ROME, ITALY - APRIL 05: Danilo Toninelli President of the Parliamentary Group "5 Star Movement" of the Senate, Giulia Grillo, (pictured) President of the Parliamentary Group "5 Star Movement" of the Chamber of Deputies, Luigi Di Maio, Head of the political force "5 Star Movement"at the end of the after a meeting with Italy's President Sergio Mattarella in the second day of consultations with political parties for the formation of the new Government at the Quirinale palace in Rome on April 5, 2018 in Rome, Italy. (Photo by Stefano Montesi - Corbis/Corbis via Getty Images)

“Ministra Grillo, rifletta. È ancora in tempo per non distruggere il Servizio sanitario nazionale”. Intervento di Vittorio Agnoletto

Si sono appena concluse le celebrazioni per il 40° anniversario della riforma sanitaria che la ministra Grillo subito ne annuncia la volontà di archiviarla definitivamente. La riforma fu approvata nel 1978 e superati i primi anni di rodaggio il nostro Servizio sanitario nazionale fu riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come uno dei migliori di tutto il mondo, universale e gratuito, finanziato alla fonte con la fiscalità generale da ogni cittadino in rapporto al reddito.

Tanto tempo è passato e il nostro Ssn risulta molto ammaccato sotto i colpi della privatizzazione e dei tagli del finanziamento pubblico operati da tutti gli ultimi governi. Oggi tutte le ricerche svolte sul campo, documentano l’impossibilità di curarsi per milioni di persone. La spesa sanitaria privata è cresciuta fino a 40 miliardi di euro, 7 milioni di italiani sono indebitati e 2,8 milioni vendono la casa per curarsi secondo l’VIII Rapporto Censis-Rbm Assicurazione Salute relativo al 2017; in tale anno l’esborso medio procapite per curarsi è stato di 655 euro, una cifra proibitiva per ampie fasce di popolazione.

Il pendolarismo per le cure dal sud al nord non accenna a diminuire in un sistema senza equità: le Regioni del Mezzogiorno hanno in media un anno in meno di aspettativa di vita rispetto a quelle del nord e questo divario aumenta fino a tre anni se misurato per la popolazione di 65 anni. E’ interessante notare che se si paragona il livello di assistenza sanitaria fornita dalle Regioni del sud Italia con i servizi forniti da nazioni, quali ad esempio il Portogallo, che hanno un Pil simile, la qualità delle prestazioni del nostro sud è superiore. Al di là di episodi di malcostume, di corruzione ecc. ecc. che certamente ci sono, il divario tra Nord e Sud rimanda quindi ancora una volta al diverso livello di sviluppo, alla carente presenza di infrastrutture e alle differenze di reddito.

E’ vero che al nord è più facile curarsi, ma è altrettanto vero che ad esempio in Lombardia diventa sempre più evidente che si cura chi può ricorrere al vastissimo settore privato scavalcando le infinite liste di attesa; anche in questo caso la diversità di reddito fa la differenza nella possibilità di curarsi in tempo utile.

L’istituzione tanto reclamizzata del “1500. Numero di Pubblica Utilità. Liste di attesa” è servita unicamente a permettere ai cittadini esasperati dai tempi di attesa di sfogarsi con il povero centralinista che rispondeva dall’altra parte, senza che costui potesse fare nulla. Di fronte a Regioni che non rispettano i tempi di attesa previsti a livello nazionale la ministra si limita a qualche dichiarazione e a garantire un finanziamento, che, in assenza di controllo da parte dello Stato, è molto più probabile che finisca a qualche ulteriore convenzione con strutture private.

Ma purtroppo la ministra va oltre e dichiara: “Dobbiamo vedere le differenze regionali come possibilità di arricchimento” e annuncia di essersi convertita alla realizzazione dell’autonomia regionale in campo sanitario. Il risultato non è difficile da immaginare: venti sanità completamente differenti, un divario destinato sempre più ad aumentare tra nord e sud, la cancellazione dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza che per ora definiscono gli interventi sanitari che devono essere resi disponibili a tutti i cittadini dalla Sicilia a Bolzano e che invece cambieranno in base alle decisioni delle singole Regioni, contratti di lavoro diversificati che ridurranno ulteriormente gli operatori sanitari in alcune regioni.

Sia ben chiaro che a pagare la conseguenze di questa scelta non saranno solo i cittadini del sud; non dimentichiamoci che solo l’esistenza di una legge nazionale e di un contratto nazionale valido per tutti i medici di famiglia ha impedito alla regione Lombardia di cancellare al figura del medico di base e di consegnare la nostra salute ai gestori privati. Il fallimento, per ora, del tentativo di privatizzare l’assistenza ai 3 milioni di malati cronici presenti in Lombardia consegnandoli ai gestori privati Regione Lombardia: sei malato? Non chiamare il medico ora c’è il gestore è dovuto proprio all’esistenza di un quadro normativo nazionale che pone dei vincoli in nome di una Costituzione che all’art. 32 riconosce la salute come un “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti” e all’articolo 3 che afferma “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini”.

Avevo avuto l’opportunità di leggere il programma del M5S sulla sanità, dei principi e degli interventi previsti non c’è più traccia. Tutto, anche in questo campo, è svanito nel verde leghista.

http://www.controlacrisi.org/notizia/Welfare/2019/1/29/52302-ministra-grillo-rifletta-e-ancora-in-tempo-per-non/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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