di Robert Fisk

“In tempo di guerra”, disse notoriamente Churchill a Stalin, “la verità è così preziosa che andrebbe sempre difesa da una guardia del corpo di menzogne”. Lo disse il 30 novembre 1943 – per caso il suo sessantanovesimo compleanno – in un tentativo di sottolineare al leader sovietico l’importanza del raggiro nella pianificazione del D-Day. In effetti gli alleati raggirarono i tedeschi, i cui comandanti della Wehrmacht pensavano che gli sbarchi avrebbero avuto luogo nella Francia settentrionale anziché sulle spiagge della Normandia.

Ma il significato di verità e bugie – persino della stessa espressione “tempo di guerra” – è così cambiato di senso e utilità nella recente storia del Medio Oriente che è quasi impossibile applicare oggi la citazione di Churchill. Dopo che il suo missile antiaereo ha distrutto questo mese il volo 752 delle Linee Aeree Ucraine, la menzogna iniziale dell’Iran – che la sua perdita era stata dovuta a problemi al motore – è stata formulata non per “assistere” la verità, bensì per proteggere il regime iraniano dall’essere incolpato nel caso il suo popolo scoprisse la verità.

Cosa che, ovviamente, ha fatto presto.

C’è stato un tempo in cui ce la si poteva cavare con questo genere di gigantesca frottola. In un’era pretecnologica quasi ogni catastrofe poteva essere dissimulata – parliamo ancora di un disastro “avvolto nel mistero” – ma le telecamere dei cellulari, i sistemi di tracciamento dei missili, i radar a lunga portata e i satelliti rivelano rapidamente una menzogna. La perdita del volo MH370 delle Linee Aeree Malesi quasi sei anni fa è la sola eccezione cui riesco a pensare.

Vero, Mubarak in effetti circondò con i carri armati nel 2011 la direzione della televisione del Cairo in un tentativo antidiluviano di fermare una rivoluzione  alimentata da messaggi sui cellulari. Ma le Guardie della Rivoluzione dell’Iran e l’esercito iraniano sono così esperte dei computer che difficilmente avrebbero potuto fraintendere ciò che avevano fatto al velivolo ucraino. L’idea, tuttora propagandata dal regime, che siano stato problemi di “comunicazioni” (per più di tre giorni, per l’amor di Dio!) è assurda.

Ciò che è realmente successo, sospetto, è che sia il presidente Hassan Rouhani sia l’ayatollah Ali Khamenei abbiano entrambi saputo nel giro di un’ora quello che era successo, ma siano rimasti così sconvolti  che una nazione che nel suo stesso nome reca il titolo di “islamica” e le cui presunte riverite, anche se corrotte, Guardie della Rivoluzione che erano state propagandate come timorose di Dio e senza macchia [avessero fatto questo] che semplicemente non abbiano saputo come reagire. Avevano di fronte la Verità. Così hanno raccontato una bugia. In tal modo l’immagine stessa di una teologia senza macchia che doveva sostenere l’immagine dell’Iran è stata frantumata dall’errore… e poi dalla disonestà.

Nessuna meraviglia che gli iraniani siano nuovamente scesi in piazza.

L’Iran ha commesso un errore, ma sommare a un errore tragico una sfacciata – e poi ammessa – falsità è stato prossimo al Peccato Originale. Il popolo non è prossimo a rovesciare il regime, come suggeriscono gli accoliti di Trump e i soliti “esperti” statunitensi. Ma l’Iran è stato cambiato per sempre.

I suoi leader religiosi non possono più reclamare l’infallibilità papale. Se possono mentire sull’uccisione di innocente su un aereo di linea ucraino – per la maggior parte iraniani – allora certamente la loro giurisprudenza potrebbe ugualmente dimostrarsi fallace. Quelli che pretendono obbedienza dai loro leali seguaci non possono aspettarsi che il loro pubblico accetti i loro futuri pronunciamenti – su Trump o su Dio – con la stessa sacra fede. Per parecchio tempo le Guardie della Rivoluzione che sin qui si presentavano come potenziali martiri per l’Islam saranno noti come Quelli che Hanno Lanciato il Missile.

Ora, ricordiamo che noi in occidente siamo cresciuti così abituati alla disonestà – e a essere colti sul fatto – che a malapena battiamo ciglio alla parola “bugia”. Permettetemi una domanda schietta: eccettuate le mosche attorno a Trump, c’è qualcuno che crede davvero alle informazioni dello “spionaggio” riguardo ai piani di Qassem Soleimani di attaccare o far saltare in aria quattro (o cinque, o sei, o quante si vuole) ambasciate statunitensi?

Forse è vero. Forse no. Ma considerate le risposte approssimative del segretario USA alla difesa Mark Esper e compagni, azzarderei la scommessa che questa roba sia una storiella di Trump, un misto di Hollywood, opacità e tweet di prima mattina. A chi importa se sia vero o no? Soleimani era un cattivo. Alzi la mano chi in occidente è rimasto realmente turbato dal fatto che sia stato assassinato (almeno usiamo questo verbo una volta oggi)?  Persino Boris Johnson ha detto che non piangerà la morte di Soleimani, anche se nessuno in realtà glielo aveva chiesto. Direbbe lo stesso – e probabilmente dirà lo stesso – se gli Stati Uniti o Israele assassinassero il leader del libanese Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah.

