All’inizio degli anni ’90 le repubbliche baltiche avevano delle moderne industrie manifatturiere e di energia, strade di qualità e porti marittimi ben attrezzati.

Il 27 novembre è stato il 30°anniversario dell’adozione della Legge sull’Indipendenza Economica delle repubbliche di Estonia, Lettonia e Lituania. Di fatto, è stato l’inizio dell’indipendenza dei tre paesi o, piuttosto, l’inizio della fine.

Ora i paesi baltici stanno ostinatamente cercando di dimenticare la loro eredità sovietica. Ma i fatti sono fatti. Nei primi anni ’90 le repubbliche baltiche avevano industrie manifatturiere ed energetiche, una fitta rete di strade ben tenute e porti marittimi ben attrezzati. Sembrava che le cose prosperassero. Invece no.

L’allineamento con l’Europa ha trasformato dei paesi con un eccellente potenziale in sudditi mendicanti. Un’economia in rovina, protratte crisi finanziare e fughe di massa all’estero per cercare lavoro. E anche una stupida e inspiegabile ostinazione. Avete la Russia al vostro fianco! Sì, un tale partner economico è nei sogni delle superpotenze mondiali; ma perché, è meglio creare l’immagine di un nemico e vivere dei prestiti dell’Unione Europea?

Anche se lo sapete, sembra che le leggi economiche comincino a farsi sentire. E la nuova generazione di Lettoni e Lituani non studia l’inglese ma il russo. Loro hanno bisogno di sapere come sopravvivere nel nuovo ordine mondiale emergente e avere successo. Elena Norkunayte scrive a proposito di ciò che i Baltici avevano, e di cosa abbiano ottenuto.

. . .

Gli attivisti politici che protestano davanti al Saeima [Parlamento della Repubblica della Lettonia] hanno cominciato con dei regali che piacciono alle autorità. Dopo tutto, sta arrivano Natale.

Quando ha stanziato i fondi del budget annuale, il Parlamento ha cinicamente ignorato la legge già adottata sull’aumento salariale dei lavoratori del settore sanitario. Per disperazione e angoscia sono scesi in strada a Riga.

Entreremo e li tireremo fuori da lì! Dovrebbero essere messi tutti in un bus e mandati via, fuori dalla Lettonia. Sono dei traditori!”, ha detto Peters Gimans, un partecipante alle proteste.

In Lituania scioperano i contadini, che sono strangolati dalle tasse. In Estonia, tra i risultati economici c’è la più bassa pensione dell’Unione Europea. Era questo ciò che i cittadini delle tre repubbliche baltiche sognavano alla fine degli anni ’80?

Come ha affermato l’analista politico Armen Gasparyan “30 anni fa, molte persone più esperte e più adulte (nel senso politico ed economico dei termini), hanno provato a spiegarlo ai Baltici e, come risposta, gli è stato detto che è la tipica paura di Mordor, che non capiscono nulla, che ora saremo liberi, che ora ci risaneremo”.

Mano nella mano, hanno scelto la loro strada, rompendo la finestra dell’Unione Sovietica. Così la definivano i Baltici prima che loro stessi rinunciassero allo status speciale e a tutti i privilegi.

In una legge firmata 30 anni fa, l’autonomia economica delle ex repubbliche sovietiche era sancita nella Costituzione. Erano prese in considerazione le peculiarità regionali, era uno dei principi fondamentali del documento. Per esempio, le stesse autorità di Estonia, Lettonia e Lituania determinavano il livello salariale, le pensioni e i benefit. Ai Baltici era stato infatti assegnato il ruolo di locomotiva, che per prima avrebbe dovuto procedere sui nuovi binari economici. Ma usando l’esempio della Lettonia, l’economista Aleksandr Gaponenko descrive come il sogno della perestroika sia stato mandato in frantumi.

L’influenza degli Americani, che hanno finanziato questo processo di uscita, è stata molto forte. Io so proprio quanto denaro è stato dato, e a chi”, afferma l’economista.

Sono dettagli rivelatori dell’accordo, dato che Estonia, Lettonia e Lituania sono diventate colonie dell’Occidente. Come dice un diretto partecipante degli eventi, un ex impiegato del Comitato Centrale del Partito Comunista della Repubblica.
Stanno parlando di 1 miliardo di dollari che ci è stato versato dagli Americani. Bene, per esempio, i partecipanti delle famose barricate vicino al Consiglio Supremo della Repubblica della Lettonia, hanno ricevuto 100 dollari, i cento dollari di allora, per ogni giorno di permanenza”.

