Austriacanti Sfollati


Francesco Cecchini


Dal vocabolario Treccani: austriacante agg. e s. m. e f. [der. di austriaco]. — Durante la dominazione austriaca in Italia, cittadino di nazionalità non tedesca (soprattutto italiana) che accettava con un certo favore quella dominazione e non condivideva le aspirazioni dindipendenza comuni ai suoi connazionali.

  • SFOLLAMENTI E INTERNAMENTI
  • DONNE SFOLLATE, INTERNATE.
  • PRETI INTERNATI
  • AUSTRIACANTI FUCILATI

SFOLLAMENTI E INTERNAMENTI
Il 4 novembre scorso sono stati 101 anni dalla fine della Grande Guerra, un Grande Massacro in realtà. Durante gli anni scorsi in occasione dei vari centenari si è detto, fatto vedere, scritto molto, ma alcuni aspetti non sono ancora messi completamente a fuoco e diffusi. Uno di questi aspetti riguarda gli austricanti sfollati ed anche internati, alcuni furono anche fucilati, un capitolo nero della Grande Guerra, Grande Massacro.
A partire dal maggio, giugno del 1915 le autorità militari italiane diedero avvio nei territori ex-austriaci occupati ad ampi sfollamenti delle popolazioni e ad una severa politica di internamenti volta a garantire la sicurezza militare e ad eliminare qualsiasi ostacolo che si frapponesse alla rapida integrazione dei territori conquistati dallo stato italiano. Qualsiasi sospetto di spionaggio, di disfattismo, qualsiasi propagazione, anche solo per leggerezza, di notizie relative alle operazioni militari, qualsiasi resistenza agli ordini dellautorità venivano repressi senza misericordia: internamenti, incarcerazioni, condanne si rinnovavano di continuo. Spesso i provvedimenti venivano presi senza regolari processi, solo su indizi e denunce, né veniva dato in alcun modo agli internati di scolparsi, di difendersi.
DONNE SFOLLATE, INTERNATE.

Donne sfollate


La ragione principale dell’ internamento di donne è stata, come per gli uomini, l’ austriacantismo, particolarmente rilevante nel corso del primo anno di guerra, seguono lo spionaggio,la prostituzione clandestina e la nazionalità straniera. Vi furono molti internamenti nel 1915, una flessione nel 1916-1917 e una ripresa nel corso del 1918. Difficile fare ipotesi del perché, se non l’andamento delle misure di sorveglianza da parte delle autorità di pubblica sicurezza.
Assieme alle donne vi furono internati molti minori. Per esempio nel distretto di Cervignano bambini e ragazzi tra i 3 e i 17 anni erano l11% del totale
delle internate.
Per catalogare la tipologia degli internamenti, va presa in esame la motivazione principale, tenendo conto anche del periodo e della situazione in cui venne eseguito il provvedimento.
La genericità di alcune categorie come quella dell austriacantismo copre una vasta gamma di situazioni reali: relazioni parentali, atti ostili, propaganda antitaliana ecc., che emergono dallanalisi dei singoli fascicoli personali. Nella categoria polizia militare sono stati accorpati le motivazioni di internamento relative alle contravvenzioni di bandi militari, atti di
disfattismo, favoreggiamento della diserzione e 4 casi di sovversive anarchiche, questultime
riferite al 1917.
PRETI INTERNATI

