di John Miller

Avrebbe potuto essere una scena direttamente dal Mago di Oz.

Questa primavera la Securities and Exchange Commission (SEC) ha cominciato a diffondere dati che rivelano l’inimmaginabile rapporto delle remunerazioni dei direttori generali con quelle dei loro dipendenti: 4.987 a uno, in un caso. A quel punto i critici industriali hanno strillato quasi all’unisono di non prestare attenzione a quelle cifre dietro le quinte: sono fuorvianti, diffuse unicamente per infiammare l’odio di classe e sicuramente avranno un vero effetto deprimente sul morale nei luoghi di lavoro. Ma nonostante le proteste dei difensori dello status quo, le cifre della SEC rappresentano accuratamente quanto disuguali siano divenuti i compresi nell’industria statunitense.

Dovrebbe essere sufficiente per suscitare la vostra ira, che viviate a Oz, in Kansas, o in qualsiasi altro posto.

Siete pregati di ignorare queste cifre

Nel 2018, per la prima volta, le imprese pubbliche hanno dovuto dichiarare non solo quanto guadagnano i loro direttori generali, ma anche il salario medio dei loro dipendenti in forza della Legge Dodd-Frank del 2010 sulla Riforma di Wall Street e la Protezione dei Consumatori. Per molte imprese queste stime hanno rivelato quanto semplicemente i compensi dei direttori generali siano disallineati rispetto a quelli dei loro lavoratori.

I dati della SEC hanno confermato che il rapporto medio tra i compensi dei direttori generali e quelli dei lavoratori era considerevolmente sbilanciato, molti più di quanto avevano suggerito stime precedenti. Per molti anni l’Osservatorio dei Compensi dei Dirigenti del sindacato AFL-CIO ha calcolato il rapporto tra i compensi dei direttori generali e quelli dei lavoratori confrontando i compensi medi dei direttori generali delle società dell’indice azionario Standard & Poors 500 con i compensi medi degli addetti alla produzione e di quelli non supervisori. Nel 1980 tale rapporto era di 42 a uno. Nel 2017 è stato di 361 a uno, cioè i direttori generali guadagnano in un giorno quasi quanto un dipendente tipico guadagna in un anno.

L’Economic Policy Institute (EPI), un gruppo di esperti di centrosinistra con sede a Washington, ha prodotto stime simili del rapporto tra i compensi dei direttori generali e quelli dei lavoratori confrontando gli stipendi annui dei direttori generali di 350 tra le maggiori società statunitensi con i compensi annui dei lavoratori delle industrie di quelle società. La stima dell’EPI ha situato il rapporto tra i compensi dei direttori generali e quelli dei lavoratori a 271 a uno nel 2016, più di 10 volte il rapporto di 20,2 a uno del 1965.

Equilar, una delle principali società che parametra i compensi dei dirigenti, ha usato i nuovi dati della SEC per riferire che il rapporto dei compensi dei dirigenti con i compensi medi riferiti dei lavoratori presso le 500 maggiori imprese della borsa statunitense è stato in media di 166 a uno. Anche se inferiore alle stime di AFL-CIO ed EPI, la documentazione della SEC di un grande divario di remunerazione tra direttori generali e lavoratori medi è molto difficile da ignorare.

Quello che le stime della SEC hanno rivelato riguardo ai compensi dei direttori generali e dei lavoratori in singole imprese è stato particolarmente accusatorio. Il produttore di giocattoli Mattel, la cui direttrice generale Margo Georgiadus ha incassato 31,3 milioni di dollari nel 2017 mentre il compenso medio annuo dei suoi dipendenti era solo di 6.271 dollari, ha registrato rapporto più elevato tra i compensi della direttrice generale e quello dei lavoratori: uno sbalorditivo 4.987 a uno. Un totale di 11 società dell’indice S&P 500 ha indicato rapporti tra i compensi dei direttori generali e quelli dei lavoratori superiori a mille a uno. Dopo la Mattel, la lista include McDonald’s a 3.101 a uno, Gap a 2.900 a uno e Wal-Mart con un rapporto di 1.188 a uno, tra altri marchi ben noti. Il divario dei compensi dei direttori generali delle società del commercio a dettaglio dell’indice S&P 500 è stato in media di 800 a uno. Presso Hanesbrands, la società di abbigliamento sportivo e di moda, la paga media annua dei lavoratori è stata di solo 5.237 dollari.

