Lettera dal carcere di Lledoners (Catalogna)

di Oriol Junqueras*

E’ passato un anno da quando sono entrato in prigione per aver adempiuto al mandato del popolo e per aver difeso la democrazia. Da un anno sono privato della libertà, lontano dalla mia famiglia e da tutti voi, ma oggi sono immensamente più forte di quando sono entrato. La prigione ha rafforzato le mie convinzioni, i miei ideali e sono ancora più desideroso di lavorare per la democrazia, la libertà e i cittadini di questo paese. Non mi sono mosso di un millimetro da ciò che ho difeso tutta la vita e a maggior ragione ora che siamo più vicini che mai. Non mi sono mosso di un millimetro dall’obiettivo di realizzare l’indipendenza della Catalogna e di farne un paese nuovo, pieno di opportunità per tutti.

Se credevano che imprigionandoci avremmo indietreggiato o cambiato di opinione, non ci conoscevano, né noi né il popolo catalano. Da molti anni inseguiamo un sogno, da molti anni lavoriamo per la libertà del paese e nonostante gli ostacoli che ci mettono davanti, non ci impediranno di realizzarlo. E anche se vorrei dire di più, la prigione sarà verosimilmente la loro peggiore decisione, perché sarà la loro sconfitta.

Ogni giorno che ci tengono in prigione, il nostro movimento diventa più grande, più forte, più credibile e più invincibile. Abbiamo guadagnato tutta la legittimità e la credibilità davanti al mondo. Adesso sanno, come gli avevamo detto tante volte, che siamo pronti assolutamente a tutto, sempre in maniera pacifica, per difendere la democrazia e per far sì che i cittadini della Catalogna, tutti, possano decidere il futuro del paese. Ci avevano detto che non avremmo fatto il referendum, dubitavano della nostra volontà, e ora hanno visto che lo abbiamo fatto e ne abbiamo assunto le conseguenze con determinazione, perché sappiamo che difendere la democrazia non è un delitto, e che un referendum non è un reato. Pertanto, il carcere non solo può essere utile, ma è sicuramente indispensabile affinché il mondo apra gli occhi e si renda conto del tipo di stato con cui ci confrontiamo e, al tempo stesso, è anche essenziale per dimostrare la nostra granitica volontà di difendere la democrazia e le libertà fondamentali.

Negli stati poco democratici, la prigione non è un’eccezione, non lo è in quei paesi del mondo dove si è lottato per la difesa dei diritti e delle libertà, della giustizia sociale e della libertà nazionale. E sapevamo che questo poteva accadere, perché conosciamo il volto di questo stato e come ha sempre reagito davanti alle esigenze di libertà e di giustizia. Probabilmente, la prigione diventa essenziale per avanzare, è il prezzo della libertà.

Oggi, un anno dopo, siamo molto forti. Ci sentiamo forti, lo dovete sapere. E saremo immensamente forti se sapremo che perseverate, che ci siete, serenamente ma con tutta la determinazione e l’entusiasmo intatti. Siamo pronti per il processo che arriverà presto o tardi e sappiamo che non sarà giusto. Lo sappiamo e lo affronteremo molto consapevoli dei costi personali e umani. E sappiamo anche che ci vogliono imporre pene durissime in termini di privazione della libertà. Ci vogliono castigare e umiliare. Però noi continueremo. Non sanno che abbiamo smesso di temerli, che possono rinchiuderci qui anni e anni, ma che non farà scemare il desiderio di libertà che, anzi, diventerà sempre più forte.

Mai chiederemo perdono per volere che i catalani decidano il loro futuro democraticamente, con urne e schede elettorali. Mai chiederemo perdono per essere indipendentisti e repubblicani. Sono molto orgoglioso di tutti voi. E vi incoraggio a continuare a lavorare per la libertà, per la giustizia sociale e per realizzare una Repubblica di donne e uomini liberi dove mai si possa mettere qualcuno in carcere perché vuole votare; dove la giustizia sia equa e dove si mettano le risorse al servizio della maggioranza.

Ogni sera sentiamo il calore di tutti voi, le vostre voci, e notiamo il sostegno attraverso le lettere che provengono da tutto il mondo. Qui, i dettagli sono spesso fonte di un’emozione intensa, inestimabile per tutti noi. La sera, nella solitudine della cella, penso al paese, alle persone, a tutte le persone, e ogni giorno ai miei figli, alla mia famiglia, a coloro che amo così tanto e che mi mancano così tanto. È la parte più difficile da gestire di questa situazione. Perché sono coloro che patiscono più duramente questa repressione. So, tuttavia, che anche loro sentono il vostro calore, il vostro amore. Lo apprezziamo profondamente.

Evidentemente, la prigione è dura, spesso ne discutiamo con i compagni di prigionia. E’ un anno che sono lontano dalla mia famiglia, dai miei figli e dai miei amici, ma so che ogni volta che vengono a trovarmi posso guardarli negli occhi. E so anche che da qui a pochi anni tutti vedranno che ne sarà valsa la pena, perché questo processo, come dice sempre Raül Romeva** non è facile, non è veloce, non è indolore, ma è irreversibile. Ecco perché vinceremo!

Guardare al futuro e sorridere, perché la nostra determinazione è salda e lo sarà fino alla fine, fino a quando saremo liberi, fino a raggiungere la libertà del paese. Saremo all’altezza della vostra dignità. Vinceremo.

 

* Presidente di Esquerra Republicana 

** Ex ministro degli esteri del Governo catalano incarcerato dal 24 marzo 2018 (dopo un primo mese di prigione nel novembre 2017)

http://www.sinistraineuropa.it/storie/un-anno-dietro-le-sbarre-la-lettera-del-presidente-di-esquerra-republicana/