Questa storia comincia a Padova, alla fine del Cinquecento. Caterina è la figlia maggiore del mercante Battista Minola. È bella ed è ricca: una donna da sposare. Peccato che Caterina non voglia proprio farlo. La ragazza pensa che per realizzare se stessa, per essere davvero una donna libera, non debba sposarsi, perché questo istituto mortifica le donne, le costringe a essere sottomesse, impone loro di tacere. Che scandalo, il povero Battista è così furioso per questa decisione di Caterina da impedire anche alla sorella più piccola, Bianca, di sposarsi. Finché la maggiore non vorrà mettere giudizio e non accetterà di avere un marito, anche la minore rimarrà zitella. Pensate che paese strano era l’Italia del Rinascimento: maschilista, retrogrado, conservatore. Quanto è cambiato da allora.
Comunque sia i pretendenti di Bianca decidono che la questione debba essere risolta. Uno di loro conosce un gentiluomo di Verona che ha bisogno di una moglie dalla ricca dote e che sembra ci sappia fare con le donne: Petruccio potrebbe essere la soluzione dei loro problemi. Ed effettivamente è così: dopo parecchie schermaglie, Petruccio e Caterina si sposano.
Chissà come è andato quel matrimonio: neppure Shakespeare ce lo racconta e noi possiamo solo immaginare che devono essere state piuttosto turbolente le serate in casa di Petruccio, perché Caterina, per come la conosciamo, non è proprio disposta a fare la mogliettina sottomessa, l’angelo del focolare.

Facciamo un salto in avanti: fino a New York negli anni Quaranta del secolo scorso. Bella e Samuel Spewack sono una coppia di giornalisti e scrittori piuttosto noti nell’ambiente. Sono nati entrambi nel 1899, lei in Bulgaria e lui in Ucraina, si sono conosciuti agli inizi degli anni Venti nella redazione del giornale socialista The New York call. Per quattro anni sono stati i corrispondenti a Mosca, nei gloriosi anni della Nep. Tornati in America cominciano a lavorare come autori di commedie e di sceneggiature.
Il loro matrimonio è piuttosto burrascoso e quando il produttore Arnold Saint-Subber decide di allestire un musical che abbia come soggetto La bisbetica domata, si rivolge proprio a Bella. Lei chiama Cole Porter per le canzoni, ma il libretto non funziona. Bella deve coinvolgere Samuel e a questo punto non ci sono più problemi: gli Spewack mettono nero su bianco le loro litigate e Porter scrive le canzoni. Insieme realizzeranno Kiss me, Kate, uno dei più grandi successi di Broadway. Millesettantesette repliche a New York e oltre quattrocento a seguire nel West End a Londra. Nel 1949 Kiss me, Kate raccoglie i premi più importanti: il Tony per il miglior musical, quello per il miglior produttore a Saint-Subber, quello per le musiche a Porter e quello per il libretto agli Spewack, che, nonostante tutto, continueranno a litigare.

Siamo a Roma, nel 1967: Franco Zeffirelli propone a Dino De Laurentiis una versione cinematografica della commedia di Shakespeare La bisbetica domata, con la coppia più famosa del cinema italiano, Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Hanno già girato insieme due grandi successi come Ieri, oggi e domani e Matrimonio all’italiana, diretti entrambi da Vittorio De Sica. Non sono una coppia nella vita, ma certo la Loren sarebbe stata perfetta come Caterina: peccato non averli visti insieme anche in questo film. Sophia e Marcello si ritroveranno insieme dieci anni dopo, per quello che è uno dei loro film migliori come coppia, Una giornata particolare di Ettore Scola.
Verificata l’impossibilità di avere loro due, gli unici che possono garantire un simile successo sono Elizabeth Taylor e Richard Burton, i protagonisti di Cleopatra e della storia d’amore più glamour e burrascosa degli anni Sessanta. Nel 1967 i film che negli ultimi anni hanno girato insieme hanno guadagnato da soli ben duecento milioni di dollari. Quando decidono di prendersi tre mesi di pausa, Hollywood trema: quasi la metà degli incassi cinematografici statunitensi dipende da loro. Per poter interpretare La bisbetica domata le due star decidono di partecipare loro stessi alla produzione: investono un milione di dollari a testa, tenendo una percentuale degli incassi. Un’ottima operazione: solo negli Stati Uniti quel film incassa otto milioni di dollari.

