La notte di Biden

E’ una stagione di fenomeni naturali estremi negli USA. Accanto al devastante tornado che ha colpito Nashville, il cuore musicale degli States, causando almeno 25 morti, si segnala il tornado politico abbattutosi sul Super Tuesday. Il tornado Joe Biden. L’ex vicepresidente di Obama, in piena rimonta, si è aggiudicato la maggior parte dei 15 Stati (o 14 più un territorio, per maggior precisione), che hanno votato per le primarie repubblicane martedì 3 marzo.

Joe Biden si rallegra del successo con i suoi sostenitori, Foto: CNN/Reuters

La situazione

Cominciamo dagli sconfitti, per praticità. Il tonfo che fa più rumore è quello di Mike Bloomberg. L’ex sindaco di New York, il supermiliardario che ha speso una fortuna per promuovere la propria campagna nel mese di febbraio, snobbando le primarie anticipate di Iowa, New Hampshire, Nevada e South Carolina, è riuscito ad imporsi soltanto nelle Samoa Americane. Un territorio appartenente agli Stati Uniti che però non è costituito formalmente come Stato. Si tratta di un’isola stupenda, nell’Oceano Pacifico, geograficamente samoana ma politicamente americana. E’ un territorio piuttosto circoscritto, dunque assegna un numero davvero esiguo di delegati. In tutte le altre circoscrizioni, Bloomberg è stato severamente bocciato, contendendosi il terzo posto con l’altra delusa, Elizabeth Warren.

La senatrice del Massachusetts, la cui campagna era già al capolinea, non si è imposta nemmeno nel suo Stato, ove è finita terza. Il segnale mandato dagli elettori durante il super martedì è parso chiaro, i progressisti le preferiscono Sanders, i democratici più conservatori (si perdoni l’ossimoro, è per facilità di comprensione) sono tutti schierati con Biden. Si fa fatica a descrivere quale platea elettorale possa avere, di qui in avanti, Elizabeth Warren. Un prosieguo della sua campagna avrebbe il solo scopo di complicare la gara a Sanders, continuando a frastagliare un fronte progressista che si è indebolito prima del Super Tuesday, per i motivi che vedremo tra qualche riga.

Gli sfidanti democratici prima del Super Tuesday. Nell’elaborazione manca Tulsi Gabbard ma l’hawaiana non è in grado di raggiungere la nomination, Foto: The Wrap

A Tulsi Gabbard dedichiamo spazio più per onor di cronaca che per necessità di comparazione. La rappresentante delle Hawaii non ha possibilità di ottenere la nomination e ha superato l’1% delle preferenze soltanto in Oklahoma e Colorado, martedì scorso. Oramai non viene neppure più invitata ai dibattiti e svolge un ruolo che è più da opinionista che da candidata vera e propria. Quando verranno assegnati gli ultimi delegati del super martedì potrebbe riuscire a guadagnarsene qualcuno, ma li potremo contare sulle dita delle mani, tanto risibile sarà il loro numero.

Il deluso principale della tornata del super martedì è, naturalmente, Bernie Sanders. Joe Biden lo ha sconfitto in maniera inaspettata, vincendo in Stati che non si era neanche sognato di visitare, per scelta tattica e limiti di tempo. Sanders invece aveva pianificato accuratamente il super martedì, trascurando il South Carolina, ove si è votato sabato e consegnandolo di fatto a Biden, molto più forte di lui in quello Stato. Sanders si è portato a casa il suo Vermont, dove ha dominato accaparrandosi oltre il 50% delle preferenze; il Colorado (36,1%); lo Utah (34,6%) e lo Stato più ambito, la Califonia, dove con il 63% delle sezioni scrutinate è a oltre il 32%, dunque proiettato vincitore. Ad eccezione del Vermont, dove lo spoglio si è già chiuso nel momento in cui scrivo, negli altri distretti si stanno ancora portando avanti le operazioni di scrutinio (ricordiamo l’annosa questione del voto anticipato: lo spoglio di quelle schede, giunte in sedi diverse dai seggi aperti, parte al termine di quello dei votanti di martedì e, dunque, richiede più tempo) per tal motivo, le percentuali definitive potrebbero variare di qualche punto. Non sono attesi però scossoni che alterino l’identità dei vincitori.

E’ possibile che Sanders resti il frontrunner, il candidato con il maggior numero di delegati, quando lo spoglio si sarà concluso; ma Biden – attualmente stimato con una settantina di delegati in più, in attesa che vengano assegnati i mancanti – ha piazzato un montante dopo l’altro e ora la posizione del senatore del Vermont appare vacillare. Bernie ha con sé giovani e latinos, però anziani e afroamericani gli preferiscono Biden. Queste due categorie votano in massa alle primarie, e lo stanno facendo per Sleepy Joe, come Donald Trump ha ribattezzato l’ex secondo di Obama. Il presidente non vede l’ora di sapere chi sarà il suo sfidante ed è pronto a lanciare una campagna elettorale che, conoscendolo, si preannuncia senza esclusione di colpi, indipendentemente dall’identità dell’avversario. Esattamente come piace agli americani.

