Francesco Cecchini

LA PACE E’ NOSTRA.
Iván Duque Márquez, leader del partito di estrema destra Centro Democratico eletto con oltre 10 milioni di voti, 54%, si è insediato al Palacio de Nariño, Bogotá, il 7 agosto 2018. Gustavo Petro di Colombia Humana ha ottenuto circa 8 milioni di voti, il 42%. Iván Duque Márquez è uomo di Álvaro Uribe Vélez, nemico numero uno della pace in Colombia, e in quasi 13 mesi di governo ha sabotato l’ Accordo di Pace del dicembre 2016 tra FARC-EP e i negoziati con l’ELN, tanto che si sta assistendo a una ripresa del conflitto armato. Importante è il recente documento/appello di Pueblos en Camino del 30 agosto scorso al quale hanno aderito moltissime organizzazioni colombiane e internazionali. Il documento è stato segnalato ad Ancora Fischia il Vento da Carla Mariani di Rete italiana di solidarietà Colombia vive! Onlus, Italia
Di fronte alla guerra, di nuovo, con fermezza: Non in nostro nome!

…e proponiamo un cammino condiviso.
In Colombia dovremmo già sapere che o costruiamo collettivamente la pace, o ci faranno sprofondare in una spirale di distruzione, dolore e morte.
Loro proseguono, perché hanno bisogno di questa guerra senza fine: ne hanno bisogno per continuare a negarci e ad accumulare ricchezza. A partire da questa certezza, ci esponiamo in risposta alle dichiarazioni pronunciate da Iván Márquez, a nome delle FARC-EP, e alle reazioni seguite alle stesse.
Diciamo: non più guerre in nostro nome; e proponiamo, perché il solo dire non basta, non serve a nulla. Rendiamo pubblico questo comunicato con urgenza, già dalle prime adesioni, poiché crediamo che la posizione che si propone possa ispirare, e convocare apertamente, chi abbia la volontà di unirsi — con parola e azione — perché condivide e si impegna nel suo profondo ad appoggiare la resistenza, la ribellione, la lotta.
Lo spirito che la ispira è quello di una costruzione ampia e collettiva, in tutti gli ambiti possibili. In questo senso, non si tratta di raccogliere firme, ma di aspirare, contribuire a un appoggio agli sforzi intrapresi dallorganizzazione e con lazione. A partire dal discorso proposto e dallorizzonte immaginato, dovrà prendere vita una Minga di Mingas (con Minga, nelle comunità andine, si intende il lavoro collettivo che si realizza nei territori per raggiungere un obiettivo che porti benefici alla comunità), come dovere collettivo per la pace, per la ribellione, per la dignità e per la resistenza, per il superamento di un ordine ingiusto e intollerabile, che ci ispiri ad sollevarci, ad organizzarci per trasformare i nostri sforzi in realtà: un Paese di popoli senza padroni. Un Paese in pace. Finalmente, il NOSTRO PAESE.
Inviare le proprie adesioni alla seguente mail: retomarelcaminocauca@gmail.com
Sono benvenuti commenti, riflessioni, reazioni, critiche, intercambi, proposte e tutto ciò che possa servire… e che vi venga in mente.

Comprendiamo e riconosciamo come vere e valide le ragioni, i fatti e le argomentazioni che vi obbligano a pronunciarvi di fronte al mancato compimento, e al tradimento, dei contenuti dellaccordo di pace con le FARC-EP da parte del governo e dello Stato colombiano.
In conseguenza a questo è ragionevole, dalla vostra prospettiva, la scelta di difendervi attraverso la ricostituzione dellorganizzazione, della resistenza e della lotta armata. Chiunque conosca la Colombia, la sua storia, le sue élite, il suo Stato, il cosiddetto processo di pace e il post-conflitto, tutte le bugie e le manipolazioni che essi hanno implicato, capisce la razionalità della vostra posizione e le argomentazioni su cui si poggia la vostra decisione. È ragionevole, comprensibile, sì… Però è sbagliato.
