Festival del cinema indiano a Firenze

Francesco Cecchini

Bisognerebbe rendersi conto che i film americani medi sono un cattivo modello, se non altro perché descrivono un modo di vivere così totalmente in contrasto con il nostro. Inoltre l’elevata eleganza tecnica che è il segno distintivo del prodotto standard di hollywood, sarebbe impossibile da raggiungere nelle condizioni indiane esistenti. Ciò di cui il cinema indiano ha bisogno oggi non è più lucentezza, ma più immaginazione, più integrità e più intelligente apprezzamento della limitazione del mezzo.

Satyajit Ray,  Cos’è sbagliato con i Film Indiani, pubblicato nel giornale Statesman nel 1948

http://windsfromtheeast.blogspot.com/2008/12/satyajit-ray-whats-wrong-with-indian.html

Satyajit Ray

Sono trascorsi 71 anni dalle parole del grande regista Satyajit Ray e l’industria cinematografica indiana oltre ad essere da tempo riconosciuta come la più grande del mondo, produce films di qualità sia tecnica che estetica. Il cinema indiano è immenso come l’India. A Bombay c’è Bollywood, la più vasta in termini di film prodotti e di incassi. A Hyderabad c’è Tollywood, a Chennai  Kollywood. L’industria cinematografica bengalese, che ha sede nella località Tollygunge di Calcutta, è chiamata Tollywood. L’industria cinematografica kannada, con sede nel Karnataka, è  chiamata “Sandalwood” (legno di sandalo), in quanto il Karnataka è famoso per il suo legno di sandalo. L’industria cinematografica malayalam, con sede nel Kerala, è talvolta chiamata “Mollywood”. I film malayalam sono noti per la loro natura artistica.

La maggior parte sono film d’ intrattenimento, musica, canzoni e danze, ma ve ne sono alcuni  importanti per capire la storia, come Lagaan, che racconta l’ India coloniale quando degli abitanti di un villaggio sconfissero a cricket i colonialsti inglesi o l’attualità drammatica come il recente “Attacco a Mumbai – Una vera storia di coraggio”, che narra le vicende degli attentati di Mumbai del 26 novembre 2008.

In Italia River to River Florence Indian Film Festival, è l’unico e solo festival in Italia interamente dedicato al cinema indiano. River to River, dal Gange all’Arno. La missione del Festival è quella di mostrare il cinema indiano a 360 gradi, tra cui gli ultimi film,  ricordare anche maestri indiani del passato e  proporre temi speciali dell’India.

Il link con il programma dal 5 al 10 dicembre è il seguente:

http://www.rivertoriver.it/programma-2019/

Il festival avrà luogo al Cinema La Compagnia.

Selvaggia Velo è la creatrice e direttrice artistica del River to River Florence Indian Film Festival, un progetto creato a Firenze nel 2001 per promuovere il cinema indiano in Italia,ma preparato anni prima, Selvaggia Velo conosce direttamente l’India ed anche ora viaggia ogni anno per organizzare il festival . Grazie a Selvaggia River to River, una sponda ideale sulla riva tra il fiume Arno e il fiume Gange, è diventato un punto di riferimento internazionale per il cinema indiano, cultura cinematografica, e non solo, per un pubblico che continua ad aumentare.

Significativa una risposta di Selvaggia Velo sul cinema indiano in un’intervista rilasciata un anno fa alla rivista CineClandestino. Il commento è ancora valido.

 Che momento sta attraversando il cinema indiano per quanto concerne la sua diffusione oltre confine?

Selvaggia Velo: La cinematografia indiana sta facendo i conti con il fatto che i grandi Bollywood esportabili sono sempre meno per tutta una serie di motivi economici e di contenuti. Ma in generale continua ad avere difficoltà ad accedere ai grandi festival internazionali e nello specifico in competizioni ufficiali come quelle di Cannes, Berlino e Venezia, ad eccezione forse di Locarno e soprattutto Toronto dove la presenza è sicuramente più corposa. Le eccessive durate dei film, ma anche tutta una serie di elementi caratteristici gli impediscono poi di entrare in contatto con l’estero, facendo fatica soprattutto in quelle nazioni dove non sono presenti grandi comunità indiane. Ciononostante, si stanno facendo dei passi importanti per invertire la rotta, ad esempio sviluppando progetti di co-produzione come nel caso di Sir, la pellicola firmata da Rohena Gera prodotta insieme alla Francia con la quale abbiamo aperto la 18esima edizione e che uscirà nelle sale nostrane con Academy Two nella primavera del 2019. Sempre in questa edizione ci sono stati film come Mulk di Anubhav Sinha (vincitore del premio del pubblico), T for Taj Mahal di Kireet Khurana o Karwaan di Akarsh Khurana, a mio avviso molto aperti ad un pubblico non indiano. Quindi si stanno facendo dei passi in avanti sul fronte della diffusione al di fuori dei confini nazionali, con film molto più appetibili per un pubblico occidentale.

Selvaggia Velo

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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