Francesco Cecchini

Il ponte Morandi a Genova è crollato all’improvviso, verso mezzogiorno del 14 agosto. A sbriciolarsi 200 metri del ponte Morandi, che corre sulla A10, nella zona di Sampierdarena, portando con sé tre le 30 e le 35 auto, oltre a tre mezzi pesanti. L’ultimo aggiornamento dei vigili del fuoco parla di 35 morti e di 13 feriti. Tra le vittime anche un bambino. Sotto le macerie ci sono una ventina di mezzi e si segnalano fughe di gas. Per ora si parla di quattro persone estratte vive. Si pensa che il numero delle vittime e dei feriti sia detinato ad aumentare. L’ ipotesi è un cedimento strutturale causato da un violento nubifragio.

L’ingegnere Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni in cemento armato all’Università di Genova già nel 2016 affermava che il crollo del viadotto Polcevera o Morandi, costruito tra il 1963-1967 dall’impresa Condotte progetto dell’ing. Morandi era una tragedia annunciata.  il viadotto è lungo 1.182 metri, che consentono all’A10 di attraversare non solo il fiume Polcedera, ma anche i quartieri di Sampierdarena e Cornigliano di Genova. La campata maggiore raggiunge i 210 metri, l’altezza delle pile arriva a 90 metri e, per realizzare l’opera, è stato utilizzato cemento armato precompresso e cemento armato ordinario per l’impalcato per le torri e le pile. L’ingegner Morandi, brevettò un sistema di precompressione denominato ‘Morandi M5′ che applicò ad altre sue opere. Caratteristica è la struttura del ponte a cavalletti bilanciati che riassume l’unione tra la trave precompressa isostatica e le strutture strallate che si ritrova nel viadotto Polcevera, ma anche sul più lungo e precedente Ponte General Rafael Urdaneta sulla baia di Maracaibo (Venezuela), lungo 8,7 km con 135 campate, di cui solo le 6 centrali con schema statico strallato. In un’intervista del 2016 l’ingegner Antonio Brencich aveva affermato: & Il Viadotto Morandi ha presentato fin dall’inizio diversi aspetti problematici&. Come il ponte di Maracaibo nei primi anni 2000, anche il ponte sul Polcevera fu interessato da imponenti lavori di manutenzione straordinaria, tra cui la sostituzione dei cavi di sospensione a cavallo della fine anni ’80 primi anni ’90, con nuovi cavi affiancati agli stralli originari. Brencich inoltre ha spiegato: & Oltre l’aumento dei costi di costruzione preventivati, è necessario ricordare un’erronea valutazione degli effetti differiti (viscosità) del calcestruzzo che ha prodotto un piano viario non orizzontale. Ancora nei primi anni ’80 chi percorreva il viadotto era costretto a fastidiosi alti-e-bassi dovuti a spostamenti differiti delle strutture dell’impalcato diversi da quelli previsti in fase progettuale. Solo ripetute correzioni di livelletta hanno condotto il piano viario nelle attuali accettabili condizioni di semi-orizzontalità”.               &Anche in questo periodo sul ponte erano in corso lavori di consolidamento della soletta del viadotto, ha comunicato Autostrade per l’Italia in una nota aggiungendo che ”i lavori e lo stato del viadotto erano sottoposti a costante attività di osservazione e vigilanza da parte della direzione di tronco di Genova”.

La riflessione oggettiva a cui si giunge, alla luce della vita utile che dovrebbe avere una struttura del genere (almeno 100 anni) – si legge ancora su Ingegneri.info – è che fin dai primi decenni il ponte è stato oggetto di manutenzioni profonde (fessurazione e degrado del calcestruzzo, nonché creep dell’impalcato) con costi continui che fanno prevedere che tra non molti anni i costi di manutenzione supereranno i costi di ricostruzione del ponte: a quel punto sarà giunto il momento di demolire il ponte e ricostruirlo.

LA NATURA E LE PESSIME CONDIZIONI STRUTTURALI DEL VIADOTTO HANNO ANTICIPATO LA DEMOLIZIONE, CON, PERO’, UN COSTO UMANO E MATERIALE ALTISSIMO-

Link con un’intervista recente a Antonio Brencich

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Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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