Gaetano De Monte

Sulla richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dalla Procura di Catania nei confronti del senatore Matteo Salvini i distinguo dei 5S non reggono. Del sequestro dei migranti che si trovavano a bordo della nave “Gregoretti” della guardia costiera italiana sono politicamente responsabili tutti coloro che erano al governo nel luglio scorso

Sono le ore 18.30 del 25 luglio 2019. Il tenente di vascello, Carmine Berlano, comandante della nave “B. Gregoretti”, unità militare appartenente al comando generale  del corpo delle Capitanerie di Porto, riceve l’ordine di dirigersi a nord dell’isola di Lampedusa per accogliere a bordo un numero non precisato di migranti che stavano per essere soccorsi, in due distinte operazioni, da un pattugliatore della guardia di finanza  e da una motovedetta della guardia costiera.

La nave arriva sul posto alle ore 5.35 del mattino seguente e, circa due ore dopo, ha già effettuato il trasbordo delle persone soccorse, facendo salire a bordo 135 persone di varie nazionalità e ricevendo al contempo dal comando generale delle Capitanerie di Porto l’indicazione di raggiungere il porto di Catania. Dovranno passare, però, altri quattro giorni perché i migranti tocchino terra.

È il 31 luglio, infatti, quando il procuratore di Siracusa con una lettera indirizzata alla Prefettura e alla Questura della città siciliana chiede di procedere allo sbarco immediato delle persone adducendo motivazioni di tipo sanitario. Subito dopo lo sbarco dei 116 migranti rimasti è autorizzato dal Ministero dell’Interno. Le persone scendono nel porto di Catania, immediatamente, per essere poi successivamente trasferite all’interno dell’hotspot di Pozzallo.

Il ritardo nello sbarco, con pregiudizio delle persone, è imputato oggi alla volontà di Matteo Salvini «per avere, nella sua qualità di Ministro dell’Interno, abusando dei suoi poteri, privato della libertà 131 migranti di varie nazionalità a bordo dell’unità navale “B. Gregoretti” della guardia costiera italiana dalle ore 00.35 del 27 luglio sino al pomeriggio fino al successivo 31 luglio». Sono queste le parole che si leggono nella domanda di autorizzazione a procedere in giudizio nei confronti dell’attuale senatore Matteo Salvini che è stata trasmessa dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catania il 16 dicembre 2019 ed è pervenuta alla Presidenza del Senato il giorno seguente.

RINNEGARE SE STESSI. IL CORO DEI DISTINGUO

Tuttavia, al di là delle contestazioni penalmente rilevanti mosse dai giudici siciliani a Matteo Salvini – indagato per il reato di «sequestro di persona, aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale, dall’abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché dall’aver commesso il fatto anche in danno di soggetti minori di età» – è certo che ci sono responsabilità politiche, certamente più estese, dei fatti fin qui considerati. Ma andiamo con ordine.

All’indomani della diffusione della notizia dell’apertura del procedimento nei confronti dell’ex ministro dell’Interno, lo stesso Salvini ha dichiarato alle agenzie di avere le prove: «Ci sono i fatti, le carte, le mail che dimostrano che fu una decisione collegiale. I decreti sicurezza li abbiamo approvati insieme e i no agli sbarchi anche». Il leader della Lega ha quindi chiamato in causa i suoi maggiori alleati politici del tempo, gli attuali presidente del Consiglio e degli Esteri, rispettivamente, Giuseppe Conte e Luigi Di Maio.

Quest’ultimo in particolare ha replicato seccato: «Penso che sia ben chiaro che la questione “Gregoretti” non è la questione “Diciotti”. La vicenda “Diciotti” fu una decisione di governo, quella Gregoretti fu propaganda del ministro Salvini che a un certo punto ha cominciato ad annunciare il blocco delle navi delle nostre forze militari, delle nostre forze di sicurezza. Quella non è una Ong ma una nave dei nostri corpi di sicurezza».

Palazzo Chigi, invece, aveva messo le mani avanti con i giudici già lo scorso 3 ottobre quando, attraverso una nota ufficiale del segretariato generale della Presidenza del Consiglio in risposta a una richiesta del tribunale siciliano, aveva fatto trapelare che nel periodo tra il 27 e il 31 luglio nell’unica riunione del Consiglio dei Ministri che si era tenuta il 31 luglio «la questione della nave “Gregoretti” non figura all’ordine del giorno e non è stata oggetto di trattazione nell’ambito delle questioni varie ed eventuali nel citato Consiglio dei Ministri né in altri successivi».

LE VICENDE “DICIOTTI” E “GREGORETTI” SONO IDENTICHE SIA GIURIDICAMENTE CHE POLITICAMENTE

Eppure, c’è un dettaglio contenuto nelle carte della Procura di Catania che smentisce la versione politica dei fatti riferita in particolare da Luigi Di Maio. I giudici scrivono che i fatti  richiamati ricordano l’imputazione per cui lo stesso ex ministro dell’Interno aveva subito qualche mese fa un’archiviazione (in seguito al fatto che la giunta per le immunità del Senato, lo stesso organo che dovrà decidere in prima battuta per il caso “Gregoretti” entro il prossimo 20 gennaio ne aveva respinto l’autorizzazione a procedere).

Quella volta la Giunta presieduta dal senatore Maurizio Gasparri, con sedici voti contrari e sei a favore, negò la richiesta dei giudici di  Catania di poter processare il ministro dell’Interno Matteo Salvini «per avere, nella sua qualità di ministro dell’Interno, abusando dei suoi poteri, privato della libertà personale 177 migranti di varie nazionalità giunti al porto di Catania a bordo dell’unità navale di soccorso “U. Diciotti” della guardia costiera italiana alle ore 23.49 del 20 agosto 2018».

Oggi, invece, lo stesso tribunale di Catania, sezione reati ministeriali, con le stesse identiche motivazioni, vuole processare l’ex ministro Matteo Salvini perché avrebbe violato gli accordi internazionali relativi al soccorso in mare, non consentendo allo stesso dipartimento del ministero degli Affari civili e immigrazione, articolazione di quello dell’Interno, di rispondere tempestivamente alla richiesta di Pos (Place of safety) presentata formalmente dal coordinamento delle capitanerie Imrcc (Italian Maritime Rescue Coordinator Center).

Ed è perlomeno curioso constatare che le violazioni di legge mosse dai giudici a Matteo Salvini, insieme alle responsabilità politiche dei fatti contestati che invece riguardano tutti coloro che erano al governo nella scorsa estate, si nutrono in entrambe le vicende, “Diciotti” e “Gregoretti”, dello stesso linguaggio, da complici. Altro che distinguo.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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