di David Rosen –

Dopo l’elezione di Donald Trump alla presidenza, una varietà di giornalisti benintenzionati ha sollevato un coro di preoccupazione che gli USA stiano entrando – o siano già – in un periodo prefascista. In tal caso che cosa si deve fare? In caso contrario che cosa significa la presidenza Trump – e la destra religiosa conservatrice e i corporativisti che lo appoggiano – in termini dell’avvento del “fascismo” negli Stati Uniti?

Il regista radicale –  e intrattenitore mediatico – Michael Moore è tra le voci più recenti a mettere sull’avviso circa l’emergere di uno stato prefascista. Come parte degli sforzi di promuovere il suo ultimo film, Fahrenheit 11/9, è apparso su Democracy Now!, vari programmi della MSNBC e altri canali spesso citando dal libro del 1980 di Bertram Gross. Friendly Fascism: The New Face of Power in America (1980) [Fascismo amichevole: il nuovo volto del potere negli Stati Uniti]: “La prossima onda di fascismo non arriverà con carri bestiame e campi. Arriverà con un volto amichevole”.

Trascurato da Moore, Gross stava aggiornando la citazione più sinistra di William Shirer, autore di The Rise and Fall of the Third Reich: A History of Nazi Germany (1960) [Ascesa e caduta del Terzo Reich: storia della Germania nazista]: “Forse gli Stati Uniti un giorno diventeranno fascisti democraticamente, per voto popolare”.

La preoccupazione di Moore è condivisa da Madeleine Albright, già Segretario di Stato del presidente Clinton, sostenitrice convinta del Partito Democratico, fedele a Hillary Clinton e, da bambina cecoslovacca, sopravvissuta all’iniziale occupazione tedesca. In Fascism: A Warning [Fascismo: un avvertimento] segnala: “Ogni età ha il proprio fascismo”. Disegnando un quadro più vasto, più globale rispetto a Moore, vede tendenze fasciste in ascesa in governi in Russia, Filippine, Ungheria e Polonia oltre che in Egitto, Corea del Nord, Turchia e Venezuela. Riguardo agli Stati Uniti è cauta, indicando che il presidente Trump non è un fascista mas “il leader più antidemocratico della storia statunitense che io abbia studiato”.

L’analisi della Albright è ancorata all’esperienza dell’Italia sotto “il Duce” [in italiano nel testo], “il Duca” [sic], “il leader”, Benito Mussolini, che fu primo ministro dal 1922 fino al 1943. Egli considerò la sua missione in termini semplici: “rompere le ossa dei democratici … e quanto prima, tanto meglio”. La Albright scrive: “è così che cominciò il fascismo del ventesimo secolo: con un leader magnetico che sfruttò uno scontento diffuso promettendo qualsiasi cosa”. Ella avverte: “… il fascismo può arrivare in un modo che sia un passo alla volta, e in molti modi passa ignorato fino a quando è troppo tardi”.

Un altro ex funzionario governativo, Melba Gandy, che ha lavorato alla Casa Bianca di Johnson (1966-1968) e per il Foreign Office in Pakistan (1968-1969) è più allarmata dall’ascesa del prefascismo negli USA. “La storia ci dice che il fascismo non compare semplicemente tutto a un tratto”, avverte. “La sua presa su una società in precedenza libera è pianificata e attuata attentamente da (solitamente) un piccolo gruppo di persone che trarrà vantaggio dalla sua istituzione”.

La Gandy identifica una serie di “strumenti” che i fascisti possono utilizzare per manipolare il pubblico e garantirsi il potere. Uno include “truccare elezioni, come nel referendum per la Brexit, nelle ultime elezioni presidenziali francesi e nelle ultime elezioni presidenziali nordamericane…” Lei indica anche: “l’obiettivo della manipolazione consiste nell’esagerare le divisioni nazionali interne e far crescere la paura a un livello in cui una parte della popolazione sufficiente a insediarli in posizioni di potere accetterà di buon grado la guida dei manipolatori fascisti”.

