Francesco Cecchini

ESERCITO COLOMBIANO DURANTE IL PLAN COLOMBIA.

In Colombia la violenza armata è in aumento. Nonostante l’accordo di pace con le FARC-EP, la violenza fisica nei confronti dei difensori dei diritti umani e degli ex guerrglieri continua in Colombia con un costo altissimo di vite umane. Il Comitato dell’ONU per i diritti umani lo denuncia nei suoi rapporti periodici presentati a Ginevra.  Tra pochi giorni ci sarà il nuovo presidente, Iván Duque,  che il 7 agosto subentrerà a Juan Manuel Santos, con l’esecutivo completo, tutti i ministri, 16, sono stati nominati. Alcuni sono stati donne/uomini o ministri di Uribe. La propaganda dell’uribismo 2.0 che Iván Duque cerca di dire alla comunità internazionale e all’oligarchia imprenditoriale locale è che investire è sicuro in quanto c’è una forma di pace militare, politica e sociale. Ma vi è un aspetto più importante che, oltre la pace uribista riguarda la guerra. Il governo Santos si è presentato e si presenta il come campione di quella nobile causa, mentre il nuovo regime, che inizia il 7 agosto, non esita a essere il rappresentante della guerra. Questa è la differenza principale, ma è più forma che sostanza e vi sono più somiglianze che differenze. Per Manuel  Santos la pace non è mai stata un obiettivo reale, ma un mezzo per ottenere la smobilitazione e il disarmo delle Farc, che è una cosa diversa dalla pace, come la realtà ha già dimostrato. Santos non ha mai pensato alla pace come a un risultato  delle necessarie trasformazioni sociali ed economiche richieste dalla Colombia, tendente a ridurre disuguaglianze e ingiustizie Quella politica richiese dialogo con le FARC-EP e  passò attraverso alcuni accordi formali, nei patti dell’Avana, che alla fine finirono per essere una lettera morta, o quasi.  Iván Duque e il suo ambiente, in cui eccelle Álvaro Uribe Vélez, condividono l’idea di disarmare le FARC-EP, ma anche di annientare politicamente e fisicamente coloro che facevano parte di quel guerrigliero. Lo stesso vale per l’ELN.  Sono sostenitori della terra bruciata; vi sono esempi storici in Colombia e altrove di sconfitta  e massacro militare dell’insurrezione. Questa è l’obiettivo dichiarato di  Duque e dei suoi sostenitori e questo è ciò che sta vivendo la Colombia con un genocidio in corso, con gli omicidi sistematici e organizzati contro i leader popolari ed ex guerriglieri. Si tratta di un processo criminale che se non fermato sicuramente si rafforzerà nei prossimi anni. Non è che Santos non sia stato d’accordo con l’ obiettivo, ma  lo ha combinato con il dialogo e con alcune concessioni in termini di partecipazione politica. Sostanzialmente, sia Santos che Duque/ Uribe concordano in termini strategici sulla scomparsa delle FARC e anche dell’ELN, senza alcuna trasformazione fondamentale nel paese, e non esitano a ricorrere ai metodi violenti che siano necessari per raggiungere ciò. Quello che succede è che Santos è più intelligente politicamente,  perché  non mai preso le parti aperte per i paramilitari o per i funzionari di polizia criminali che potrebbero essergli vicini, mentre lo ha fatto Uribe.  Santos è stato uno dei rappresentanti principali del neoliberismo, dall’inizio degli anni ’90, e in quanto ha mantenuto una linea di continuità coerente con i suoi interessi di classe. Lo stesso si può dire della politica internazionale della Colombia, che è stata  fedele agli Stati Uniti, non importa chi sia alla Casa Bianca. Santos, Uribe e compagnia sono sostenitori del libero scambio senza restrizioni, e degli accordi che sono andatiin quella direzione; entrambi sono nemici di integrazione latinoamericana, il che spiega il motivo per cui Santos è stato uno dei distruttori di Unasur. Entrambi sono anche sostenitori e partner (la Colombia è entrata nella NATO) delle politiche di aggressione nei confronti dei paesi che gli Stati Uniti considerano, il caso più evidente è il  Venezuela. Molte sono le interferenze con il Venezuels i degli ultimi governi colombiani. Santos ha portato tali interferenze a livelli vergognosi e  Iván Duque continuerà a interferire, come ha già affermato in più occasioni, prima e dopo esserestato eletto. Il governo di Duque, e lo ha già dichiarato prima di entrare in carica, cercherà di smantellare quel poco ottenuto dagli accordi con le FARC-EP, e imposterà il negoziato con l’ELN come un’arrendersi di questa con pochissime condizioni. Tutto ciò in armonia con la destra storica per la quale  colpevoli della guerra sono stati gli insorti e che il blocco del potere oligarchico, inclusi i militari, la chiesa e la grande stampa, non hanno niente a che fare con quella guerra, anzi sono stati vittime di terroristi. Lo spettro di una nuova guerra è dunque presente ed è la storia a confermarlo, poiché è dopo ogni tentativo di pace fallito, che la Colombia ha conosciuto la peggior violenza. Non sarà facile opporsi in Colombia a questa politica di guerra. Riprendere le armi sarebbe un suicidio militare e politico; la situazione è molto diversa da cinquant’anni fa e non vi sarebbe il sostegno del popolo colombiano.                                                                E’ il compito del nuovo partito FARC, dell’ELN, di Colombia Humana di Petro di Nostro Partido es Colombia e di altre forze politico-sociali quello di costruire nel paese, ma anche nelle istituzioni ( da tener presente che nel parlamento colombiano non vi è un blocco di opposizione omogeneo) un’alternativa all’uribismo 02 di Duque.                            

Importanti sono le parole conclusive di una recente intervista allo storico Renán Vega Cantor, docente alla Universidad  Pedagógica Nacional di Bogotà:  &Naturalmente, dobbiamo continuare a resistere e a combattere. L’educazione gioca un ruolo fondamentale in un progetto alternativo, pensando sempre alla prospettiva di Antonio Gramsci di costruire una nuova egemonia. Per questo, un’altra etica è fondamentale, della vita contro la morte, e a quel progetto non possiamo e non dobbiamo rinunciare, anche nelle peggiori condizioni, come quelle che stiamo vivendo.&

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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