Manifestazione a Panama il 9 gennaio 1962


Francesco Cecchini


“… E se qualche potenza Vuole umiliarti E se molti cannoni Ti obligherebbero Non ci sarebbe nessun panamense Ad ammainarti scendere Perché senza mani prima rimarrebbe! ” Alla bandiera di Demetrio Korsi
Pochi giorni fa gli Stati Uniti di Donald Trump hanno assassinato il generale iraniano Qassem Soleimani ed altri. Non è la prima volta che gli Stati Uniti assassinano.
Ogni 9 gennaio a Panama si commemora l’assassinio 22 giovani “martiri” panamensi, avvenuto nel 1964 da parte delle truppe americane dislocate nel Canale. Secondo gli Accordi di Chiari-Kennedy del 1962, dovevano esporsi negli edifici civili, comprese le scuole e quelli amministrati dal governo degli Stati Uniti, le bandiere di Panama assieme a quelle degli USA.
La zona del canale aveva una superficie di 1.432 chilometri quadrati, che si estendeva per 8,1 chilometri su ciascun lato della riva del canale di Panama. Vi erano 14 basi militari statunitensi. Era uno stato in un altro stato, un paese in un altro paese. Gli studenti americani, rendendosi conto che la bandiera panamense sventolava vicino a quella del loro paese, decisero di abbassarla e romperla, perché consideravano quel pezzo di terra come loro. A tutto ciò vi fu una reazione degli studenti panamensi che per protestare tentarono di penetrare nella zona controllata dagli USA, al grido: “Una sola bandiera, un solo territorio”. La polizia militare americana sparò. Il primo a cadere per un colpo al torace fu Ascanio Arosemena di 17 anni. I panamensi assassinati furono 22 con un centinaio Da quel giorno sono trascorsi 58 anni. Oggi Panama è libera, non esiste più una zona controllata dagli Stati Uniti. Il 31 dicembre 1999 fu ammainata la bandiera USA e l’ultimo soldato “gringo” se ne andò da Panama.

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Monumento ai martiri del 9 gennaio 1964.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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