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No al fracking

Francesco Cecchini

La Colombia è il quarto paese più disuguale al mondo, superato solo da Sudafrica, Haiti e Honduras. Secondo l’ Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) una famiglia colombiana a basso reddito impiegherebbe 11 generazioni per raggiungere il reddito medio della Colombia.  Il 10% della popolazione più ricca guadagna quattro volte quello che guadagna il 40% più povero. Il 20% del reddito totale è concentrato solo nell’1% della popolazione e la metà del reddito totale è nelle mani del 10%. esso. L’1% della popolazione più ricca, insieme ad alcune società transnazionali, possiede circa l’81% della terra in Colombia.                                                    

Fra i tanti problemi che ha la Colombia, ostacoli al processo di pace, strage di leader sociali ed ex guerriglieri, etc.,etc., vi è anche il pericolo del fracking. Il fracking è lo sfruttamento della pressione di un fluido, in genere acqua, per creare e poi propagare una frattura in uno strato roccioso nel sottosuolo. La fratturazione viene eseguita dopo una perforazione dentro una formazione di roccia contenente idrocarburi, per aumentarne la permeabilità al fine di migliorare la produzione del petrolio o del gas da argille contenuti nel giacimento e incrementarne il tasso di recupero.

I principali giacimenti di petrolio in Colombia sono ubicati nella valle del Magdalena, nel Casanare, nel Norte de Santander e a Orito, Putumayo.

Il fracking significa la morte dell’ambiente, degli ecosistemi e dell’acqua potabile. E non solo, perché sono in gioco l’indipendenza delle comunità, la loro autodeterminazione e l’opportunità di decidere il loro destino politico.

In Colombia il Consiglio di Stato ha  proibito di eseguire  il fracking, compreso i test pilota a Magdalena e Cesa.

 Un trionfo per quei movimenti che hanno combattuto coraggiosamente per evitare di contaminare il loro ambiente e le loro vite.

Il  Ministro delle Miniere, María Fernanda Suárez, continua a sostenere, però, che  la decisione del Consiglio di Stato di vietare il fracking in Colombia è caotica: la più grave Questo potrebbe essere successo al paese. Facendo allarmismo puro María Fernanda Suárez ha affermato che la decisione del Consiglio di Stato porterà alla svalutazione del peso e che in pochi anni un dollaro varrà 5000 pesos. Secondo i dati forniti da Ecopetrol, le riserve petrolifere in Colombia sono per un massimo di sette anni e dovranni essere importati circa 400.000 barili di consumo interno. Una calamità assoluta, secondo il ministro.

Sulla stessa linea sono alcuni media, espressione dell’oligarchia politico-economica, secondo i quali la sicurezza energetica nel paese è compromessa e il fracking è l’unica salvezza possibile.

Le dichiarazioni María Fernanda Suárez sono state considerate dai movimenti anti-fracking come pura demagogia e opprtunismo apocaliptico a favore delle imprese più ricche della Colombia e le imprese petrolifere per la maggior parte nordamericane che non prendono in considerazione la realtà sociale che soffre il popolo colombiano è la diseguaglianza, persone e bambini che muoiono  di  fame.

La partita del fracking potrebbe ancora aprirsi ed è’ necessario che i settori sociali e i movimenti ambientalisti non abassino la guardia.  Per i movimenti e le comunità anti-fracking la posizione del  Consiglio di Stato è una vittoria non definitiva, ma una tregua. Carlos Andrés Santiago, membro della Colombia Libre Contra el Fracking Alliance afferma che la posta in gioco è l’acqua, l’ambiente e la salute e ill  fracking è una questione che appartiene a tutti i colombiani e deve essere presa con tutta serietà prima che porti a problemi senza soluzione. Gli effetti sulla salute, la cultura, la politica e l’economia che il fracking porterebbe sono gravi: i rischi sismici, il grande spreco di acqua, e la contaminazione delle falde acquifere e di altri corpi idrici a causa delle rotture dei tubi e che hanno prodotto i fenomeni di “fiumi di fuoco”.

Tutto ciò fa che il fracking sia un’industria dannosa e pericolosa.

Colombia fratturata dal fracking

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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