Bernie Sanders, nonostante il rammarico di un super martedì deludente, non si da per sconfitto, Foto: National Review

Dunque ha vinto Joe Biden? Ad una prima analisi, sembrerebbe proprio di sì. In alcuni Stati, il favorito di gennaio ha strapazzato i suoi sfidanti: è il caso di Alabama (63,2% per Biden, praticamente un plebiscito dato che avevamo 5 candidati in corsa), Virginia (53,3%), North Carolina (43%), Tennessee (41,5%, operazioni chiaramente condizionate dal tornado di cui parlavamo in apertura, quello vero), Arkansas (40,5%), Oklahoma e Minnesota (38,7 e 38,6%, rispettivamente). In numerose di queste circoscrizioni il trionfo di Biden si deve anche ai ritiri, tatticamente ufficializzati proprio prima del super martedì, di Pete Buttigieg e Amy Klobuchar, due moderati che avevano fatto benino in alcune delle prime tappe di queste primarie. Entrambi hanno appoggiato l’ex vicepresidente, al quale ciò ha giovato moltissimo, soprattutto nel Minnesota, Stato di cui Klobuchar è la senatrice. Il voto centrista dunque è stato tutto intercettato da Biden, certo, c’è anche chi ha favorito Bloomberg, ma non sono stati molti; mentre quello progressista si è suddiviso tra Sanders e Warren. Per tal motivo, come accennavamo qualche paragrafo sopra, la corsa della senatrice del Massachusetts, a questo punto, non ha più ragion d’essere. L’orgoglio di Warren è, in questo momento, forse il più prezioso alleato per Joe Biden.

Amy Klobuchar, dopo il ritiro, ha dato il suo endorsement a Joe Biden, Foto: BBC

Lo stesso Massachusetts ha voltato le spalle alla sua senatrice, sostenendo Biden (33,7%) o, in misura minore, Sanders (26,6%), anche qui è stato dichiarato vincitore lo storico numero 2 di Obama. Ultima conteggiata ma non certo meno importante per Biden è la vittoria arrivata in Texas, il secondo Stato più popoloso tra quelli in gara. Il successo è stato di misura, parliamo di un 33,6% contro il 30% di Sanders in uno Stato che assegna ben 228 delegati totali, ma potrebbe diventare uno scacco fondamentale, poiché se il senatore del Vermont si fosse aggiudicato Texas e California, avrebbe avuto un numero enorme di delegati, anche vincendo soltanto un terzo delle circoscrizioni andate a Biden.

Nello schema, la situazione degli Stati del Super Tuesday e quelli in cui si è già votato, i dati non sono ancora quelli definitivi

In attesa del Maine

Nello Stato del New England lo spoglio sta andando un pò a rilento. La situazione da quelle parti è apertissima. Biden appare in vantaggio, tra il 33,9% e il 34%, ma Sanders è vicinissimo, sopra al 30%. In questi casi, la situazione viene definita too close to call, con i due sfidanti troppo vicini per proiettare un vincitore. Occorrerà dunque attendere il termine delle operazioni, per sapere chi si aggiudicherà il maggior numero dei delegati in palio a quella latitudine.

Ma quindi, chi ha vinto?

Il NY Times assegna, in questo momento, 318 delegati a Biden e 241 a Sanders, piazzando l’ex vicepresidente in testa al conteggio. Qualora Biden vincesse anche in Maine, un sorpasso nel conteggio dei delegati finali diverrebbe realtà. Joe Biden sarebbe ufficialmente il principale candidato alla nomination. L’importanza del momentum, dell’abbrivio, non va mai sottovalutata. Gli elettori sono portati a schierarsi con il candidato che appare più forte, dal momento che lo scopo finale di queste consultazioni è trovare il miglior candidato per sconfiggere Trump, non l’esponente più carismatico all’interno del partito democratico. Su Twitter si è già diffuso l’hashtag #JoeMentum, a sottolineare come il vento del consenso stia soffiando in coda a Biden.

Resta difficile, ad ogni modo, affermare se sia davvero Biden ora il più quotato avversario di Trump. Il programma di Sanders, infatti, continua ad apparire più solido e il senatore del Vermont ha più fondi da investire. A Biden, comunque, ora sarà più facile batter cassa con i suoi sostenitori o, ahinoi, con questo o quel miliardario, come troppo spesso accade negli USA. Sovente, infatti, le campagne elettorali americane sono pagate da ricchi che restano nell’ombra, limitandosi a staccare assegni ai comitati dei candidati. Naturalmente, questi sonanti dollari non vengono regalati, bensì elargiti in cambio di agevolazioni o favori quando si sarà presidente. Sanders si scaglia da sempre contro queste pratiche e si fa forza di donazioni trasparenti e pubbliche per oltre il 90 %; eppure gli elettori non gliene danno credito, a quanto pare.

Ad onor di cronaca, ricordiamo comunque che Sanders è proprietario di immobili di pregio e ha un cospicuo conto in banca.

E’ ancora troppo presto per affermare se sarà Biden o Sanders a sfidare Trump, per avere un’idea più chiara dovremo attendere che uno dei due vada in fuga. Ad oggi, Biden sembra quello con le maggiori possibilità di farlo, il controsorpasso di Sanders, però, potrebbe essere dietro il prossimo angolo. Il 10 marzo si replica in Idaho, Michigan, Missisippi, Missouri, North Dakota e Washington. Questi 6 Stati rappresenteranno un altro bell’incrocio lungo la strada delle primarie.

Appare ormai ovvio che la nomination democratica se la giocheranno Joe Biden e Bernie Sanders, Foto: CNN

Non stupiamoci se a quell’appuntamento arriveranno da sfidanti i soli Biden e Sanders. Nessuno degli altri candidati sembra poterne rallentare la corsa.

Di Mattia Mezzetti

Mattia Mezzetti. Nato nel 1991 a Fano, scrive per capire e far capire cosa avviene nel mondo. Crede che l’attualità vada letta con un punto di vista oggettivo, estraneo alle logiche partitiche o di categoria che stanno avvelenando la società di oggi. Convinto che l’unica informazione valida sia un’informazione libera, ha aperto un blog per diffonderla chiamato semplicemente Il Blog: http://ilblogmm.blogspot.it.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy