Di Jonathan Cook

 

La vittoria di Jair Bolsonaro nelle elezioni presidenziali brasiliane della scorsa settimana ha procurato a Israele un nuovo amico appassionato, sulla scena internazionale. La quinta nazione più popolosa del mondo sarà ora “colorata in blu e bianco”, ha detto un funzionario israeliano, riferendosi ai colori della bandiera di Israele.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha immediatamente telefonato per  congratularsi con Bolsonaro, un ex ufficiale dell’esercito con una spiccata nostalgia per la dittatura militare del suo paese che dura da 20 anni. I critici lo descrivono come un neofascista.

Secondo i resoconti dei media israeliani, è ”altamente probabile”  che Netanyahu sarà presente all’insediamento di Bolsonaro il 1° gennaio.

Il presidente brasiliano designato ha già promesso che il suo paese sarà il terzo a ricollocare la sua ambasciata a Gerusalemme, dopo gli Stati Uniti e il Guatemala. Ciò minerà ulteriormente le speranze palestinesi per un eventuale stato con Gerusalemme Est come capitale.

Bolsonaro ha detto a Israele che può contare sul voto del Brasile alle Nazioni Unite, e che ha minacciato di chiudere l’ambasciata palestinese a Brasilia.

Si potrebbe immaginare che Netanyahu sia semplicemente pragmatico nell’avvicinarsi molto a Bolsonaro, data l’importanza del Brasile. Ma ciò significherebbe ignorare una tendenza inequivocabile: Israele ha goduto per la recente comparsa di leader di estrema destra in tutte le Americhe e l’Europa, spesso  suscitando l’orrore delle comunità ebraiche locali.

Bolsonaro ha diviso i 100.000 Ebrei del Brasile. Alcuni sono rimasti colpiti dalla frequente comparsa di bandiere israeliane durante i suoi rally e dalla sua posizione anti-palestinese. Ma altri sottolineano che egli esprime regolarmente ostilità verso le minoranze.

Sospettano che Bolsonaro desideri molto  la competenza militare di Israele e i voti di diecine di milioni di Cristiani fondamentalisti in Brasile, che considerano Israele fondamentale per le loro convinzioni apocalittiche e, in molti casi, antisemitiche. Questo, però non preoccupa certo Netanyahu.

Si è impegnato in un analogo rapporto inseparabile con Viktor Orban, il primo ministro ungherese ultra-nazionalista che a malapena nasconde  la persecuzione degli Ebrei e che ha elogiato Miklos Horthy, un leader ungherese che aveva collaborato con i Nazisti.

Netanyahu ha anche corteggiato il Primo Ministro di estrema destra della Polonia, Mateusz Morawiecki, anche se questi ha alimentato il revisionismo dell’Olocausto con la legge per mettere al bando anche se quest’ultimo ha alimentato il revisionismo dell’Olocausto con la legge per mettere al bando le critiche alla Polonia per il suo coinvolgimento nei campi di sterminio nazisti. Milioni di ebrei furono sterminati in tali campi.

Israele sta coltivando alleanze con altri ultra-nazionalisti – dentro e fuori dal potere –  nella Repubblica Ceca, in Italia, Svizzera, Germania e Austria.

La conclusione presa dalle comunità ebraiche all’estero è che il loro benessere – anche la loro sicurezza – è ora una priorità molto più bassa rispetto al rafforzamento dell’influenza diplomatica di Israele.

Questo è stato illustrato brutalmente la settimana scorsa subito dopo un massacro nella sinagoga di Pittsburgh, il 27 ottobre. Robert Bowers ha ucciso 11 fedeli, nel peggior attacco antisemita nella storia degli Stati Uniti.

Le comunità ebraiche hanno collegato il risveglio del movimento nazionalista bianco a cui Bowers apparteneva, alla retorica ostile dell’amministrazione Trump nei confronti degli immigrati e delle minoranze etniche.

A Pittsburgh, folle enormi hanno protestato quando Trump ha fatto una visita di condoglianze alla sinagoga Tree of Life, alzando degli striscioni su i quali erano scritti degli slogan come:  “Presidente Odio, vai via dal  nostro stato”.

E’ ugualmente difficile da ignorare il fatto che i leader israeliani, mentre denunciano regolarmente gli Stati Uniti e le persone di sinistra in Europa come antisemite perché criticano Israele per le violenze contro i Palestinesi, sono rimasti deliberatamente in silenzio per le dichiarazioni provocatorie di Trump.

