So che ormai è molto impopolare e che tra poco sarà certamente abolita, ma io voglio difendere l’ora legale: forse perché – come me – è un vecchio relitto del Novecento.

A dire la verità un’idea simile si può trovare alla fine del Settecento negli scritti del filosofo e scienziato illuminista Benjamin Franklin, uno dei padri degli Stati Uniti, che – oltre a partecipare attivamente alla stesura della Dichiarazione d’indipendenza e della Costituzione – è stato il primo ambasciatore degli States nella Francia della Rivoluzione e il primo direttore del servizio postale di quel grande paese. E per tutto questo ha meritato di essere raffigurato sulla banconota da cento dollari. Franklin era preoccupato per l’eccessivo uso delle candele e per la spesa che questo comportava e quindi fece alcune proposte affinché i cittadini degli Stati Uniti regolassero la propria vita seguendo il sorgere e il calare del sole. La proposta di Franklin non venne accolta con particolare favore, anche perché comportava, tra le altre misure, una tassazione sulle persiane e il posizionamento di un cannone in ogni strada che svegliasse i cittadini tutti alla stessa ora.

Fu la prima guerra mondiale a cambiare le cose. Il conflitto spinse i governi a cercare ogni sistema per risparmiare sull’energia e nel 1916 il parlamento del Regno Unito introdusse il british summer time, ossia lo spostamento di un’ora delle lancette dell’orologio nei mesi estivi, per sfruttare al massimo la luce solare. E in quello stesso anno un provvedimento analogo fu preso da tutti gli altri paesi belligeranti, Italia compresa. Poi si tornò a introdurre questo provvedimento durante la seconda guerra mondiale e infine fu definitivamente sancito con la crisi energetica della seconda metà degli anni Sessanta, nell’ambito di quella che i nostri genitori chiamarono austerity. Davvero l’ora legale è così intrinsecamente legata alla storia del Novecento che a me sembra un peccato toglierla.

Certo quello spostamento di un’ora, avanti e indietro, due volte l’anno può provocare qualche piccolo fastidio, come quello di dover andare a casa della nonna per regolare il vecchio orologio attaccato al muro, ma credo sia uno sforzo che si possa fare, tanto più che ormai tutti i nostri i dispositivi si aggiornano automaticamente, togliendoci quell’incomodo.

Anzi non solo non dovremmo abolirla, ma dovremmo riflettere sul motivo per cui era stata introdotta. Ricordare che c’è stato un tempo – non troppo lontano – in cui ci si svegliava con il sole – e si andava a letto con le galline – non credo ci faccia poi così male. Specialmente nella nostra società in cui non distinguiamo più il giorno dalla notte – e crediamo che in queste ore di buio si debba fare tutto quello che si fa quando c’è la luce, compreso andare a fare compere – e non distinguiamo più l’estate dall’inverno, perché bastano poche ore di aereo per stare al caldo anche a gennaio.

Abbiamo dimenticato che la natura ha i suoi ritmi, che questa sfera schiacciata ai poli gira su stessa e contemporaneamente segue un’orbita ellittica intorno al sole. E che tutto questo ruotare e girare provoca il giorno e la notte e il succedersi delle stagioni. E che noi, come gli altri animali, viviamo seguendo questi ritmi. O almeno non dovremmo tentare continuamente di inventarci dei nostri ritmi, a danno della natura.

Il termine latino hora viene direttamente dal greco antico: questa parola indicava le tre parti in cui gli antichi dividevano l’anno: la primavera, la stagione delle messi, ossia quelle che noi distinguiamo in estate e autunno, e infine l’inverno. E i greci chiamavano Ore tre divinità antichissime, più antiche di Zeus e degli olimpii, sorelle delle Moire, e come queste definivano quanto ciascun uomo era destinato a vivere, così le prime tre erano le custodi dell’alternarsi delle stagioni. E siccome l’ordine delle stagioni è anche ciò che presiede alla vita degli uomini, ciò che di buono c’è nella nostra società, le Ore si chiamavano, EunomiaDike ed Irene, ossia rappresentavano l’equità, la giustizia e la pace. Per i greci l’ora era sempre legale.

E questa antica parola ha la stessa radice che ritroviamo in oros, che significa limite. Un limite che evidentemente noi ormai abbiamo già violato. Forse in maniera tragicamente definitiva.

 

 

 

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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