Inoltre il tema del fascismo è l’argomento di seri studi accademici. Alcuni studi recenti di studiosi comprendono: On Tyranny: Twenty Lessons from the Twentieth Century [Della tirannia: venti lezioni dal ventesimo secolo] di Timothy Snyder; American Nightmare: Facing the Challenge of Fascism [Incubo statunitense: affrontare la sfida del fascismo] di Henry Giroux; e How Fascism Works: the Politics of Us and Them [Come funziona il fascismo: la politica del noi e loro] di Jason Stanley.

Infine, nei giorni successivi all’insediamento di Trump, Counterpunch ha pubblicato un essenziale articolo di Richard Falk: The Dismal Cartography of the Pre-Fascist State  [La tetra cartografia dello stato prefascista]. In esso egli avverte:

Parlare come se gli Stati Uniti fossero uno stato fascista significa falsificare la natura del fascismo e screditare il discorso critico facendolo parere isterico. E’ indubbio che siano pronte le tessere che potrebbero facilitare un’orripilante transizione dal prefascismo al fascismo e potrebbe accadere con una velocità fulminea.

Falk conclude indicando: “E’ anche tristemente vero che l’elezione di Donald Trump rende il fascismo una spada di Damocle che pende da un filo logoro sul corpo politico statunitense”.

***

Gli USA sono in un periodo prefascista? Un modo per cominciare ad affrontare questa domanda consiste nel considerare altri periodi “pre”, “proto” o “semi” fascisti della recente storia statunitense. Spiccano due periodi: l’era della prima guerra mondiale e il periodo della seconda.

Molti statunitensi si opposero all’entrata USA nella “Grande Guerra”. In testa ai gruppi che condussero campagne contro l’entrata ci furono il Partito Socialista d’America (SP) e [il sindacato] Industrial Workers of the World [IWW]. Oltre a essi una quantità di altri gruppi organizzò l’opposizione popolare alla guerra; tra essi ci furono la No-Conscription League [Lega anti-coscrizione], la Anti-Enlistment League [Lega contro l’arruolamento], l’American Union Against Militarism [Unione Statunitense Contro il Militarismo], la Fellowship of Reconciliation [L’Associazione per la Riconciliazione], il Women’s Peace Party [Partito delle Donne per la Pace] e l’American Friends Service Committee [Comitato di Servizio degli Amici Statunitensi]. Nel 1917 il Congresso approvò la Legge sullo Spionaggio e, nel 1918, la ampliò con la Legge Contro la Sedizione che estese la gamma di reati, in particolare i discorsi di opposizione agli sforzi bellici del governo. La resistenza indusse il governo federale a interventi repressivi compresa la soppressione da parte del Direttore Generale delle Poste dei periodici radicali spediti negli USA per posta e il processo e l’incarcerazione del leader del SP, Eugene Debs, per aver tenuto discorsi contro la guerra.

Parallelamente agli sforzi federali per sopprimere le campagne popolari di opposizione all’entrata in guerra, le forze dell’ordine morale, specialmente quelle note come “attività di purezza sociale”, cercarono di usare la guerra per contenere con la forza pratiche inaccettabili. Con l’approssimarsi della guerra i moralisti esercitarono pressioni sui governi locali perché chiudessero 125 distretti a luci rosse in base alla “disciplina di guerra”. Durante la guerra la loro riuscita campagna condusse all’arresto, a verifiche sanitarie forzate e/o al carcere circa 50.000 donne per essere portatrici di malattie veneree, dunque “nemici interni” che minavano lo sforzo bellico. In aggiunta, la campagna per la temperanza assicurò il divieto di vendita di alcol a uomini in uniforme e fece seguito con l’approvazione del Diciottesimo Emendamento che mise fuorilegge la produzione, la distribuzione e la vendita di alcol dopo la fine della guerra.