Lo Stato colombiano, e questo governo in particolare, vuole la guerra, ne ha bisogno, la impone, se ne beneficia. Già dallinizio delle negoziazioni, passando per le manipolazioni del referendum di approvazione degli accordi, fino ai giorni nostri, con il governo Duque-Uribe, lo Stato ha cercato di servirsi della pace per la guerra e per il guadagno. Ed ora vuole disfarsi degli accordi per rendere la guerra più profonda, per giustificarla ed estenderla. Lo Stato colombiano, ancora una volta, e questa volta come non mai, vi ha spinto alla guerra, e sarà lunico beneficiario di questa scelta.
Lo Stato colombiano fomenta, è complice, partecipa ed è beneficiario del narcotraffico. Il narcotraffico è una strategia integrale dello Stato e di una politica transnazionale dei centri di potere del capitale, una strategia che struttura lattuale fase del capitalismo e genera dinamiche di accumulazione, guerra, privazione di territori e guerra contro il narcotraffico. Sì: il narcotraffico e la guerra contro il narcotraffico sono due facce della stessa medaglia, due lati della stessa equazione. Lobiettivo strategico dello Stato è estendere il più possibile il narcotraffico e la guerra contro di esso, per estendere di conseguenza la privazione, lespropriazione, lo sfruttamento e i guadagni. Lo Stato vuole che voi dichiariate la guerra per espandere il narcotraffico, il reclutamento di chi di esso vive, per esso uccide, con esso guadagna. Mentre alcuni fanno guerra al narcotraffico per arrivare alla guerra totale contro i popoli, altri fanno guerre con pretesti politici per dividersi i guadagni ricavati dal business. Lo sappiamo. Levidenza dei fatti lo dimostra quotidianamente. Non ce lhanno raccontato: lo sappiamo, lo stiamo vivendo. Tutto ciò va ad aumentare con la vostra dichiarazione di guerra. Lo Stato la aspetta, la vuole.
Voi sapete che, a partire dalle negoziazioni, dallaccordo e dal post-accordo, il popolo colombiano — che ha vissuto e sofferto la guerra in modo speciale — non vuole la guerra. È la guerra dello Stato, la guerra che vuole e promuove lo Stato contro i popoli, contro la Colombia. Quindi entrare in guerra significa, inevitabilmente, dichiarare guerra al popolo colombiano, di nuovo, anche se non è questa lintenzione manifestata. È un obiettivo strategico del potere ed è lunica cosa che si può ottenere. Il popolo ve lo ha detto, a voi e allo Stato. Qui, oggi, proprio perché riconosciamo la correttezza dei vostri argomenti e lerrore della vostra decisione, ripetiamo: NON VOGLIAMO LA GUERRA.
Non è un segreto per nessuno che la guerra in Colombia è stata una guerra contro i popoli. Voi lo sapete, lo avete riconosciuto, avete assunto le vostre responsabilità, avete chiesto perdono ad alcune delle vittime. Sapete che su dieci persone morte a causa della guerra, sette sono stati civili non coinvolti nel conflitto. Questa guerra contro lo Stato è una guerra contro i popoli, perché non sono i popoli che la decidono. Vi spingono a dichiararla per approfittarsi di essa. Lo stavano facendo già prima di questa decisione, che porta a un pretesto ancora più facile per procedere. Dovete riconoscere la profonda debolezza politica delle vostre posizioni e della vostra organizzazione, come lo hanno evidenziato la negoziazione e il cosiddetto post-conflitto. La principale spiegazione di questa complessa ed innegabile debolezza politica è la dinamica della guerra, che elimina i popoli per mezzo del terrore e della forza, negando il diritto di tutte e tutti di pensarsi in maniera autonoma e libera come soggetti politici propri, soggetti dei propri sogni e delle proprie vite. Il popolo è stanco del fatto che poche persone armate impongano la propria verità e il proprio cammino, eliminandoci, negandoci, ordinandoci, giudicandoci e inserendoci nel teatro della privazione, del terrore, della morte. Rispondere al terrore dello Stato con altrettanto terrore significa negare il popolo. NON IN NOSTRO NOME. Abbiamo appoggiato la fine del conflitto e gli accordi di pace FARC-Stato affinché finalmente si riconoscessero la nostra voce e i nostri diritti, non perché ci imponessero in nome della pace progetti non avallati da nessuno, tantomeno perché la continuazione e laggravamento della guerra tornassero a negarci il diritto di esistere, decidere, vivere, pensare e tracciare il nostro destino.