Brutto come sembra

I critici industriali, ciò nonostante, si sono schierati contro i risultati della SEC. Un critico ha definito i rapporti della SEC “faziosità contro chi ha successo”. Altri li hanno scartati come “fondamentalmente difettosi” o “inutili”.

Le loro obiezioni si sono incentrate su due affermazioni. La prima: i calcoli della SEC sono “inadatti” per operare paragoni equi tra imprese di industrie diverse e con modelli economici diversi. La stessa SEC aveva avvertito che “ci sono considerevoli limitazioni all’uso delle informazioni sui rapporti dei compensi a fini comparativi”. Seconda: le regole della SEC per il calcolo del salario medio sono particolarmente faziose contro le imprese che dipendono da lavoratori a tempo parziale o stagionali.

C’è del vero in entrambe le obiezioni. Il rapporto del compenso dei direttori generali nelle aziende con più di 10 miliardi di entrate è in media cinque volte superiore a quello delle aziende con meno di 1 miliardo di dollari di entrate. Inoltre 17 delle 20 società con i rapporti di compenso dei direttori generali più elevati a mega-imprese del commercio al dettaglio. Che i direttori generali di mega-dettaglianti, in modo molto simile ai direttori generali di altre imprese giganti, ottengano compensi smisurati non è certo sorprendente e fa parte di ciò che il divario di remunerazione dei direttori generali è inteso a rivelare.

L’altro motivo per il quale il rapporto del compenso dei direttori generali è cos’ elevato nelle imprese di commercio al dettaglio, due volte e mezza quello del successivo gruppo di maggiori industrie di S&P 500 è perché il salario medio dei lavoratori del dettaglio è così basso. La National Retail Federation [Federazione Nazionale del Commercio al Dettaglio], tuttavia, insiste che i salari medi riferiti nelle imprese al dettaglio sono così bassi perché le regole della SEC conteggiano i lavoratori a tempo parziale, temporanei e stagionali senza annualizzare i loro salari. Sono convinti che il salario medio nelle vendite al dettaglio sarebbe stato altrimenti pari a quello di altre industrie.

Ma i calcoli di Mark Matthews della National Retail Federation suggeriscono altro. Conteggiando solo i lavoratori a tempo pieno – che includono dirigenti e progettisti e lasciano fuori gran parte del personale di vendita – Matthews è stato in grado di far salire il loro compenso medio a 50.000 dollari. Anche se tipico dell’industria dei beni di consumo, anche tale salario è inferiore al salario medio di altri gruppi industriali di S&P 500. Quando gli economisti Robert Posen e Kashil Aqdeer hanno compiuto un tentativo più attento di “aggiustare” il salario medio di un’industria al dettaglio, il suo salario medio annuo è salito a 23.133 dollari. Con tale salario medio più elevato il divario di compenso del direttore generale della società è sceso da 408 a 263, ma ancora ben al di sotto del rapporto medio di 166 delle società più grandi.

Più fondamentalmente, nonostante le proteste dei critici industriali, i divari di remunerazione dei direttori generali di queste società sono istruttivi su come le loro pratiche aziendali perpetuano la disuguaglianza. Quasi un terzo (31 per cento) dei lavoratori del dettaglio lavora a tempo parziale, molto più del 17 per cento dei lavoratori di altre industrie. I dettaglianti si affidano anche a una manodopera “flessibile” pagata miseramente con un gran numero di lavoratori temporanei e stagionali. Trattare tali dipendenti come se lavorassero a tempo pieno ignora tale struttura salariale. Inoltre, mentre le linee guida della SEC tengono conto delle remunerazioni dei dipendenti statunitensi e non statunitensi, escludono le remunerazioni dei lavoratori impiegati da una parte terza. Ciò libera i dettaglianti dai salari alla frutta che gli appaltatori del mondo in via di sviluppo corrispondono ai lavoratori che producono capi di abbigliamento, scarpe da ginnastica e le altre merci che vendono. I critici industriali sono anche preoccupati che la rivelazione del rapporto dei compensi dei direttori generali metta a rischio il morale dei lavoratori. Quando metà della manodopera apprende che i suoi compensi sono sotto la media, i critici sono preoccupati che la gratificazione, l’impegno e le prestazioni del lavoro possano soffrirne.