Alla fine degli anni ’80 i giganti industriali baltici erano al loro massimo. Per esempio, 20.000 persone lavoravano presso la VEF, un impianto di ingegneria elettrica di Riga. 13.000 posti di lavoro furono prodotti dalla sovietica “Intel”, cioè l’impianto di microelettronica “Alfa”, che occupava circa 200.000 metri quadrati.

E’ difesa. E’ spazio. Se ricordate, questo era la navicella sovietica ‘Buran’”, ricorda l’ex lavoratore di uno dei giganti industriali dei Paesi Baltici, co-presidente del partito “Unione Russa di Lettonia” (LRU), Yury Petropavlovsky.

Yury Petropavlovsky è uno di quelli per cui la VEF non è un’insegna sopra un night club di moda o “Alfa” la prima lettera dell’alfabeto greco, e soprattutto non è il nome di un centro commerciale di Riga. Come ex lavoratore della Silicon Valley sovietica, lui ragiona in maniera globale, e ha il sospetto che ci sia stata una cospirazione su larga scala nella distruzione dell’industria lettone.

Continua Yury Petropavlovsky “E’ stata una bonifica dell’intera Eurasia, l’ex business center sovietico, non lettone o baltico”.

E’ uno dei più grandi centri commerciali in Lettonia. Un ipermercato. Un buon esempio di come l’era della produzione sia stata sostituita dall’era del consumo folle. Molti palazzi del famoso stabilimento sovietico di elettronica sono stati trasformati in enormi centri commerciali, e tutta la nazione in un mercato.

Il mio oro è la mia Lettonia libera!” dice una scritta su una brillante insegna. Quindi, per fare un paragone tra i prezzi della Riga sovietica e quelli della Riga capitalista, prenderemo come riferimento il valore di un grammo d’oro (8.52 e 2.320) e calcoliamo il tasso di cambio (circa 1 a 270, cioè 1 è quello sovietico), e sono 270 rubli attuali. O circa 4 euro.

Vyacheslav Altufiev, dottore in scienze economiche e titolare di una laurea in Lettonia, conta ogni copeco o, più precisamente, ogni centesimo.

“Ecco, 60 euro di ‘obkhozyaystvovaniye’, cioè tassa sui rifiuti” dice Altufiev, mostrando la ricevuta.

E’ vedovo, vive da solo con una pensione di 380 euro. In inverno se ne spendono 260 per spese domestiche, quindi ne rimangono 120. Cioè 30 rubli sovietici.

Qui, due cartoni di latte e una lattina mezza vuota di pesce. Qui un po’ di brodo per me per la cena di stasera. Ricordo che ricevevo circa 200 rubli, l’appartamento costava 50/40, molto meno. Ora faccio razionamento. Una volta è stato detto che la politica è un’espressione concentrata dell’economia, ma in realtà ora non è questo il caso”, si lamenta Vyacheslav Altufiev.

I paesi baltici non sono diventati come la Svizzera e, in termici di sviluppo, non hanno raggiunto la Repubblica Ceca o la Polonia. Invece dell’autonomia economica, hanno ottenuto le direttive europee obbligatorie.

L’Unione Europea ha cominciato a guardare a queste repubbliche non come attori industriali, ma piuttosto come soggetti che forniscono manodopera”, ha affermato il dottore in Scienze Sociologiche ed esperto politico Dmitry Gavra.

“Tutti al mondo dipendono dagli altri. La domanda è cosa ottengono le persone comuni. Va detto che quando le grandi aziende erano in attività, alla fine la vita delle persone normali era più facile”, ha detto Miroslav Mitrofanov, deputato lettone al Parlamento Europeo (2018-2019) e co-presidente del Consiglio del partito LRU.

Quindi non meraviglia che con lo slogan “per la vita della nazione”, insegnanti, agricoltori e personale sanitario scioperino.

*****

Articolo pubblicato su Stalker Zone l’8 dicembre
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per 
Saker Italia.

[i commenti in questo formato sono del traduttore]

http://sakeritalia.it/europa/stati-baltici/i-residui-dellindipendenza-a-che-punto-sono-arrivati-gli-stati-baltici-dopo-30-anni-di-autonomia-economica/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy