di Sarah Gainsforth

Roma conta il primo morto di freddo della stagione proprio nel quartiere San Lorenzo dove, a neanche un isolato di distanza, aveva trovato la morte Desirée Mariottini

La mattina del 29 novembre un uomo è stato trovato morto sul marciapiede di via dello Scalo San Lorenzo, una strada trafficata nel quartiere romano di San Lorenzo. Aveva passato la notte in strada, dove è morto presumibilmente di freddo.  L’uomo, di cui non conosciamo ancora il nome, era una delle circa 8mila persone senza dimora che abitano le strade della Capitale, secondo i dati Istat del 2014 contenuti nel rapporto di Caritas Roma “Persone senza fissa dimora, le sfide di un sistema integrato”, presentato il 23 novembre scorso.

Una ricerca del 2013, che includeva anche le situazioni di “barbonismo domestico” e quanti vivono in insediamenti non idonei, aveva stimato un numero molto più alto, tra 14.000 e 16.000 individui, «che cercano di rimanere “in piedi”, al limite della dignità umana, in baracche, anfratti, sottopassaggi, sui marciapiedi, nelle piazze, nei parchi pubblici o che si trovano “bloccate” nelle strutture di accoglienza della città per la mancanza di risposte adeguate ai complessi percorsi di vita che le hanno condotte all’emarginazione» – si legge nell’introduzione del rapporto Caritas. Trent’anni fa la situazione di disagio rilevata riguardava 3mila individui.

Per loro ogni anno, da anni, in ritardo, ritorna l’emergenza freddo, nonostante il peggioramento del clima non sia un fattore imprevedibile. Il 16 novembre scorso il Consiglio Comunale ha bocciato una mozione per anticipare il “Piano Freddo”, proposta dalla consigliera Gancio e sottoscritta da tutti i capigruppo, all’indomani dello sgombero del Baobab: al momento del voto i consiglieri 5 Stelle hanno abbandonato l’aula.

Il 27 novembre la Sindaca Virginia Raggi ha scritto in un post su facebook che «è in via di composizione la commissione valutatrice per il Piano Freddo 2018-19. I posti a bando garantiranno servizi, durante il periodo invernale, ad altri 335 utenti al giorno». «Rispetto agli anni scorsi – prosegue la sindaca – incrementiamo in particolare lo spazio che il Piano Freddo riserva all’accoglienza notturna: 235 posti». Ma secondo il comunicato del Comune di Roma i posti per l’accoglienza notturna per il periodo dal 1° dicembre al 30 aprile 2018 erano 381. Rispetto allo scorso inverno i posti di accoglienza notturna sembrerebbero dunque diminuiti, non aumentati. Inoltre l’anno scorso, emergenza nell’emergenza, con l’arrivo della neve è stato necessario trovarne 600 in più.

Questo per rispettare i numeri. Ma forse anche per rispettare le persone che sono esposte al freddo. Forse anche per rispettare chi ne è morto.

«Se manca uno sguardo sistemico, capace di comprendere la condizione di emarginazione alla luce delle sue determinanti non solo individuali ma anche sociali, le misure di sostegno cadono nella distorsione dell’assistenzialismo e nella rincorsa dell’emergenza» – si legge nel Rapporto Caritas.

Il “Piano Freddo” dell’anno scorso è consistito nell’attivazione, per 120 giorni, di 150 posti, diventati 170, nella tendopoli di via Ramazzini gestita dalla Croce Rossa, «moduli abitativi prefabbricati mai sperimentati in una realtà cittadina», la cui chiusura lo scorso aprile ha lasciato di nuovo in strada 162 persone (solo 8 avevano trovato un’alternativa): con l’arrivo della primavera l’emergenza cessa, per diventare poi emergenza caldo.

Il “Piano Freddo” integra il sistema ordinario di accoglienza che, informa la sindaca «tramite la Sala Operativa Sociale, ogni giorno, ospita oltre 1000 persone, fornisce 1.442 pasti presso le strutture e 600 pasti a domicilio. Ci sono poi i 1.976 posti utilizzabili grazie al sistema Sprar», dove grazie al decreto Sicurezza di Salvini non potranno più accedere i richiedenti asilo.

Pochi, rispetto alle 8mila persone senza dimora, e comunque insufficienti a dare una risposta strutturata al problema multidimensionale della povertà.

Secondo la Caritas, la povertà è un fenomeno prevalentemente urbano, perché dipende, sì, da una molteplicità di fattori ma prospera sulla fragilità delle relazioni sociali. «Le città forniscono una chiave di lettura privilegiata delle povertà estreme poiché sono i luoghi in cui con più evidenza si manifestano le disuguaglianze sociali prodotte dal modello economico dominante» – si legge nel Rapporto Caritas. «Soprattutto laddove si concentrano gli interessi della finanza globale, è prevalsa negli ultimi anni la tensione a costruire un’immagine appetibile di città dal punto di vista degli investimenti e dei consumi: centri commerciali, grandi opere, aree residenziali di nuova costruzione. Il modello economico e culturale che sottende questa impostazione della città è quello neoliberista che pure, alla prova dei fatti, ha dimostrato di produrre gravi costi sociali polarizzando la società».

Quali sono gli effetti del neoliberismo sulle città, gli effetti che contribuiscono a creare povertà? Secondo il Rapporto Caritas a contribuire alla povertà ci sono la gentrificazione, le politiche securitarie, la domesticazione. Ovvero dinamiche immobiliari che espellono la classe medio-bassa dalle città; criminalizzazione dei poveri, attraverso, per esempio lo strumento del Daspo Urbano, “la socialità a pagamento” con la riduzione dello spazio pubblico. Insomma i fenomeni che San Lorenzo da tempo lamenta.

Lo scenario è dei peggiori con gli sgomberi in corso di occupazioni e insediamenti spontanei, iniziati già con gli sgombero di via Costi e poi, il ventiduesimo, del Baobab. È imminente lo sgombero di 500 persone della ex fabbrica della Penicillina sulla via Tiburtina, dove abitano in condizioni disumane circa 500 migranti. Si teme poi quello dell’Hotel 4 stelle di via Prenestina, dove 400 persone sono rimaste senza acqua e luce dopo lo scoppio di un incendio.

Salvini ha inoltre annunciato, parlando a La 7, lo sgombero di due occupazioni abitative decennali a San Lorenzo, una entro la fine dell’anno, la seconda a gennaio – non si capisce quali siano, ma solo che Salvini non conosce San Lorenzo, dove non esistono occupazioni abitative. In ogni caso si tratta di persone che ritroveremo nelle statistiche sull’esclusione sociale a Roma, dove le morti di freddo in strada rischiano di diventare «fatti quotidiani, cose che capitano e a cui ormai non diamo più importanza, come se fossimo de-sensibilizzati, anestetizzati».

Foto di copertina tratta da qui.

Un anonimo morto di freddo, il primo di stagione. Ruspa che ti passa

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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