Le loro preoccupazioni, tuttavia, sono state espresse con una sana dose di boria e di interesse di parte. Un consulente ha suggerito che “le società colgono l’occasione di istruire la propria manodopera sui fondamentali dei compensi e sul perché i paragoni sono un esercizio improduttivo”. Un consiglio parecchio buono per qualsiasi impresa che cerchi di proteggere le enormi disuguaglianze dello status quo.

Infine, con tali compensi faraonici, ci si aspetterebbe qualche magia dai dirigenti. Ma il professore della Harvard Business School Ethan Rouen non è riuscito a trovare una “relazione statisticamente significativa tra il rapporto dei direttori generali con i compensi del dipendente medio e i risultati contabili”. E la ricerca di Samuel Block per MSCI, una società di analisi per investitori, ha rilevato: “I margini di profitto operativo presso società con bassi divari di remunerazione nell’industria dei beni primari di consumo hanno superato quelli delle società con elevati divari di remunerazione tra il 2009 e il 2014”.

Non basterà sbattere i tacchi per ridurre gli odierni divari di compenso dei direttori generali. Ma i divari di compenso dei direttori generali possono essere modificati. Sessant’anni fa i divari di compenso dei direttori generali statunitensi erano un decimo di quelli di oggi. Né i divari di compenso dei direttori generali in altri paesi ricchi hanno raggiunto i livelli degli Stati Uniti. Nel 2017 il divario di remunerazione dei direttori generali statunitensi è stato il più elevato dei 22 paesi che compongono l’indice di remunerazione dei direttori generali di Bloomberg. Il divario di compenso dei direttori generali in Germania è stato metà di quello statunitense. Quello del Giappone un quarto e quello della Norvegia meno di un decimo.

Oggi, con i compensi dei direttori generali in aumento a un ritmo di quasi il 10 per cento, mentre i salari dei lavoratori continuano a stagnare, le misure per ridurre il divario di compenso dei direttori generali hanno acquistato seguito politico. I professori di amministrazione aziendale Bhavya Mohon, Michael Norton e Rohit Deshpande scrivono che “i consumatori mostrano probabilità significativamente minori di acquistare da società con elevati rapporti di compenso dei direttori generali”.

Portland, Oregon, ha recentemente imposto una penale fiscale per i rapporti di compenso elevati dei direttori generali: una soprattassa d’impresa del 10 per cento alle società con divari di remunerazione superiori a 100 a uno e una del 20 per cento alle società con divari di remunerazione superiori a 250 a uno.

Ci sono anche soluzioni più radicali. Sam Pizzigati, che co-dirige Inequality.org, ci ha recentemente ricordato che nel 1942, poco dopo l’attacco a Pearl Harbor, il presidente Roosevelt chiese al Congresso di stabilire un reddito massimo. Egli chiese un’aliquota fiscale massima del cento per cento che non avrebbe lasciato nessun individuo con un reddito annuo superiore a 25.000 dollari – circa 375.000 dollari di oggi – dopo le tasse.

Sono certamente necessarie imposte più progressive, anziché regali fiscali alle imprese. E, come oggi sostiene persino The Economist, abbiamo bisogno di politiche del lavoro che aumentino il potere negoziale dei lavoratori aiutandoli a combattere la stagnazione dei salari. E’ questo il genere di magia che potremmo usare oggi.

John Miller è professore di economia al Wheaton College e membro del collettivo Dollars & Sense.

 

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/pay-no-attention-to-the-inequality-behind-the-curtain/

Originale: Dollars and Sense

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2018 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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