Dopo la guerra il governo federale lanciò quella che è nota come la “prima paura rossa”. Il 2 giugno 1919 anarchici attentarono con una bomba alla casa di A. Mitchell Palmer, il procuratore generale degli Stati Uniti, gettando le basi per quelli che divennero noti come i “Blitz di Palmer”. Tra il 1918 e il 1921 il Dipartimento della Giustizia condusse irruzioni e arrestò circa 4.000 sospetti anarchici, comunisti e altri radicali nati all’estero. Tali sforzi culminarono con la deportazione di 500 radicali, tra cui Emma Goldman e Alexander Berkman. Non andrebbe dimenticato che in mezzo alla campagna federale, singoli stati condussero interventi simili. Nel Massachusetts ciò culminò nel processo – e nell’esecuzione finale – di due anarchici, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.

Due decenni dopo, la vittoria statunitense nella seconda guerra mondiale alimentò la “seconda paura rossa” e potrebbe ben essere considerato un periodo “prefascista”. Non diversamente dalla campagna fascista che ebbe luogo nei tardi anni ’20 e primi anni ’30 in Europa (cioè prima della seconda guerra mondiale), l’era postbellica negli Stati Uniti vide un’offensiva “anticomunista” – cioè antiradicale – che toccò quasi ogni aspetto della vita statunitense. Queste campagne sono state attentamente dettagliate altrove.

La seconda guerra mondiale scoppiò in Europa il 1° settembre 1939, quando la Germania invase la Polonia. Cinque giorni dopo, il 6 settembre, il presidente Franklin Roosevelt emise una Direttiva Presidenziale orale “prevedendo che il Federal Bureau of Investigation del Dipartimento della Giustizia assumesse la responsabilità del lavoro investigativo in questioni collegate a spionaggio, sabotaggio e violazioni delle norme sulla neutralità…” Sotto la supervisione del direttore dello FBI J. Edgar Hoover l’agenzia si impegnò in una campagna di sorveglianza di vasta portata contro quelli che identificava come sovversivi o radicali; la campagna proseguì fino ai tardi anni ’60 nell’ambito di quello che fu chiamato programma di controspionaggio (COINTELPRO).

Parallelamente alla sorveglianza di possibili minacce da pare dello FBI, il Congresso – sia Camera sia Senato – accolsero la sfida posta da spie e altri sospetti. Nel settembre del 1947 il Comitato della Camera sulle Attività Antiamericane (HUAC) citò a comparire 79 professionisti dell’industria cinematografica di Los Angeles per testimoniare circa la propria appartenenza o sostegno ai comunisti; tale sforzo culminò nel rifiuto di cooperare dei “Dieci di Hollywood” – dieci produttori, registi e sceneggiatori cinematografici – e nel loro processo finale e nella loro incarcerazione. L’anno seguente l’HUAC convocò una speciale audizione a New York “Riguardo allo Spionaggio Comunista contro il Governo Statunitense”, presieduta dal deputato Richard Nixon. L’audizione ne seguì una di due giorni prima nella quale Alger Hiss aveva categoricamente negato di essere comunista.

L’isterismo anticomunista toccò il suo zenith venerdì 19 giugno 1953, quando Julius e Ethel Rosenberg furono giustiziati sulla sedia elettrica nel carcere di Sing Sing a Ossining, NY.

Nel settembre del 1953, tre mesi dopo che i Rosenberg erano stati giustiziati, il senatore Joseph McCarthy (Repubblicano, Wisconsin) torchiò scrittori sovversivi, più segnatamente Howard Fast, riguardo al loro ruolo nel promuovere la minaccia comunista. Durante il 1954 e il 1955 il senatore Estes Kefauver (Democratico, Tennessee) condusse audizioni prima sul ruolo dei fumetti nel presunto aumento della delinquenza giovanile e poi sul ruolo della pornografia nel minare l’ordine morale nazionale. Ancora altre audizioni furono tenute sugli omosessuali che lavoravano per il governo statunitense, con centinaia che persero il lavoro. Questo stato di sospetto filtrò in tutto il paese conducendo all’arresto e all’incriminazione di insegnanti, marinai e lavoratori di ogni estrazione sociale. Fu un regno del terrore tipicamente statunitense.

