Mentre il risultato finale del conflitto tra Stati Uniti e Iran non è ancora chiaro, i media [in inglese] e i gruppi di esperti [in inglese] statunitensi stanno già affermando che il presidente russo Putin è il vincitore. Le ostilità USA-Iran hanno minato la fiducia e la reputazione di Washington nella regione, consentendo all’influenza russa in Medio Oriente di rafforzarsi come forza di pace e di stabilità. Sebbene non sia chiaro in che modo Mosca possa beneficiare dall’intensificarsi delle ostilità tra Washington e Teheran, i media statunitensi sono convinti che qualsiasi risultato sarà coerente con i piani del Cremlino di aumentare la sua influenza politica nella regione e creare una frattura tra Washington e i suoi alleati.

Questa spiegazione semplicistica non tiene conto del fatto che Mosca ha una chiara politica estera per raggiungere i propri obiettivi geopolitici in Medio Oriente, mentre Washington dipende principalmente dalle proprie contraddizioni interne e da eventi di politica interna che guidano la propria politica estera. Ci si interroga se l’assassinio del generale iraniano Soleimani, ordinato da Trump, sia stato ordinato per dimostrare il suo potere e la sua determinazione nel proteggere gli interessi nazionali degli Stati Uniti di fronte alle critiche interne, per servire gli interessi evangelici cristiani per conto di Israele, o se sia parte di una chiara politica che gli Stati Uniti hanno per il Medio Oriente.

I democratici stanno cercando di mostrare al pubblico che tutto ciò che fa Trump sta contribuendo più agli interessi russi piuttosto che a quelli americani. Sembra che il Partito Democratico continuerà con la stessa retorica per cercare di vincere le elezioni di quest’anno.

Mosca intrattiene buone relazioni con tutti i paesi della regione mediorientale e non esiste un paese con cui la Russia abbia rapporti apertamente ostili. Mosca bilancia con successo le sue relazioni tra Arabia Saudita, Iran, Siria e Israele, mentre gli Stati Uniti tentano di dividere la regione in colonie in competizione fra loro, senza alcun interesse a disinnescare le tensioni, suggerendo che, anche se Washington ha una politica mediorientale chiaramente definita, si basa su divisione e distruzione piuttosto che su una politica di equilibrio e pace.

A seguito dell’assassinio del generale Soleimani, sono stati fatti appelli per il ritiro delle truppe statunitensi dall’Iraq sotto la pressione delle autorità locali. Senza truppe in Iraq, gli americani non sono in grado di mantenere le loro posizioni in Siria, il che aumenta lo spazio di manovra della Russia, rafforza le sue posizioni, la sua influenza, e le apre lo spazio per riempire il vuoto politico. Gli Stati Uniti si sono invischiati in così tanti paesi del Medio Oriente che ora stanno lottando per far fronte al ritiro. Washington ha già cercato di ritirare le sue truppe dall’Iraq durante l’amministrazione Obama.

Ma una cosa è ritirarsi militarmente di propria volontà e in base alla propria decisione di farlo, un’altra è ritirarsi perché ti viene detto di farlo. Anche se gli Stati Uniti criticano l’influenza iraniana in tutta la regione, e sostengono che la Repubblica Islamica stia agendo in modo aggressivo, l’amministrazione Trump non si è nemmeno nascosta dal fatto che è una forza di occupazione, rifiutando categoricamente di ritirarsi dall’Iraq, nonostante gli sia stato detto dal Parlamento di quel paese.

Tuttavia, le affermazioni più ridicole sono state fatte dopo l’assassinio di Soleimani, con Bloomberg che ha persino sostenuto che Putin avrebbe bisogno di un “Piano B”, perché la morte del generale iraniano avrebbe sconvolto i piani russi per la Siria, l’Iran e la Turchia. Questo scenario implicava che le azioni aggressive di Trump avrebbero suscitato una risposta ancora più aggressiva da parte iraniana, portando alla fine ad un’escalation del conflitto in cui Teheran mancava di adeguate capacità di difesa. Questo implica che l’Iran perderà lo status di potenza regionale, e la Russia non avrà altra scelta che tradire la Siria. Questa opzione è rapidamente scomparsa dallo spazio mediatico, in quanto la realtà ha completamente negato questa possibilità.

Per quanto riguarda la vittoria di Putin, molti citano il fatto che molti leader europei si stiano rivolgendo sempre più alla Russia come partner affidabile di fronte all’imprevedibilità di Trump. È giusto dire che la strategia statunitense in Medio Oriente è un mistero anche per gli alleati statunitensi. Con Washington che è stata implacabile nel tentativo di mantenere l’ordine mondiale unipolare, ma ha costretto gli europei a cooperare con una Russia affidabile.

Non è la prima volta che Washington crea problemi ai suoi alleati, citando l’esempio dell’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003, quando Germania e Francia, insieme alla Russia, avevano protestato contro il presidente americano George Bush e le sue azioni. Mentre l’Iraq è stato un esempio di tipica aggressione, gli americani non hanno perso alleati per questo, né la NATO si è disintegrata. Tuttavia, la politica interna è sempre stata un punto focale per i presidenti statunitensi, ovviamente, che a loro volta possono influenzare le decisioni di politica estera per uso politico interno. Nel caso dell’uccisione di un generale iraniano e nella propaganda secondo cui la Russia è il vincitore del conflitto tra Stati Uniti e Iran, non è successo nulla di nuovo.

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Articolo di Paul Antonopulos pubblicato su Global Research il 13 gennaio 2020
Traduzione in italiano di Diego per SakerItalia

[le note in questo formato sono del traduttore]

http://sakeritalia.it/medio-oriente/i-media-statunitensi-dicono-che-la-russia-e-il-vero-vincitore-delle-ostilita-contro-liran/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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