Di conseguenza, ribadendo il nostro riconoscimento della verità che segnalate quando mostrate levidenza di una guerra e di un terrore da parte dello Stato e del potere contro i popoli, vi riconosciamo il diritto alla ribellione, che è di tutti noi, alla legittima difesa, che è di tutti noi, e ad organizzarvi per costruire un altro Paese, senza padroni, che sia di tutte e di tutti, non solo di alcuni.
È un diritto del popolo, non di una qualche élite, potere o attore armato.
È il nostro diritto, anche il vostro. Proporre, organizzarci e costruire il cammino per la nostra liberazione e per la pace.
La mancanza di rispetto da parte dello Stato a questo nostro diritto sovrano non cambierà con la vostra risposta, che darà loro il pretesto per schiacciarci.
Lo Stato non è il popolo colombiano, né lo è chi domina e mantiene il potere.
Voi sapete che neanche voi lo siete.
Per rispetto al Paese collettivo e senza padroni, non dichiarate la guerra contro di noi in nostro nome.
Non vi abbiamo autorizzato, non la vogliamo, non la accettiamo.
Vogliamo decidere per noi stesse e noi stessi. Per una volta, ascoltate il popolo.
Dimostrate che sì, eravate sinceri nel vostro impegno per la trasformazione sociale, per la democrazia e per la libertà. Solleviamoci insieme in nome di un progetto collettivo e organizzato, senza armi, per la pace e per la trasformazione, non per il potere.
Per questo, perché respingiamo il fatto che vi abbiano traditi — e abbiano tradito noi tutte e tutti — e che pretendiate comunicare in nostro nome, vi chiediamo di rispettarci, di essere coerenti con i vostri principi rivoluzionari e di fermare la guerra, perché non la vogliamo, non vogliamo che la consegnate allo Stato perché ci sottometta.
Vi proponiamo; vi chiediamo di dichiarare immediatamente una tregua indefinita, durante la quale vi impegnate ad ascoltare la voce e le decisioni dei movimenti sociali e di tutti gli attori che vogliano organizzarsi in maniera cosciente, per decidere entro un termine definito (un anno) il cammino da intraprendere per sollevarci contro lestabilshment ed impegnarci ad un cammino consensuale per ottenere la pace in maniera autonoma e dignitosa.
La pace dei popoli senza padroni.
Affinché questa grave congiuntura, questa situazione senza uscita, ci porti finalmente a capire che o ci solleviamo uniti, come popoli con un nostro programma e la nostra forza, o affondiamo nellorrore e nella complicità. Vi convochiamo a stare con noi, senza eliminarci o dominarci in risposta allo Stato.
Non rispondere a questo clamore, a questo diritto sovrano, significherebbe sommettere i popoli alla guerra dello Stato, unaltra volta, in nome di una guerra contro lo Stato.
Ascoltate il popolo, non rispondete alla guerra con più guerra.
NON cadete nella trappola dello Stato, lottiamo uniti per una pace vera. Così, con questo gesto potrete appoggiarci e accompagnarci con lobiettivo di esigere reciprocamente, senza avanguardie o guide illuminate, il Paese di popoli senza padroni che dobbiamo ottenere. Questa è lunica unità possibile. Le altre sono fatte di ordini e minacce.
Moltissime le adesioni sia in Colombia che nel mondo. Tra le altre:
Carla Mariani per Rete italiana di solidarietà Colombia vive! Onlus, Italia Hugo Blanco Galdos, Perú
Aldo Zanchetta, Italia
Raul Zibechi, Uruguay

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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