Di Badri Raina

 

Friederich Engels nel sua opera classica, L’origine della famiglia, della proprietàprivata e dello Stato (1884) ha discusso di come la comparsa della proprietà privata aveva bisogno dell’istituzione del matrimonio monogamo, dato che esso consentiva al possidente di sapere con sicurezza che sarebbe stato il suo “legittimo” erede. Engels ha anche mostrato come, all’interno di questa nuova forma economia familiare, emergeva il primo sistema di classe: il marito diventava il proprietario, e la moglie una specie di schiava.

Con l’avvento del Cristianesimo, un nuovo marchio venne attribuito alla donna.

E’ stata lei che nel Giardino dell’Eden aveva ceduto per la prima volta alla tentazione di mangiare il frutto dell’albero della Conoscenza del Bene e del Male, frutto proibito da Dio. Adamo, il primo uomo e compagno di Eva, lo ha mangiato soltanto per pura cavalleria, tanto per stare al suo fianco (encomiabile per quel motivo). Questa “origine” della “fragilità” della donna, è stata di assicurarsi che il che primissimo diritto di voto alle donne è stato concesso in Nuova Zelanda nel 1893; soltanto molto più tardi, in “Gran Bretagna” nel 1928.

Qui in India quel diritto potrebbe essere maturato a favore della donna contiguamente con tutti gli altri dopo la nostra indipendenza politica dal dominio coloniale, ma pensate a questo: ciò che ancora prevale in molte menti è il sanatana – espresso proprio l’altro giorno da un sadhu vestito di color zafferano, fino a poco fa membro del Gabinetto Shivraj Singh Chouan In Madya Pradesh, ma ora scontento – che la politica è la moglie e il dharma il marito; quest’ultimo deve sempre avere il primo posto per impedire che la politica, cioè la moglie possa avere uno sbandamento. Una teoria proprio genuina di stato e di governo.

Ci si ricorda che anche Gandhi non aveva fiducia di nessuna politica che non fosse influenzata dal dharma (l’etica), ma per fortuna nel suo caso non c’era alcuna affermazione sulla base del genere dell’idea.

Ho spesso domandato ai miei amici Musulmani perché, nella pratica islamica, il matrimonio tra un uomo e una donna è un contratto accettato reciprocamente, ma che il diritto di divorziare dovrebbe essere esclusivamente del marito. Spesso la prima risposta intelligente alla domanda, tende ad essere che questo diritto è dato anche alla moglie e si chiama ‘khula’, fino a quando, poi trapela che la donna non può esercitare questo diritto senza il consenso del marito; è una circostanza alquanto strana in cui  la moglie deve cercare il permesso dell’oppressore per essere libera dalla sua oppressione. La conversazione procede poi a trattare della motivazione per  il triplo divorzio immediato ripudio; ci viene  detto che è, tra le altre cose, un deterrente per impedire di sbagliare alla moglie che sbaglia, e, quando sbaglia, di metterla alla porta. Notate che quasi in tutti i sistemi di fede religiosa gli uomini non sbagliano sempre; esercitano il privilegio di essere i padroni.

Quanto profondamente possano essere interiorizzate alcune di queste formulazioni fondanti, può essere evidenziato, per esempio, dai ricevimenti di gala, pieni di fiori e di confetti, concessa a Jalandhar al Vescovo di recente accusato di stupro e libero su cauzione.

Guardate quindi dove volete, l’uguaglianza di genere rimane ancora un obiettivo, il cui solo raggiungimento può renderci, dopo tutto, completamente umani.

Riguardo all’accumulo di rivelazioni di Me Too, sentite quale opinione personale ha appena espresso un ministro dello stato, Radhakrishnan: questo tipo di rivelazioni “corrompono la purezza della terra”  e di fatto “screditano l’onore delle donne”. Riferendosi a questi esempi come a una specie di ‘gioco’ tra bambini di età scolare,

Radhakrishnan, per deduzione, non vede né oppressione né criminalità collegate alle

molestie sessuali nei confronti delle donne da parte degli uomini che esercitano il potere su di loro. E’ comprensibile; dopo tutto gli spazi politici organizzati dell’India devono essere così pieni di un tale “gioco” come altri luoghi di lavoro, anche se  potrebbe essere più difficile che lì le rivelazioni arrivassero.

Estrapolate dal pasticcio a Sabarimala, una donna coimputata ha succintamente commentato: “La Corte Suprema può dire ciò che vuole, ma gli uomini saranno uomini e le donne saranno donne.” Così un patriarcato radicato, spesso più vigorosamente tra le donne che tra gli uomini, fa ricadere la storia in maniera semplice nella discussione della “natura”. Pensate che l’unica giudice della Corte Suprema che ha rilasciato il verdetto di Sabarimala asserendo il diritto delle donne di tutte le età di visitare il tempio ha pensato che fosse cosa adeguata dissentire.

La disputa continua nel luogo del tempio o lungo la strada per arrivarci, sottolinea un interessante dualismo dei nostri giorni in cui la Corte Suprema nei mesi recenti ha rilasciato una serie di giudizi progressisti che costituiscono una svolta – designando come diritto fondamentale il diritto alla privacy, negando qualunque uso obbligatorio a ruota libera dell’identità biometrica dei cittadini (impronte digitali e immagini del volto, n.d.t.), depenalizzando le relazioni omosessuali e transessuali, depenalizzando le relazioni extra-coniugali, delegittimando il triplo divorzio immediato – vaste sezioni della società indiana, non escludendo quelle molto istruite, sembrano palesemente impreparate ad accettare un futuro di emancipazione  e di uguaglianza.

Il fatto, però, che questo pensiero sembra ora in ascesa tra coloro che sono incaricati di interpretare la Costituzione dell’India, dà coraggio alle avanguardie che ora hanno almeno una istituzione di stato che appoggia la loro opera di portare i diritti umani in India fino a rispettabili standard internazionali, specialmente in un momento in cui l’Esecutivo in particolare offre poca speranza.

Non facciamo errori: il movimento Me Too non sta per essere ridotto. Questo genio progredito è ora esattamente fuori dalla bottiglia e scelto per guidare altri movimenti progressisti in tutti i sistemi di governo e anche per obbligare cumulativamente lo Stato a dare spazio a forme più decisamente democratiche di vita sociale, contigue a iniziative statali più efficienti, volenti o nolenti.

In effetti, una mappa di Google di Me Too mostra che le donne nell’entroterra indiano stanno ora esprimendo il desiderio di entrare nel movimento Me Too –una prova iniziale che il movimento potrebbe presto diventare una specie di tsunami.

Quello che l’onorata Corte Suprema deve ora considerare – riconsiderare – è l’effetto regressivo e agghiacciante delle leggi di diffamazione criminale. Essendo stata eliminata dalla giurisprudenza delle democrazie più evolute, è ora che allo stesso modo venga considerata obsoleta anche nella vita giudiziaria indiana.

Ecco soltanto un’idea che gli uomini, anche quelli devoti, che ignobilmente si impongono a donne riluttanti, potrebbero prendere in considerazione in questo periodo del festival di Dusshera-Diwali: anche se Ravana ha tenuto prigioniera Sita, non l’ha toccata neanche una volta perché non aveva avuto il suo consenso.

Badri Raina ha insegnato letteratura inglese all’Università di Delhi

Nella foto: il tempio di Sabarimala.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/the-metoo-movement-is-a-step-towards-gender-equality/

Originale: The Wire

Traduzione di Maria Chiara Starace

Traduzione © 2018 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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