Nel quartiere romano oltre 3mila persone hanno sfilato ieri dietro lo striscione «Combatti la paura, difendi il quartiere». La Pecora Elettrica, incendiata per la seconda volta alla vigilia della riapertura, non è sola

«Combatti la paura, difendi il quartiere». Dietro questo striscione hanno manifestato ieri circa 3mila persone per le strade del quartiere romano di Centocelle. Meno di 24 ore prima, nella notte tra martedì e mercoledì, un attacco incendiario aveva distrutto per la seconda volta la libreria La Pecora Elettrica. Avrebbe dovuto riaprire ieri mattina, dopo sei mesi e mezzi di lavori necessari a riparare i danni delle fiamme appiccate il 25 aprile scorso e resi possibili da una raccolta fondi solidale che aveva messo insieme 50mila euro.

Oltre al liquido infiammante, all’interno è stato lanciato anche un motorino con l’obiettivo di aumentare i danni. Un’azione ben orchestrata e molto efficace, come la prima volta, quando diversi inneschi piazzati in luoghi strategici del locale avevano moltiplicato il fuoco. I mobili, i libri e gli altri oggetti sono stati completamente distrutti. Se e quando le attività riprenderanno non è dato ancora saperlo. Sicuramente ci vorrà del tempo.

Ancora nessuna ipotesi concreta, invece, sulla matrice. «È il terzo attentato realizzato nella nostra via da aprile a oggi – dice il proprietario del locale Danilo Ruggeri – e le istituzioni si presentano solo ora». Il 10 ottobre scorso era stato incendiato il ristorante Cento55 Pinseria Romana, situato sempre in via delle Palme. Una strada che segnata da un lato da un punto di spaccio tanto esteso quanto tollerato e dall’altro dal quadrante adiacente a via Palmiro Togliatti, popolato da attività commerciali spesso opache e sospettate di legami con la malavita. Una strada in cui le uniche luci, materiali e simboliche, erano proprio la libreria e il ristorante.

Se le istituzioni sono assenti o lontane, a Centocelle è invece forte e radicato un tessuto autorganizzato di centri sociali, associazioni, comitati, collettivi e reti antifasciste. Ieri, in poche ore, hanno convocato la manifestazione che ha attraversato il “cuore” del quartiere, da piazza dei Mirti fino a piazza Teofrasto lungo via dei Castani. Dopo, la folla ha attraversato il parco alla fine di via Delpino (dove ha sede un’importante realtà autogestita e indipendente, quella del Forte Prenestino) per andare a depositare uno striscione di fronte all’edificio de La Pecora Elettrica. La strada buia si è illuminata di torce e cellulari accesi al canto di Bella ciao. “Resistenza” significa innanzitutto esprimere vicinanza, ricercare una prossimità.

«Non abito in questa zona, ma quando ho appreso la notizia ho sentito la necessità di essere presente sia a livello fisico che ideale – dice Roberto, che vive a San Giovanni e come molti altri è venuto a dare il suo contributo da un’altra zona di Roma – La Pecora Elettrica è un luogo che ha permesso a tante persone di incontrarsi e credo che in questo momento sia assolutamente necessario preservare e coltivare contesti come questo. Assistiamo a uno scollamento fra istituzioni e cittadinanza: al di là delle scelte politiche, bisogna essere capaci di offrire visioni di ampio respiro, saper cogliere i bisogni e trasformarli in azioni».

Sono numerose le realtà che si occupano a vario titolo di editoria e produzione culturale a sentirsi colpite nel complesso. «Muoversi nel campo della cultura indipendente significa innanzitutto sapersi mettere in connessione, sennò come si fa a progredire? – racconta Marta, che lavora nel settore – Non viviamo nella zona, ma sappiamo che c’è una parte di Centocelle capace di esprimersi in maniera libera, autonoma e alternativa. Ovviamente, a volte, il contesto di partenza non è facile ma dobbiamo esprimere la massima solidarietà con chi decide di intraprendere una via simile».

Al centro della mobilitazione di ieri c’è stato il tema della sicurezza. Questa volta però non è stato interpretato nella solita chiave repressiva e securitaria con cui viene agitato nei media e dalle forze politiche. Cosa rende sicura una città? Chi difende le strade dei quartieri? Il corteo ha dato una risposta inequivocabile: i corpi di chi quotidianamente ci vive.

«Non vogliamo tornare alla normalità, perché la normalità è il problema», diceva un cartello nel corteo. Una frase ripresa dall’insurrezione cilena che piomba nelle strade romane, quasi a tessere un filo rosso tra mobilitazioni lontane e diverse. Se normalità significa gentrification, controllo dello spazio urbano con la scusa della sicurezza, repressione da parte delle forze dell’ordine, riduzione del ruolo delle istituzioni a sponsor di consumo e commercio, allora questa normalità non è la soluzione ma parte del problema.

Più volte gli interventi dal camion hanno sottolineato come la città tutta si trovi ad affrontare quella che può essere definita “una doppia mafia”. Da una parte, le forze di ispirazione fascista o forse animate da un intento di “controllo territoriale”, che attaccano i luoghi di aggregazione, cultura e sentimento resistente. Dall’altra, le istituzioni (in questo caso duri gli attacchi al presidente del V Municipio  Giovanni Boccuzzi, M5S) che operano solo in termini di contrasto al “degrado” o di sostegno alla gentrificazione, proteggendo gli interessi privati e commerciali e contemporaneamente perseguitando gli spazi occupati e le esperienze autogestite. Anche così si trasforma in deserto il tessuto sociale di una città. E nel deserto le fiamme divampano più facilmente.

Il corteo di ieri ha detto che per sentirsi più sicuri non serve un maggiore controllo, altra polizia o una legalità ancora più oppressiva. Ha invece affermato che l’unica soluzione efficace può venire da una «ri-politicizzazione della vita quotidiana nell’area». Il V Municipio è ricco di realtà che nel corso degli anni hanno creato un’alternativa a quel retroterra culturale che porta acqua ai mulini della criminalità organizzata o dell’odio fascista: il già citato Forte Prenestino, il Casale Falchetti, il Casale Garibaldi, la Biblioteca abusiva metropolitana, lo stesso coordinamento Azione Antifascista Roma Est, le tante associazioni e realtà mutualistiche e solidali. Questi soggetti e gli abitanti di Centocelle si trovano ora uniti da una convinzione: la paura si combatte difendendo il quartiere. Insieme.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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