Soggiornare per due notti in un albergo molto caratteristico di Burano è stata una spesa immorale. Acquistare una pagina di un atlante dell’Ottocento con la mappa della Grecia antica è stata una spesa immorale. Andare in platea al Regio di Parma per assistere al Rigoletto con Leo Nucci è stata una spesa immorale. Non rimpiango neppure un centesimo degli euro che abbiamo speso per fare tutte queste cose – e alcune altre che non vi confesserò, anche se la nostra passione per la buona cucina potrebbe fornirvi qualche indizio – ma credo sia giusto riflettere sul fatto che si tratta di cose superflue e di cui avremmo potuto fare a meno. E di cui infatti Zaira e io abbiamo fatto a meno per diversi anni. Spendere significa etimologicamente pesare. E infatti ciascuna di queste spese ha comportato da parte nostra una valutazione, spesso anche lunga e laboriosa: essere immorali richiede tempo e fatica. Abbiamo messo su un piatto della bilancia la nostra voglia di fare o di avere qualcosa e sull’altro le nostre risorse e abbiamo deciso. Non abbiamo mai barato, non abbiamo mai fatto finta di avere più soldi per poter fare qualcosa che volevamo proprio fare: essere immorali richiede anche delle regole e una certa dose di moralità.

Francamente non mi ha appassionato la polemica in cui pure ho visto tanti di voi fieramente impegnati sulla stupidata detta – e, come al solito, subito contraddetta – da Di Maio a proposito del reddito di cittadinanza e di quello che si potrebbe o non potrebbe fare con quel piccolo sussidio. Naturalmente neppure io voglio che il governo ci dica come dobbiamo spendere i nostri soldi, anche se faccio sommessamente notare che accettiamo senza fiatare che siano le grandi aziende a dirci come spenderli. Nessuno di voi vuole uno “stato etico”, ma ci accomodiamo tutti in un capitalismo che di etico ha molto poco, bevendoci tutta la loro propaganda. Mentre criticate giustamente il governo, vi prego però di non essere ipocriti: quando vedete una pensionata con la minima o un morto di fame che si sputtanano i loro ultimi soldi nella slot del bar dove voi fate colazione tutte le mattine, non dovreste neppure pensare tutto quello che invece so che pensate. O quando vedete un povero con un vestito di marca dovete star zitti. Altrimenti anche voi sosterrete l’odiato “stato etico” che oggi tanto criticate.

Diciamo pure che lo stato non deve mettere becco su come i poveri spenderanno i soldi del reddito di cittadinanza – anche se spero che ci sarà un qualche controllo sul fatto che non vengano “giocati” – ma costringere le persone a ragionare sulle spese che possono o non possono fare non mi parrebbe un esercizio così ozioso. E francamente credo sarebbe compito delle agenzie formative, a partire dalle famiglie e dalla scuola, occuparsi di questo. Per me è stato così. Anche discutere, a volte animatamente, con le compagne e i compagni dei bilanci delle Feste dell’Unità mi ha insegnato a dare valore a quello che si spende.

E quindi credo che ciascuno di noi dovrebbe pensare a quello che fa – o che non fa – con i propri soldi, specialmente quando non sono molti. Come ho detto mia moglie e io abbiamo deciso nel corso degli ultimi anni – passati per fortuna quelli più difficili – di fare alcune spese decisamente superflue. O immorali. Spero che mi perdonerà il Maestro Verdi – che, come capitava in quel tempo ai poveri diventati signori, era parecchio parsimonioso – se ho inserito anche lui in questo elenco. Perché la cultura è spesso immorale, ma è UN lusso che dobbiamo fare lo sforzo di permetterci. Certo si può andare in biblioteca – è una cosa che i poveri dovrebbero fare di più – e leggere può non costare nulla. Ma dovremmo anche fare in modo che andare a un concerto o a uno spettacolo teatrale sia una spesa sostenibile per tutte le famiglie.

Le cose che ci piacciono di più sono immorali. Le cose che fanno bella la nostra vita sono immorali. Ma le spese immorali non sono per forza di cose inaffrontabili. Ci possono anche essere spese superflue piccole, che magari, perché le facciamo insieme alla persona a cui vogliamo bene e con cui abbiamo deciso di passare tutto il tempo che ci resta, diventano importantissime e capaci di illuminare la nostra vita. In fondo dobbiamo solo imparare a spendere. Non è affatto facile. Ma soprattutto dobbiamo capire cosa è davvero importante. E questo è ancora più difficile.

 

 

 

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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