Il problema è che siamo cresciuti così abituati alle falsità – sulla Brexit, sul Medio Oriente, fate voi – che difficilmente ci interessa più.

Se possiamo entrare in guerra per le armi di distruzione di massa, con preavvisi di 45 minuti, promesse di democrazia per l’Iraq e mezzo milione di morti, o un milione, o un quarto di milione – vedete come possiamo giocare con le anime dei morti in questa parte del mondo? – allora non difendiamo la verità con una guardia del corpo di menzogne: cerchiamo una verità semplice che ci protegga dalle bugie. Il mondo non è un posto migliore senza Qassem Soleimani? Non è migliore senza Saddam?

Ma questo funziona solo fino a un certo punto. Qualcuno crede veramente che il minestrone di Boris Johnson riguardo a un “nuovo” accordo con l’Iran sul nucleare sia più che un contentino per Trump? C’era un accordo e – in teoria, come gli iraniani continuano a ricordarci – c’è ancora un accordo. E gli iraniani sono pronti a tornarci. O, come dobbiamo ricordare oggi, così dicono.

E chiaramente gli statunitensi soffriranno nei giorni e settimane e mesi a venire. Quelle basi nel deserto iracheno appaiono sempre meno le “foglie di ninfea” che Donald Trump le aveva definite, e sempre più potenziali trappole mortali.

La cosa bizzarra è che quando gli statunitensi hanno affermato in origine che gli iraniani erano dietro gli attacchi guerriglieri contro le loro truppe d’occupazione dopo l’invasione del 2003, gli iracheni sapevano che non era vero. L’Iraq era inondato di armi e di esperti molto competenti di esse – tutti a quel punto disponibili dal vecchio e abbandonato esercito di Saddam – e non avevano bisogno di Soleimani e compagni che insegnassero loro ciò che già sapevano.

Nessuno dovrebbe dubitare dell’incoraggiamento di Soleimani, ma suggerire che egli effettivamente abbia gestito la resistenza – un altro dei motivi avanzati per assassinarlo – era ridicolo. L’ironia è che quando gli USA affermavano che gli iraniani erano dietro gli attacchi ai loro soldati in Iraq, probabilmente non lo erano. E oggi che gli statunitensi hanno ucciso il comandante delle Guardie della Rivoluzione Quds, gli iraniani sono effettivamente dietro gli attacchi alle basi statunitensi. L’hanno persino affermato: una verità notevole, pronunciata persino mentre mentivano riguardo alla loro distruzione dell’aereo di linea ucraino.

Si può capire perché Trump trovi tutto questo disorientante. Poiché sinora gli statunitensi hanno avuto il monopolio dell’inganno. Si guardi semplicemente ai piani per quella che gli arabi chiamano tuttora “Palestina” – l’”accordo del secolo”, come a noi giornalisti piace chiamarlo – che in effetti distrugge ogni possibilità di dare ai palestinesi uno stato-nazione loro proprio. E’ l’antitesi dell’accordo di Oslo, sempre supponendo che Oslo fosse realmente inteso a dare ai palestinesi un paese loro, tanto per cominciare. Le politiche di Trump, se possono essere chiamate tali, condurranno inevitabilmente all’occupazione israeliana permanente della West Bank e all’esproprio dei palestinesi.

Si suppone che voi crediate – e si suppone che gli arabi credano, persino gli stessi palestinesi – che l’ulteriore colonizzazione della West Bank, per non citare l’esistenza della nuova ambasciata statunitense a Gerusalemme, sia intesa a portare pace nella regione. Semplicemente dibattendo questo scenario assurdo noi contribuiamo a propagare una bugia.

Stranamente, in un mondo nel quale l’assassinio di un comandante militare non è considerato un atto di guerra, stiamo cominciando ad accettare queste bugie. Sono diventate normali, persino accettabili in una certa specie di routine. L’occidente, ovviamente, spera che il bugiardo in capo se ne andrà l’anno prossimo. Ma non ne sarei troppo sicuro. E che dire dell’altra nazione che si riempie gli occhi di bugie? Sto parlando dello stato che mai, mai ha inviato le sue forze speciali in Ucraina e non mai avuto parte – nemmeno nel modo più remoto – nell’abbattimento di un altro aereo di linea, il volto MH17 delle Linee Aeree Malesi.

Su questo sfondo gli iraniani potrebbero apparire immacolati. Dopo tutto il sacro regime alla fine ha in effetti confessato. Ma prima di farlo ha scoperto il Peccato Originale. Un’esperienza notevole.

da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/iran-has-been-changed-forever-by-admitting-its-great-mistake/

OriginaleThe Independent

Traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2020 ZNET Italy

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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