***

Nel considerare i temi del fascismo – o prefascismo – negli USA è utile ricordare due opere essenziali sull’argomento, The Mass Psychology of Fascism [La psicologia di massa del fascismo] (1933) di Wilhelm Reich e The Origins of Totalitarianism [Le origini del totalitarismo] (1949-1951, edizione inglese) di Annah Arendt. Sia Reich sia la Arendt vissero sotto il fascismo tedesco e introdussero analisi originali sull’argomento. Nei loro lavori l’ascesa del fascismo è considerata più un fenomeno “sociopolitico”, mosso da una crisi sociale o “umanitaria” in aggravamento, piuttosto che un tema meramente “politico”, guidato da un “leader intrepido”. E’ questa crisi più profonda che alimenta l’instabilità politica e l’ascesa di uno stato tirannico, autocratico: il fascismo.

Per Reich il nazismo era una forza reazionaria. “Nella sua forma pura il fascismo è la somma totale di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio”, scrisse. Contestò sia la comunità psichiatrica ortodossa sia il marxismo insistendo:

Al sociologo dalla mente ristretta, privo del coraggio di riconoscere l’enorme ruolo giocato dall’irrazionale nella storia umana, la teoria fascista della razza appare come null’altro che un interesse imperialista o persino un mero “pregiudizio”. La violenza e l’ubiquità di questi “pregiudizi razziali” mostra la loro origine dalla parte irrazionale del carattere umano. La teoria della razza non è una creazione del fascismo. No, è il fascismo a essere una creazione dell’odio razziale e della sua espressione politica organizzata.

Egli conclude: “Corrispondentemente ci sono un fascismo tedesco, italiano, spagnolo, anglosassone, ebreo e arabo”.

Reich nota anche: “Vero, [il fascismo] può avere l’aspetto di emozioni rivoluzionarie… Lo spirito di ribellione sorge sempre quando la paura della verità trasforma un’emozione rivoluzionaria in illusioni”.

Diversamente da Reich, la Arendt non fu un’allieva di Freud né una marxista né associata alla Scuola di Francoforte. Ciò nonostante entrambi videro l’antisemitismo come identificante un “bersaglio perfetto” e videro che il totalitarismo operava sotto il fascismo tedesco ma anche in Unione Sovietica.

La Arendt fu un’allieva (e amante) del filosofo Martin Heidegger, un sostenitore del nazismo e antisemita. Era un’ebrea che, dopo essere fuggita dalla Germania a Parigi, fu catturata e incarcerata in un campo d’internamento francese da dove guidò una valorosa evasione.

La Arendt condivide alcune delle preoccupazioni di Reich circa il ruolo dell’individuo frammentato, impotente – che descrivo come “individui atomizzati, isolati” – come terreno fertile da cui cresce il fascismo. I nazisti attirano la lealtà di “persone neutre, politicamente indifferenti che non aderiscono mai a un partito e a malapena si recano alle urne”. Avverte: “Tale lealtà può essere attesa solo da un essere umano completamente isolato che, senza alcun legame sociale a una famiglia, ad amici, compagni o persino conoscenti, deriva il suo senso di avere un posto nel mondo solo dalla sua appartenenza a un movimento”.

Ella aggiunge: “Il suddito leale di un governo totalitario non è il convinto nazista o il convinto comunista, bensì colui per il quale la distinzione tra fatto e finzione (cioè realtà ed esperienza) e la distinzione tra vero e falso (cioè gli standard del pensiero) non esiste più”.

Le radici di una società “prefascista” risiedono nella crisi sociale affrontata da uno stato nazione. Come esaminato da Reich, Arendt, Shirer e molti altri, le condizioni “classiche” rilevate in Germania e in Italia includevano non solo una crisi socioeconomica generale e uno stato sempre più tirannico (incarnato da un leader glorioso), ma anche la disperazione emotiva di una considerevole parte del suo popolo. Per questi analisti le tradizionali salvaguardie della “democrazia” borghese hanno fallito.

Per considerare seriamente gli avvertimenti di Moore, Albright e altri su se gli Stati Uniti siano in un periodo “prefascista” ci si deve chiedere se gli USA sono in un periodo di crisi paragonabile a quello affrontato, ad esempio, dalla Germania durante gli anni ’20 di Weimar.

