Anche se i tutti lavoratori avessero lavorato gratis nel 2019, l’azienda a Taranto avrebbe perso 120 milioni di euro negli ultimi 12 mesi. E’ impossibile rendere competitiva una fabbrica viziata da gigantismo e dalla impossibilità di far pareggiare costi e ricavi in un fase di crisi del mercato4 dicembre 2019Alessandro MarescottiIl 7 agosto 2018 scrissi un’analisi dal titolo “ILVA, la Caporetto dei lavoratori”.Era una previsione. Ed era basata sui numeri. Numeri eloquenti che potete leggere qui sotto.Quella previsione si è avverata.Oggi leggiamo che ArcelorMittal richiede un taglio che nell’immediato è di 2.900 unità e in prospettiva è di 4.700.Nell’analisi che facevo il 7 agosto 2018 facevo questa previsione:“Se si portassero i lavoratori da 11.000 a 5.940 (ossia -46%) l’ILVA di Taranto andrebbe in pareggio”, scrivevo.Riporto qui sotto l’articolo per intero.I conti oggi tornano e confermano le previsioni che avevo fatto nell’agosto del 2018.Però negli ultimi mesi la situazione del mercato dell’acciaio è risultata ancora peggiore di quella dell’agosto 2018.E la cosa che dovrebbe far riflettere è che, come documenta Michelangelo Borrillo sul Corriere della Sera, negli ultimi 12 mesi le perdite di esercizio sono state di 700 milioni di euro, il che significa che anche se i tutti i lavoratori ILVA avessero lavorato gratis nel 2019, l’Ilva gestita da Mittal sarebbe comunque andata in passivo. Se infatti il costo globale del lavoro nello stabilimento è di 580 milioni di euro (dati dei Commissari di governo nella loro relazione al Parlamento a termine del loro mandato di gestione) e le perdite sono state di 700 milioni di euro negli ultimi 12 mesi, se la matematica non è un opinione dobbiamo dedurre un dato drammatico: anche se i tutti lavoratori avessero lavorato gratis, l’azienda a Taranto avrebbe perso 120 milioni di euro negli ultimi 12 mesi.Che cosa pensare allora?1) E’ impossibile rendere competitiva una fabbrica viziata da gigantismo. Il punto di pareggio costi/ricavi a Taranto è a 7 milioni di tonnellate/anno mentre nel 2018 ne ha prodotti 4,7.2) ArcelorMittal richiede una “cura da cavallo” che non risolleverà lo stabilimento ma che lo farà definitivamente stramazzare morto per terra.  E allora la domanda è: possibile che questa cosa chi governa non l’abbia capita?L’impressione è che nessuno la voglia capire per mera convenienza politica. Occorrerebbe prendere atto che l’ILVA sta affondando e che l’unico modo per salvare i lavoratori e preparare le scialuppe di salvataggio, non rimanere sulla nave che si inabisserà.Alessandro Marescotti

https://www.peacelink.it/editoriale/a/47104.html

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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