di utile per la questione, o per le tante altre spinose che minano il nostro tempo, nel quale, si sa, è più facile scrivere “restiamo umani” su Twitter che far davvero qualcosa di umano e aiutare le centinaia di disperati che raggiungono le nostre crudeli coste via mare, personalmente o economicamente, oppure postare “apriamo i porti” su Facebook, purchè quei porti siano lontani dalle nostre dimore, beninteso, le quali sarebbero sicuramente minacciate da una colonia di africani ospitata nei paraggi, è davvero difficile trovare opinioni sulla base delle quali informarsi in maniera neutrale. Per tal motivo, è a mio avviso consigliabile ripartire dalla storia e dai percorsi che hanno portato a questa situazione, aldifuori di ogni propaganda politica, che spesso non fa altro che sviarci dalla verità (quanti di noi, ad esempio, sanno che Malta ospita ben più immigrati dell’Italia, in proporzione alla sua popolazione, o che la percentuale di migranti desiderosi di fermarsi in Italia dopo il loro arrivo nei nostri porti è inferiore al 2%, secondo i dati dell’associazione Migrantes relativi al 2015?) e, nella giornata di ieri, tra i più o meno discutibili blog del sito del Fatto Quotidiano, era stata postata un’opinione davvero condivisibile e, probabilmente, addirittura illuminante per molti. Il post, rintracciabile qui, è stato scritto da Renzo Rosso, un docente milanese di costruzioni, il quale muove da un’analisi storica per arrivare a un finale che potrebbe apparire provocatorio, ma è in realtà davvero corretto.

“Aiutiamoli a casa loro” dice “non è soltanto uno slogan, ma l’unica concreta azione che può scongiurare la tragedia epocale che potrebbe produrre la migrazione di massa”. Naturalmente, non ci si riferisce alla costruzione di quei centri di riconoscimento che Salvini è andato ad elemosinare in Libia, o alla costruzione di quei campi di concentramento nel deserto che Minniti finanziò e sovvenzionò, vantandosi poi di aver ridotto gli sbarchi in seguito all’incarcerazione sistematica e brutale di tutti coloro i quali venissero trovati dagli squadroni di mercenari addestrati da italiani prima che il loro viaggio della speranza si spostasse dalla terra al mare. L’autore suggerisce di cominciare dalla restituzione dell’Africa agli africani, parafrasando qui un altro motto molto caro al nostro Ministro degli Interni, di modo da renderli padroni a casa loro per poi dargli una mano concreta creando infrastrutture e posti di lavoro (cosa che uno Stato come la Cina ha cominciato a fare da tempo, in settori africani particolarmente strategici per i suoi affari e le sue esportazioni), idea condivisibile se non fosse per la niente affatto remota possibilità che, come prima decisione da Paesi liberi dal becero giogo capitalista, avaro e senza scrupoli, gli Stati africani possano decidere di dare il via a guerre civili tra etnie e Stati, capaci di dilaniare il continente in lungo e in largo per decenni. Come si potrebbe sopperire a tal questione? Andando ad intervenire sulla – probabile – madre di tutti i problemi sulla Terra: il capitalismo delle armi. I Paesi sviluppati, infatti, dovrebbero imporsi una volta per tutte l’embargo totale e assoluto riguardo alla vendita di armi ai Paesi del Terzo e Quarto Mondo, sostituendo ad ogni missile un tassello formativo con cui alimentare diffusamente la cultura del continente nero.

Quante sono le possibilità che ciò accada in tempi brevi? Molto scarse, che ve lo dico a fare. Finchè saremo dominati da questa insensibile economia concentrata solo ed esclusivamente sull’accaparrare capitale, sul profitto come unico fine delle azioni umane e sullo sbilanciato liberismo economico, sarà piuttosto difficile far fare passi in avanti all’Africa. Finchè non rimuoveremo il tassello delle armi, il domino mondiale continuerà a cadere alla stessa maniera, e abili ciarlatani, spietati comunicatori e propagandisti arrivisti, non potranno che moltiplicare la propria popolarità. Per ogni effetto esiste una causa, ma dobbiamo essere certi di conoscere quella giusta.

Di Mattia Mezzetti

Mattia Mezzetti. Nato nel 1991 a Fano, scrive per capire e far capire cosa avviene nel mondo. Crede che l’attualità vada letta con un punto di vista oggettivo, estraneo alle logiche partitiche o di categoria che stanno avvelenando la società di oggi. Convinto che l’unica informazione valida sia un’informazione libera, ha aperto un blog per diffonderla chiamato semplicemente Il Blog: http://ilblogmm.blogspot.it.

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