Gli Stati Uniti stanno soffrendo. Nonostante tutte le smargiassate del presidente Trump, il suo appello a “fare di nuovo grandi gli Stati Uniti” è un riconoscimento di questo fatto. La disuguaglianza è montante; i salari sono rimasti piatti da quattro decenni. La base di sostegno di Trump – elettori bianchi della classe lavoratrice e “media” – stanno vivendo questa nuova realtà.

Il capitalismo statunitense sta attraversando un periodo spesso definito “globalizzazione”, una fase meglio descritta come instabilità istituzionalizzata, una fase di sviluppo in cui nulla è certo, salvo l’incertezza dell’esperienza del ‘trattenere il fiato’ della vita reale. Gli USA stanno attraversando un riallineamento strutturale. La globalizzazione sta riadattando sia la manifattura sia la finanza, con le lealtà allo stato nazione dell’un per cento – la vecchia classe dominante – sostituite da nuovi obblighi internazionalisti.

Il bilancio militare-industriale sproporzionatamente gonfiato e gli interventi bellici in stallo degli Stati Uniti in Afghanistan, Iraq e altre parti del Medio Oriente sono segni che la sua egemonia militare globale sta arrivando al termine? La Cina sta emergendo come una sfida molto reale all’egemonia economica statunitense e il modo in cui si evolverà nel prossimo paio di decenni determinerà gran parte del futuro economico degli Stati Uniti. E la crisi ambientale pare solo aggravarsi.

Queste sfide all’ordine economico tradizionale stanno facendo fermentare instabilità sociale e una reazione a essa è stata la crescita di scontri politici violenti. Uno degli scontri recenti più violenti tra “nazionalisti bianchi” e militanti “antifa” – antifascisti – ha avuto luogo a Charlottesville, Virginia, e altre rese dei conti sono scoppiate a Washington, DC; Berkeley, California, e Newnan, Georgia (a sudovest di Atlanta). Altri possono essere attesi con il continuo accrescersi delle tensioni politiche.

Questo periodo di instabilità è “prefascista”? Molto dipende da come si svilupperà la ristrutturazione socioeconomica degli Stati Uniti e come le paure vissute dai sostenitori duri di Trump percepiscono il loro futuro e se il loro numero crescerà. Il “privilegio di bianchi” sarà tutto quello che resta loro? Le loro paure personali saranno manipolate dal “leader intrepido” degli Stati Uniti, trasformando la loro rabbia in un odio violento nei confronti dell’”altro”?

Gran parte della risposta alla domanda se gli Stati Uniti siano in periodo “prefascista” dipende dal ruolo svolti dalle fazioni “ribelli”, “socialdemocratiche” o alla Bernie Sanders all’interno del Partito Democratico. Esse – insieme con la crescente ondata nazionale di attivisti a base razziale, di genere e comunitaria che combattono quotidianamente la buona battaglia – rappresentano qualcosa di nuovo, una vera alternativa democratica? Guideranno una campagna per smantellare lo stato della sicurezza nazionale, in cui non è garantita la riservatezza di nessuno e che potrebbe facilitare l’imposizione di una reale tirannia statale? Passeranno a creare un nuovo sistema fiscale che ridistribuisca radicalmente la ricchezza sociale, in tal modo allentando il potere/l’influenza dell’un percento e che garantisca a tutti una “buona vita” socialmente garantita, in tal modo alleviando le paure più profonde dei sostenitori di Trump? O saranno cooptate dall’establishment politico corporativista, come lo è stato il lavoro sindacalizzato mezzo secolo fa, e applaudiranno la prossima conciliante Clinton?

Le risposte a tutte queste domande determineranno se siamo in un periodo prefascista.

David Rosen è autore di ‘Sex, Sin & Subversion: The Transformation of 1950s New York’s Forbiddent into America’s New Normal’ (Skyhorse, 2015). Può essere contattato a drosennyc@verizon.net; date un’occhiata a www.DavidRosenWrites.com.     

 

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/is-the-u-s-in-a-pre-fascist-period/

Originale: Counterpunch

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2018 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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