Il malumore covava probabilmente da tempo tra i vertici delle forze armate. Ancora una volta, infatti, una direttiva del ministro degli Interni Matteo Salvini tira in ballo i capi di Stato maggiore della Difesa e dalla Marina militare chiedendogli di intervenire per contrastare le navi delle ong impegnate a salvare migranti nel Mediterraneo. L’ultima proprio ieri, con una nuova direttiva che rappresenta l’ultimo atto di quello che sembra diventato ormai uno scontro personale tra il ministro leghista e le navi delle organizzazioni umanitarie. Una in particolare, la Mare Jonio della piattaforma Mediterranea che proprio ieri ha ripreso il mare da Marsala diretta verso l’area Sar (ricerca e salvataggio) libica. Uno scontro nel quale il titolare del Viminale punta a coinvolgere anche forze che, in realtà, rispondono solo al ministero della Difesa. «Una vera e propria ingerenza senza precedenti nella storia della Repubblica», è la reazione che l’agenzia AdnKronos raccoglie tra i vertici militari, il cui sfogo lascia trasparire tutta l’irritazione per quella che viene considerata come un’invasione di campo: «Non è che un ministro può alzarsi e ordinare qualcosa a un uomo dello Stato», spiegano gli uomini in divisa. «Queste cose accadono nei regimi, non in democrazia. Noi rispondiamo al ministro della Difesa e al capo dello Stato, che è il capo supremo delle Forze armate». Parole che seguono solo di qualche ora un’altra dura presa di posizione, questa volta direttamente della titolare della Difesa, Elisabetta Trenta: «Per quanto mi riguarda il primo obiettivo è la protezione del Paese e tenere in sicurezza l’Italia, difendendo i nostri confini. Non ho tempo di vaneggiare come fa qualcun altro», è la risposta alle critiche arrivate da Salvini per alcune opinioni espresse dalla ministra sulla crisi libica. L’ultimo motivo di scontro all’interno della maggioranza è proprio la direttiva varata ieri dal Viminale a firma del suo ministro e indirizzata al capo della polizia, al comandante generale dell’Arma dei carabinieri, al comandante generale della Guardia di finanza, al capo di Stato maggiore della Marina militare, al comandante generale delle Capitanerie di porto e per conoscenza al capo di Stato maggiore della Difesa. Quattro pagine nelle quali si chiede di «vigilare» perché il comandante e la proprietà della Mare Jonio «non reiterino condotte in contrasto con la vigente normativa nazionale ed internazionale in materia di soccorso in mare, di immigrazione, nonché con le istruzioni di coordinamento delle competenti autorità». L’obiettivo è quello di evitare che, in caso di intervento in soccorso a una barca di migranti, la nave possa fare ingresso nelle acque territoriali italiane se il coordinamento dell’operazione era stato affidato alla Guardia costiera libica. Come avviene puntualmente da mesi. Infine si sottolinea come l’attività delle navi delle ong accrescerebbe «i rischi di ingresso sul territorio nazionale di soggetti coinvolti in attività terroristiche o comunque pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica». Il primo ad attaccare l’iniziativa è proprio Luigi Di Maio: «Se abbiamo il problema di 800 mila migranti in arrivo, non li fermi con una direttiva», dice il vicepremier grillino da Abu Dhabi. «E’ chiaro che si tratta di misure emergenziali per il breve termine. Ma uno stato serio deve vedere a lungo termine: con l’Europa per la redistribuzione dei migranti che vengono bloccati proprio dagli alleati di Salvini come Orban». Anche se Salvini chiede ai suoi di non attaccare i 5 Stelle, lo scontro è a tutto campo, al punto che al Quirinale si guarderebbe con preoccupazione alle ultime vicende. Anche perché, lanciatissimo nella campagna elettorale per le europee di maggio il ministro leghista non fa niente per abbassare la tensione. «La direttiva sui porti è doverosa, oltre che legittima, a fronte di un pericolo imminente», è la replica alle critiche, mentre dal Viminale sottolineano come il testo unico sull’immigrazione prevede l’utilizzo della navi della marina militare «per concorrere all’attività di polizia in mare». In serata, infine, l’ultima frecciata Salvini la riserva per la collega della Difesa: «Mio compito è difendere i confini, combattere terroristi e scafisti», dice. «Io ho il diritto dovere di decidere in quale porto sbarca tizio o caio: finché sarò io a decidere non c’è nessun porto disponibile per far sbarcare tizio o caio».

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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