Prete internato


Gli arresti, le detenzioni e gli internamenti di sacerdoti nei paesi occupati dalle truppe italiane ebbero inizio già lo stesso 24 maggio 1915 per proseguire nelle settimane successive. Le motivazioni erano talora assurde e cervellotiche: spie dellImpero Austroungarico, detentori di armi nascoste nelle cripte sepolcrali delle chiese e di telefoni militari nei tabernacoli, segnalatori dei movimenti dellesercito italiano con i rintocchi delle campane… oppure genericamente accusati di essere austriacanti.
Furono quasi sessanta i sacerdoti dellArcidiocesi di Gorizia arrestati dal governo italiano, strappati al luogo del loro ministero e internati in varie località della penisola subito dopo lentrata in guerra dellItalia. Terminato il conflitto, venne impedito a molti di loro di ritornare alle loro parrocchie, privandoli di ogni sostegno economico derivante
Il giornale “La Gazzetta del Popolo della Domenica” di Torino pubblicava il 15 agosto 1915 una foto scattata nei primissimi giorni dallentrata in guerra dellItalia. Raffigurava un sacerdote e un soldato di guardia con il fucile. La didascalia sottostante diceva: “Un prete sospetto di spionaggio vigilato da una sentinella italiana nellora della passeggiata”. La stessa foto venne pubblicata il 2 settembre dello stesso anno sul settimanale illustrato “Das interessante Blatt” di Vienna con una diversa didascalia: “Nel territorio da noi evacuato e dagli italiani redento, un parroco condannato a morte per i suoi sentimenti austrofili attende la fucilazione, martire della sua patria”. La foto ritraeva il parroco e decano di Visco in Arcidiocesi di Gorizia, allora Austria, don Mesrob Iustulin arrestato già allalba del 24 maggio dai soldati italiani e incarcerato a Palmanova. Don Iustulin fu uno dei quasi sessanta sacerdoti dellArcidiocesi di Gorizia arrestati dal governo italiano, strappati al luogo del loro ministero e internati in varie località italiane.
La fine della guerra non segnò la fine delle tribolazioni di questi sacerdoti e delle persecuzioni di cui furono oggetto. Ci si accanì contro di loro anche dopo la vittoria impedendo a molti, al loro ritorno, di ritornare ai luoghi di ministero da cui erano stati allontanati con la forza. I mesi di prigionia e gli anni di umiliante controllo poliziesco non furono ritenuti sufficienti ad espiare le immaginarie colpe dei preti internati. Nel marzo 1919 il Segretariato Generale per gli Affari Civili del Comando Supremo emana due circolari che contengono disposizioni gravemente lesive dei diritti dei sacerdoti ex internati. La prima dell11 marzo 1919) aveva per oggetto le “rendite e i benefìci ecclesiastici nei territori occupati”; la seconda del 12 marzo dello stesso anno riguardava la “rimozione e sostituzione di sacerdoti aventi cura danime con sede nel territorio occupato dal Regio Esercito”. In sostanza molti sacerdoti ex internati furono rimossi dal loro ufficio e privati di ogni sostegno economico derivante. Nellazione ostile contro questi preti si distinse per laccanimento il commissario civile del distretto di Monfalcone, Ales. Meno di un terzo dei sacerdoti ex internati poterono ritornare ai loro luoghi di ministero. AUSTRIACANTI FUCILATI.

Tombe dei fucilati di Villesse


La vicenda è raccontata dal libro I fucilati di Villesse” di Lucio Fabi. Villesse si trova nel Friuli orientale che era considerato molto austriacante. Il paese che dai 1.300 abitanti, con 300 arruolati e molte famiglie riparate altrove era ridotto a pochi uomini più donne, vecchi e ragazzini a custodire case e bestiame, viene occupato la sera del 27 1915 da un migliaio di fanti della Pinerolo, al comando del maggiore Domenico Cittarella, che immediatamente traduce in ostaggio il podestà Marcuzzi il parroco Plet. Alcuni spari il 28 maggio e il giorno dopo la piena del Torre, convinsero il maggiore della collaborazione tra gli abitanti di Villesse e il nemico austriaco. Fece barricare le strade e radunare tutti i maschi dai sedici in su. Chiamato il segretario comunale Giulio Portelli, dal raffronto tra i registri danagrafe e i 149 presenti, nel constatare i maschi abili tutti nellesercito austriaco, nella certezza che gli abitanti fossero tutti fieri austriacanti, dispose gli uomini a gruppi sulle barricate come scudi umani. Al culmine di un temporale, verso mezzanotte una sparatoria con cinque morti tra gli ostaggi, tra i quali Portelli, accertando poi una indagine come non vi fosse traccia del nemico e concludendo accidentale levento causa stanchezza e nervosismo dei soldati. Il giorno dopo, in una perquisizione fu trovato il figlio di Portelli, Severino di 23 anni, che sospettato di spionaggio venne fucilato davanti al cancello del cimitero. Camillo Medeot, che a fine anni Sessanta rese nota tale drammatica vicenda scomoda verità.
Lucio Fabi nel suo libro scrive :nessun procedimento penale, nessun provvedimento per quellufficiale che ordinò leccidio dei cinque civili alle barricate e del sesto davanti al cimitero. Tutto fu mantenuto sotto silenzio, rimosso e dimenticato nei discorsi ufficiali come nei libri di storia, perché ancora a guerra in corso e soprattutto nel patriottico dopoguerra doveva trionfare limmagine di un Paese vittorioso, il regno dItalia ben presto fascista e imperialista, senza macchia né peccato originale nei confronti delle popolazioni redente con le armi e la propaganda. Infatti, sulla modesta tomba nascosta dalla cappella del cimitero, la lapide di Giulio Portelli e del figlio riporta la fuorviante frase colpiti erroneamente da piombo italiano il 29 e 30 maggio 1915, mentre la lastra collocata un anno fa sulla piazza principale di Villesse, riporta la dizione più appropriata di vittime innocenti del piombo italiano.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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