Manifestazione contro il fracking a San Martin.


FRANCESCO CECCHINI


FRACKING.
In Colombia vi sono anche problemi ambientali, tra gli altri la diga Hidrotuango, il megaprogetto idroelettrico lungo il fiume Cauca, e il fracking.
La fratturazione idraulica è diventata un argomento di dibattito nazionale in Colombia, mentre il governo di Iván Duque non definisce la sua posizione su questa attività. Dato l’interesse del settore privato di fare fracking per l’esplorazione petrolifera, il Comitato di esperti che ha valutato la sostenibilità offre solo messaggi ambigui. Quando sembrava che la tecnica di fratturazione idraulica usata per estrarre il petrolio stesse perdendo terreno in America Latina, soprattutto, dopo l’annuncio di Andrés M. López Obrador di ritirare questa attività dal Messico, in Colombia sorge una nuova preoccupazione ambientale per questa pratica. Il fracking è stato denunciato e proibito in varie parti del mondo perché implica la fratturazione di vari strati della crosta terrestre, aumentando la possibilità di contaminazione delle risorse idriche e del sottosuolo. Al momento, ci sono tre compagnie internazionali hanno mostrato interesse al fracking in Colombia : Ecopetrol, Exxon Mobil e Conoco Phillips. Nonostante che durante la sua campagna oggi il presidente Iván Duque abbia promesso che non avrebbe permesso l’uso del fracking per le attività estrattive, la possibilità che questa pratica si sviluppi in Colombia rimane latente. E’ stata anche creata una Commissione di esperti, composta da scienziati, che verificherà se l’esplorazione attraverso il fracking è praticabile o meno sul suolo colombiano. Finora però non c’è stata una chiara posizione contro il fracking, anzi si para di fracking responsabili.
Da tempo gli abitanti residenti di San Martin, comune facente parte del dipartimento di Cesar, uniti nella Corporación Defensora del Agua, Territorio y Ecosistemas stanno facendo una pacifica resistenza all’arrivo della fatturazione idraulica in Colombia e subiscono minacce. Si rende necessaria una più ampia mobilitazione sul territorio nazionale, che coinvolga organizzazioni politiche e sociali.

LA PACE.

Iván Duque e Álvaro Uribe Vélez

Il presidente Iván Duque come un membro del Congresso aveva ripetutamente criticato la Giurisdizionale speciale per la pace (JEP) ora è indeciso se firmare la legge statutaria della JEP, già approvata dalla Corte costituzionale e da Congresso. Entrambe le Istituzioni hanno dichiarato che questa legge è in armonia con la Costituzione.
e sottolineato che la legge statutaria è conforme alla Costituzione. Iván Duque sta subendo in questi giorni dal suo partito, il Centro Democratico, perché non la firmi. Il suo leader naturale, l’ex presidente Álvaro Uribe Vélez ha pubblicato pubblicato sette tweets che spiegano i motivi per cui il presidente Duque dovrebbe opporsi alla JEP. Significativo è l’ultimo dei 7 tweets : bene che vi sia opposizione alla JEP. meglio eliminarla. La risposta non è mancata ad arrivare.
Diversi settori che difendono l’accordo di pace con le FARC-EP si sono riuniti a Bogotá e hanno emesso e diffuso una dichiarazione unitaria, Defendamos la Paz, Difendiamo la Pace. Nelle prossime elezioni locali lo scontro tra coloro hanno votato che hanno votato SI alla pace e coloro che hanno NO nel plebescito del 2016 può diventare centrale. E’ importante che questi settori che sono per il SI rimangano coordinati e uniti.
Grande è stata la partecipazione: De La Calle, Timoshenko, Antanas Mockus, Clara López, Juan Camilo Restrepo e moltissimi altri.
E’ stato deciso di inviare una dichiarazione scritta a Duque chiedendogli di firmare la legge statutaria della JEP senza indugi e obiezioni.
Oltre della JEP sono stati discussi i seguenti punti ritenuti prioritari:

  • La riforma agraria prevista dall’accordo di pace.
  • Difendere la Comissione della Verità per la ricerca delle persone scomparse.
  • Monitorare da vicino il piano pluriennale di investimenti per la pace.
  • Far pressione sul governo perchè sia posta fine all’ omicidio di leader sociali.

COLOMBIA E VENEZUELA.

Giù le mani anche colombiane dal Venezuela
In queste prime settimane del 2019, il governo di Duque e Uribe, continua ad intensificare il conflitto interno e l’aggressione contro il Venezuela, in conformità con i dettami di Donald Trump. Prendono distanze da soluzioni politiche e diplomatiche, oltre a ignorare sempre più, anzi a intralciare il processo di pace in Colombia.
Va sottolineato che, mentre Iván Duque, Álvaro Uribe Vélez e il loro governo sono per rovesciare Maduro, la maggioranza del popolo colombiano non lo è.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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