February 1948: The niece of Mahatma Gandhi (Mohandas Karamchand Gandhi) places flower petals on his brow as he lies in state at Birla House, New Delhi, after his assassination. Immediately after this picture was taken the procession left for the burning ghat on the banks of the river Jumna, where the cremation took place. (Photo by Keystone/Getty Images)

UNA DELLE ULTIME FOTO DI GANDHI


Francesco Cecchini


Il 30 gennaio 1948, presso la Birla House, a Nuova Delhi, mentre si recava nel giardino per la consueta preghiera ecumenica delle 17:00, accompagnato dalle sue due pronipoti Abha e Manu, Gandhi viene assassinato con tre colpi di pistola da Nathuram Godse, un indù radicale che aveva legami con il gruppo estremista indù Mahasabha. Godse riteneva Gandhi responsabile della divisione tra India e Pakistan. La divisione provocò l’esodo in massa di circa 17 milioni di persone da uno stato all’altro e violenti scontri tra musulmani e induisti che porteranno a più di 500.000 morti. Per commemorare la morte di Gandhi molte organizzazioni hanno indetto il 30 gennaio, in tutta l’India, due minuti di silenzio.
Vi sono dei dubb che gli intoccabili abbiano partecipato ai due minuti di silenzio in onore di Gandhi.
Il rapporto tra Gandhi e gli intoccabili lo ha raccontato la scrittrice e militante politica Arundhati Roy, in varie opportunità e, principalmente, nel suo saggio introduttivo, Il Dottore e il Santo, al libro di B.R. Ambedkar L’ Eliminazione delle Caste. Il dottor Ambedkar fu uno dei pensatori più radicali dell’India moderna, contribuendo nel 1947 alla stesura della Costituzione. Nel 1936 in una conferenza sconfessò Gandhi su un tema cardine della società: il sistema delle caste. . Il principio etico-politico che divise all’epoca Gandhi e Ambedkar è ancora drammaticamente attuale. Come altri riformatori indù, Gandhi inquadrò l’Intoccabilità come una semplice pratica religiosa e culturale discriminatoria, da cambiare. Col risultato di separare la questione delle caste dall’economia politica e sviare lo sguardo dalla vita di ogni giorno, dove la maggior parte dei fuori casta erano costretti in condizioni di schiavitù. Secondo Gandhi bisognava considerare le caste tutte uguali, senza distinzioni gerarchiche, e ricondurre i pariah nell’alveo del sistema tradizionale. Ambedkar era invece convinto che i fuori casta fossero un inevitabile sottoprodotto delle caste, e che per loro l’unica speranza di emancipazione fosse la completa demolizione del sistema. Sono passati oltre 71 anni settant’anni dall’indipendenza dell’India, agosto 1947, ma nella sua introduzione Arundhati Roy aveva concluso che le caste e gli intoccabili esistono ancora.
Nel corposo saggio introduttivo Arundhati agita la sua parola scritta contro le iniquità, annullando di colpo la distanza fra una prassi sociale invariata da migliaia di anni e la realtà di cui gli indiani fanno esperienza quotidiana. Ogni settimana in India, dicono le statistiche, 13 dalit letteralmente gente svantaggiata ( così vengono chiamati i fuori casta da quando, nel 1950, la Costituzione vietò l’uso del termine pariah, Intoccabile) vengono uccisi e 6 rapiti, ogni giorno più di 4 donne dalit subiscono uno stupro. Crimini in aumento, se è vero che solo il 10 per cento dei reati commessi viene denunciato. Senza mezzi termini, Ambedkar scrisse che per gli Intoccabili l’Induismo era una stanza degli orrori. Con un coraggio, aggiunge la Roy, che gli intellettuali d’oggi in India faticano a trovare.
Arundhati Roy scrisse nell’introdzione: “Curiosamente non ho mai trovato nei libri di scuola mai alcun riferimento al concetto di casta. Solo leggendo Ambedkar mi accorsi del vuoto nel nostro sistema pedagogico. E qui entra in gioco il padre della patria. Gandhi si battè in prima persona per la parità giuridica e il miglioramento delle condizioni di vita degli Intoccabili, che ribattezzò harijan, figli di Dio. Ma pur volendo eliminare l’Intoccabilità, non ripudiò il sistema che l’aveva generata. Il Mahatma andava a trovare i bhangi, gli spazzini, nel corso di visite ampiamente pubblicizzate, portando loro cibo e rispetto, sempre però esortandoli a non rinnegare la loro eredità culturale. Gandhi considerava il principio di ereditarietà, cioè l’anima del sistema castale, eterno e indiscutibile. Pulire i cessi era una sorta di dovere religioso. Com’è che nel resto del mondo la gente si occupa dei propri escrementi senza erigervi sopra tante teorie?”

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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