A questo punto facciamo un passo indietro. Nel 1929 esce nella sale il film La bisbetica domata interpretato da Mary Pickford e Douglas Fairbanks, l’unico film che la coppia più popolare – e potente – del cinema degli anni eroici ha girato insieme durante la loro lunga carriera e l’altrettanto lungo matrimonio. Forse anche per questo Liz e Richard vogliono assolutamente fare quel film. Il film, diretto da Sam Taylor – il regista di quasi tutte le comiche di Harold Lloyd – viene girato muto, ma poi, visto che è arrivato il sonoro e il pubblico vuole sentire la voce dei propri beniamini, vengono aggiunti i dialoghi.
Negli anni Venti Douglas è Zorro, è Robin Hood, è il ladro di Baghdad, è il cavaliere senza macchia e senza paura, è l’eroe romantico che alla fine vince sempre, è il primo divo del cinema. Mary Pickford, con i suoi boccoli biondi, è la fidanzatina d’America, l’ingenua che aspetta l’eroe che deve venire a salvarla. All’apice del successo, nel 1916, Mary Pickford – che non è esattamente l’ingenua che appare nei film – firma un contratto che le garantisce pieni poteri sulla produzione dei film in cui recita e uno stipendio di cinquecento dollari a settimana. Ma non le basta: nel 1919 lei e Douglas, insieme al regista David W. Griffith e a Charlie Chaplin, fondano la United Artists, la prima compagnia cinematografica indipendente, che cura anche la distribuzione dei loro film.
Mary e Douglas non resisteranno all’introduzione del sonoro e anche La bisbetica domata non è il successo che si aspettano. Nel finale, quando Caterina fa il suo celebre monologo in cui spiega le ragioni per cui una donna deve obbedire al proprio marito, Mary Pickford si gira verso la cinepresa e, senza che Petruccio se ne accorga, guarda Bianca e le strizza l’occhio. Mary vuole essere sempre indomabile.

Torniamo a Broadway: è il 1935. Lynn Fontanne e Alfred Lunt sono Caterina e Petruccio in una fortunata edizione della commedia shakespiriana. Forse questi nomi non vi dicono molto, ma dal 1922, l’anno in cui l’inglese Lynn e lo statunitense Alfred – i cui antenati sono arrivati con il Mayflower – si sposano a New York al 1958, quando si sono ritirati, i due attori dominano la scena teatrale americana. Affrontano i grandi classici – il loro Gabbiano rimane in scena per quasi due anni – e ovviamente Shakespeare, ma soprattutto mettono a disposizione il loro nome per i nuovi commediografi che stanno scrivendo la storia del teatro americano dagli anni Trenta ai Quaranta. Prima di affrontare un classico come La bisbetica domata, danno scandalo con Design for living di
Noël Coward che il drammaturgo inglese non può rappresentare a Londra perché racconta la storia di un ménage à trois tra tre artisti, interpretati dai Lunt e dallo stesso Coward. Non stanno solo recitando, stanno raccontando anche un pezzo della loro vita.
Anche nella commedia di Shakespeare Lynn e Alfred raccontano il loro complicato rapporto: sempre insieme in un alternarsi imprevedibile di conflitto e di amore. Un giovane assistente di scena che lavora alla produzione, osservandoli da dietro le quinte, ricorda che i due “hanno litigato quasi tanto fuori dal palco quanto nella commedia”. Quel giovane assistente si ricorderà sempre di quell’esperienza e quando diventerà un produttore vorrà farne un musical: si chiama naturalmente Arnold Saint-Subber.