Chemoi Shalev, un giornalista del quotidiano israeliano Haaretz, ha notato l’inquietante impressione creata da Ron Dermer, l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, che scortava Trump attraverso Pittsburgh. Dermer sembrava una “guardia del corpo”, Dermer sembrava una “guardia del corpo” che proteggeva Trump dai dimostranti  ebrei locali, ha osservato Shalev.

Nel frattempo, il ministro sordo alle faccende della diaspora  Naftali Bennett, leader del più grande partito dei coloni israeliani,  la Jewish Home (La Casa Ebraica), ha sfruttato il dolore della comunità locale per il massacro di Pittsburgh a vantaggio di Israele. Durante un servizio di commemorazione ufficiale, ha paragonato i proiettili di Bowers con i razzi lanciati dai Palestinesi, descrivendoli entrambi come esempi di antisemitismo.

Con un post messo online prima dell’attacco, Bowers ha identificato la sinagoga per il suo preminente ruolo nell’aiutare i rifugiati a ottenere asilo negli Stati Uniti.

Trump ha rapidamente trasformato l’immigrazione in una priorità per la “sicurezza nazionale”. La settimana scorsa ha inviato migliaia di soldati americani al confine con il Messico per fermare ciò che ha definito una “invasione” dei rifugiati che arrivano dall’America Centrale.

Attingendo alle storie delle proprie famiglie fuggite dalle persecuzioni, gli Ebrei liberali come quelli della sinagoga di Pittsburgh credono che sia un imperativo morale aiutare i rifugiati che scappano dall’oppressione e dal conflitto.

Quel messaggio è strenuamente rifiutato non soltanto da Trump, ma dal governo israeliano.

Con un’iniziativa che Trump spera di replicare al confine con il Messico, Israele ha costruito un muro lungo 250 km lungo il confine con l’Egitto per bloccare il percorso dei richiedenti asilo provenienti dall’Africa devastata dalla guerra.

Il governo di Netanyahu ha anche  aggirato  la legge internazionale e le sentenze della Corte di Israele per mettere in carcere e poi espellere i rifugiati per farli tornare in Africa, malgrado le prove che saranno messi in situazioni di serio pericolo.

Bennett ha definito i rifugiati “una piaga di infiltrati illegali”, mentre il ministro della cultura Miri Regev li ha etichettati come un “cancro”. I sondaggi suggeriscono che più della metà degli ebrei israeliani è d’accordo.

Separatamente, la legge dello Stato nazionale di Israele, approvata in estate, conferisce peso costituzionale all’idea che Israele appartiene esclusivamente agli ebrei, privando il quinto della popolazione di cittadini palestinesi dei diritti più elementari.

Più in generale, Israele vede i palestinesi attraverso un unico prisma: una minaccia demografica al progetto Jewishness of Greater Israel  (Ebraicità del Grande Israele) che Netanyahu ha mandato avanti.

In breve, i leader israeliani non stanno semplicemente placando una nuova ondata di leader nazionalisti-bianchi e neofascisti. Hanno una profonda solidarietà ideologica con loro.

Per la prima volta, le comunità ebraiche all’estero si trovano di fronte a un preoccupante dilemma. Vogliono davvero aderire ad un nazionalismo ebraico in Israele che riecheggia così fortemente la brutta retorica e le politiche che li minacciano in patria?

Una  versione di  questo articolo è apparso per la prima volta  su The National, di Abu Dhabi

Nella foto: Jair Bolsonaro

Jonathan Cook ha vinto il  Premio Speciale  Martha Gellhorn Prize per il  giornalismo. I suoi libri più recenti sono “Israel and the Clash of Civilisations: Iraq, Iran and the Plan to Remake the Middle East” [Israele e lo scontro di civiltà: Iraq, Iran e il piano per rifare il Medio Oriente]  (Pluto Press) e Disaapearing Palestine: Israel’s Experiments in Human Despair” [La Palestina che sparisce: gli esperimenti di Israele nella disperazione umana](Zed Books).  Il suo nuovo sito web  è:www.jonathan-cook.net.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://www.counterpunch.org/2018/11/08/with-brazils-bolsonaro-israel-finds-another-natural-partner-on-the-far-right

Originale : The National – Abu Dhabi

Traduzione di Maria Chiara Starace

Traduzione © 2018 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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