Il pubblico di Broadway adora Lilli Vanessi e Fred Graham, soprattutto quando recitano insieme. Le signore di New York che leggono le cronache mondane e ascoltano alla radio le rubriche delle grandi pettegole di Broadway sanno che Lilli e Fred hanno divorziato, che lei si sta per sposare con il deputato Harrison Howell e che Fred corre dietro a ogni giovane attrice che recita con lui, ma quando sono insieme sul palco pensano sempre che quei due sotto sotto siano ancora innamorati e che prima o poi torneranno insieme. Fred non avrebbe voluto avere ancora tra i piedi Lilli, ma è anche il produttore e il regista dello spettacolo, sa che lei è molto brava, perfetta per quella parte, e soprattutto sa che un nuovo musical con loro due insieme sbancherà i botteghini. E poi è basato sulla storia della bisbetica domata e il pubblico adora che Petruccio e Caterina siano una coppia anche nella vita: i Lunt hanno tenuto quella commedia più di un anno. Fred pensa che riuscirà a sopportare Lilli, solo dovrà essere un po’ più cauto nel corteggiare Lois Lane, che nel musical interpreta Bianca.
Si alza il sipario e il musical finalmente comincia: c’è Battista che, adirato per l’atteggiamento di Caterina, nega a Bianca il permesso di sposarsi, c’è Bianca con una divertente canzone per dire che non sa decidersi su chi scegliere tra i suoi tre pretendenti, c’è Petruccio che ricorda le sue conquiste in giro per l’Italia e Caterina che canta che odia gli uomini. Il pubblico applaude calorosamente dopo ogni canzone, ma a un certo punto sembra che sul palco stia succedendo qualcosa di insolito: Caterina quando colpisce Petruccio sembra veramente arrabbiata e poi guarda continuamente dietro le quinte, come se temesse qualcuno.
Cala il sipario alla fine del primo atto. Il pubblico non può sapere cosa è successo fuori scena. Lilli ha ricevuto un mazzo di fiori da parte di Fred. Quando Fred se ne accorge è troppo tardi: quei fiori non sono per lei. Lilli è già in scena e si è portata dietro il biglietto: quando finalmente lo legge capisce tutto e naturalmente va su tutte le furie, Caterina picchia Petruccio con tutta la foga di una donna gelosa, annunciando che lascerà lo spettacolo. Però quella sera è successa anche un’altra cosa: il giovane attore Bill Calhoun, che interpreta Lucentio, uno dei pretendenti di Bianca, che è anche il fidanzato di Lois, ha giocato d’azzardo e ha perso molti soldi. Per uscire dalla bisca e arrivare in teatro in tempo per lo spettacolo ha dovuto firmare una cambiale da diecimila dollari, ma lo ha fatto con il nome, ben più noto e solvibile del suo, di Fred Graham. Due gangster sono arrivati a teatro per riscuotere la cifra da Fred, che prende tempo, ma la crisi di gelosia di Lilli e la sua decisione di lasciare lo spettacolo rischia di far saltare tutto: senza Lilli Fred non avrà mai quei soldi e quindi i due gangster minacciano Lilli affinché continui.
Comunque il sipario si alza per il secondo atto. E tutto appare normale. Se non fosse che a un certo punto compaiono sul palco due personaggi che davvero nessuno cosa c’entrino con la storia. Sembrano sorpresi anche loro di essere sul palco, non sanno cosa fare, poi – è pur sempre un musical – decidono di cantare e in questo modo spiegano a Fred, che nel frattempo dietro le quinte ha cercato, senza successo, di riconquistare Lilli, che il modo più sicuro per conquistare una donna è “rispolverare Shakespeare“: nelle opere del Bardo di Stratford si trovano le parole giuste per ogni occasione. Il pubblico non sa che si tratta dei due gangster che non devono più riscuotere la cambiale perché il loro capo è morto, ma che per sfuggire all’arresto sono capitati sul palco, proprio durante lo spettacolo. The show must go on, nonostante i gangster – che comunque hanno ricevuto un fragoroso applauso per il loro numero – e nonostante Lilli abbia deciso di lasciare lo spettacolo: il matrimonio di Bianca e Lucentio – intanto anche Lois e Bill si non riappacificati – si celebrerà senza Caterina. Ma è un musical e un musical finisce sempre bene: Caterina torna in scena in tempo per la sua ultima canzone e Lilli torna da Fred.
Avrete capito che questa è la trama di Kiss me, Kate. Anche nel musical – con la bella canzone di Cole Porter I’m ashamed that women are so simple – Caterina dice che le donne devono accettare di stare un passo indietro rispetto ai loro mariti. Ma è difficile credere che Caterina creda davvero a quello che sta dicendo. Lo dice solo per fare contenti noi mariti. E, prima o poi anche noi dovremo capirlo.

Per interpretare Lilli Vanessi Arnold Saint-Subber sceglie un’attrice che per Broadway è quasi una debuttante. Il suo precedente spettacolo è rimasto in cartellone per soli venti giorni. Prima di Kiss me, Kate, Patricia Morison è nota soprattutto per le sue apparizioni cinematografiche. È una donna molto bella, con gli occhi azzurri e i capelli scuri, ma raramente interpreta la protagonista: Patricia è la femme fatale, l’altra donna, insomma la “cattiva”. Nel 1946 è il “nemico” con cui si deve scontrare Sherlock Holmes nel quattordicesimo film della serie in cui il celebre investigatore è interpretato da Basil Rathborne. Patricia è un’altra delle donne – insieme a Bella, a Sophia, a Elizabeth, a Mary, a Lynn – che, come Caterina, ci fa capire che le donne in realtà non sono così semplici.

Il nostro viaggio finisce a Londra nei primi anni Novanta del Cinquecento. La compagnia dei Pembroke’s Men viaggia con il proprio carrozzone per le strade dell’Inghilterra. Tra gli attori c’è anche un giovane di Stratford upon Avon, che scrive drammi e commedie. Nel loro repertorio ce n’è una, scritta da lui, che si intitola La bisbetica domata. La storia è nota, forse è meno nota – perché in genere non viene rappresentata – l’introduzione. Cristopher Sly è un vagabondo, spesso ubriaco, a cui un signore e i suoi servi decidono di fare uno scherzo: quando si sveglia gli viene fatto credere di essere un ricco lord, che è stato addormentato per anni. Nel frattempo arriva una compagnia di attori girovaghi che mettono in scena una commedia, Sly e il paggio Bartolomeo si siedono e decidono di vederla: il titolo della commedia è naturalmente La bisbetica domata. È teatro nel teatro. Shakespeare – che in quella commedia probabilmente interpreta Petruccio, ma poteva essere anche Caterina, visto che a quei tempi recitavano solo gli uomini – sembra mettere le mani avanti: non credete a tutto quello che raccontano questi che scrivono commedie. Parla anche per esperienza: quando scrive La bisbetica domata William è sposato da quasi dieci anni. E Anne Hathaway è della “razza” di Caterina. E delle altre.

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Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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